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"EMANCIPAZIONE = ESTINZIONE


Fritz Scholder: The Blind Medicine Man, 1997.

Joseph Smith e i primi mormoni avevano fatto del loro meglio per uccidere tutti gli indiani che avevano trovato sul loro cammino attraverso il paese, ma alla fine non erano riusciti a completare l’opera. Arthur V. Watkins decise di usare il proprio potere di senatore per portare a termine ciò che aveva iniziato il profeta. Non doveva nemmeno sporcarsi le mani di sangue.

Joseph Smith (Sharon, Vermont, 23 dicembre 1805 � Carthage, Illinois, 27 giugno 1844), nella sua breve vita (trentanove anni) fu il fondatore del Mormonismo.
Mia personale opinione: non lo avesse mai fatto.

Arthur V. Watkins, senatore dello Utah - l’unico altro personaggio veramente esistito del libro, insieme al protagonista Thomas Wazhashk, nome dietro il quale Louise Erdrich nasconde suo nonno Patrick Gourneau � progettò (1953 � 1954) un disegno di legge che in nome di una fantomatica “emancipazione� mirava a cancellare le riserve indiane espropriando i nativi dell’ultima terra che era loro rimasta, e in sostanza puntava all’estinzione dei nativi americani.
Un genocidio autorizzato, e perfino legalizzato.




Gufo delle nevi

Thomas Wazhashk prende il cognome nella lingua chippewa dall’umile e laborioso roditore detto anche topo muschiato. Il topo muschiato ha alle spalle una storia antica: dopo il diluvio dio chiese aiuto agli animali, aveva bisogno che gli recuperassero un pochino di terra con la quale ricostruire il mondo. Il topo muschiato si immerse nell’oceano e rimase sott’acqua così a lungo che lo si dette per annegato. Invece, riuscì nell’impresa. L’unico. Un essere piccolo pronto a sacrificarsi per salvare gli altri.

Proprio come Thomas, il guardiano notturno che riceve le visite di un gufo delle nevi (quello sulla copertina), ed è il presidente del Consiglio direttivo della tribù dei chippewa della Turtle Mountain che a metà degli anni Cinquanta combatté contro il disegno di legge che puntava all'estinzione delle tribù e scrisse a mano decine di meravigliose lettere durante i suoi turni di guardia.
Un uomo buono, serio, affidabile come il topo muschiato.

E se anche alcuni di loro chippewa, forse molti, forse tutti, considerano gli elettroni ionizzati dell’aurora boreale spiriti danzanti, spiriti dei morti, gioiosi, liberi, benevoli, protettori della tribù: se anche qui e là, parecchie volte si sconfina nel mondo magico - che somiglia a un’estate che sciolse ogni cosa, anche se qui siamo dalle parti di Fargo e come il cinema ci ha più volte mostrato, Fargo vuol dire neve e ancora neve � questa storia non è meno vera, e i fatti non sono meno storici.


Turtle Mountain Indian reservation in North Dakota al confine con l’Alberta canadese.

Tutto intorno, Louise Erdrich crea un mondo che rimanda a quello delle riserve che lei, nativa americana, conosce bene: e lo popola di personaggi d’inesauribile ricchezza, inventati così bene da sembrare tanto autentici e veri quanto i due personaggi storici davvero esistiti.
Scaturisce una comunità, con un alto senso della collettività, dove c’� posto per l’ubriacone e il sobrio, lo spirituale e il disincantato, il bello e il brutto, il forte e il pauroso. Indiani chippewa incrociati ai mitchif venuti dal Canada: mitchif in inglese, mètchif in francese, meticci che mischiano la lingua cree algonchina col francese come alcuni cognomi di questi personaggi facilmente indicano.
Una comunità che è il punto di forza del romanzo, e che Erdrich racconta senza retorica, con abbondante dolce e tenera ironia, di quella che fa sorridere senza bisogno di graffiare.

Alcuni momenti rimangono nella memoria: l’aquastar, la sua pietà per il tossico, i due mormoni, i fantasmi (spiriti) indiani che non si possono integrare, la studentessa inconsapevolmente autistica e lesbica�

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