Perché le matite gialle vendono di più delle altre? Perché Flaubert veste di blu Emma Bovary? Perché nei dipinti di Mondrian il verde non c'è mai? E perché invece Hitchcock lo usa in abbondanza?
Intrecciando storie su storie, e con l'aiuto di 400 illustrazioni, Falcinelli narra come si è formato lo sguardo moderno, attingendo all'intero universo delle immagini: non solo la pittura, ma anche la letteratura, il cinema, i fumetti e soprattutto gli oggetti quotidiani, che per la prima volta ci fa vedere in maniera nuova e inconsueta. Tutte le società hanno costruito sistemi simbolici in cui il colore aveva un ruolo centrale: pensiamo al nero del lutto, al rosso del comunismo o all'azzurro del manto della Madonna. Ciò che di straordinario è accaduto nel mondo moderno è che la tecnologia e il mercato hanno cambiato il modo in cui guardiamo le cose, abituandoci a nuove percezioni. Visto su uno smartphone, un affresco risulta luminoso come una foto digitale. Le tinte cariche e brillanti dello schermo sono ormai il parametro con cui valutiamo la purezza di ogni fenomeno cromatico. Chi ha conosciuto il colore della televisione, insomma, non può più vedere il mondo con gli occhi del passato. Magari non ne siamo consapevoli, ma abbiamo in mente il giallo dei Simpson anche di fronte a un quadro del Rinascimento. Cromorama ci racconta come oggi il colore sia diventato un filtro con cui pensiamo la à.
Riccardo Falcinelli è uno dei piú apprezzati visual designer sulla scena della grafica italiana, che ha contribuito a innovare progettando libri e collane per diversi editori. Insegna Psicologia della percezione presso la facoltà di Design ISIA di Roma.
La pratica del miscere utile dulci sarà pure vecchia come il cucco, ma funziona; e di solito, purché solidi nel contenuto e garbati nell’esporlo, producono miglior frutto i saggi capaci d’insegnare cose nuove con accenti lievi, privi di pedanteria e affettazione, magari anche qua e là scanzonati, ut pueris olim dant crustula blandi/ doctores, elementa velint ut discere prima; ché mica c’erano soltanto ferule e plagosi Orbilii nell’antica Roma, da cui quei crustula d’altronde, almeno come nome, sono discesi anche in diversi nostri dialetti dal settentrione al meridione d’Italia per indicare carnevalesche sfoglie di pasta fritte, delle quali una volta l’anno, come Calandrino coi maccheroni, mi piace tormene una satolla. Oggi si preferiscono le lettere dell’alfabeto in forma di pastina da brodo, quali me ne regalò gentilmente in versione “integrale/bio�, qualche tempo fa, un prezioso amico appassionato di corretta alimentazione; ma forse i bimbi preferirebbero i crustula di Orazio, soprattutto se i caratteruzzi in brodo sono affogati nella minestrina di dado: io, perlomeno, da piccolo ne detestavo l’odore, che trovo spiacevole tuttora, laddove adoro la minestra fatta col brodo vero. Riccardo Falcinelli fa come i maestri ricordati da Orazio nelle prima satira: espone risultati d’indagini nel campo neuroscientifico, di ottica, di sociologia, di storia, di arti figurative, di psicologia della percezione, ma mescendoli con disinvoltura e grazia, ed esponendoli senza vera sistematicità, eppure in modo efficace, perché, largite in brevi capitoli e con agili pennellate, le nozioni che riporta non solo s’imprimono meglio nella mente, ma passo passo si armonizzano anche in un mosaico dall’aura complessa e seducente. Siamo lontani quindi da opere classiche come quelle di Rudolf Arnheim o di Gaetano Kanisza: in effetti il saggio di Falcinelli è di tipo più divulgativo, ma nonostante ciò si mantiene costantemente su d’un livello elevato, perché rifiuta le scorciatoie tipiche dei cattivi divulgatori: la volontà di piacere a tutti i costi e il banalizzare i risultati dell’indagine scientifica. Certo, gli esperti, come sempre avviene, troveranno discutibile questo o quel dettaglio; un paio di punti discutibili, d’altro canto, li ho trovati anch’io, e sono assai vicini fra loro: a p.379 (infortunio probabilmente cagionato dalla fretta) troviamo scritto che “solo nel 1872 (�) saranno ritrovati da Heinrich Schliemann i resti del palazzo di Micene, che proveranno l’esistenza di Troia�, laddove in à gli scavi di Micene sono posteriori, e nel 1872 Schliemann trovò proprio la città di Troia (né si capisce d’altronde in che modo il rinvenimento delle ciclopiche mura di Micene in Argolide potrebbero direttamente provare l’esistenza di Troia, che sorgeva in Asia Minore); e a p.388 il Nostro dice che “Molti termini per indicare il rosso (red, rouge, rot) vengono dal sanscrito rudhira, che significa «sangue»…�: il termine sanscrito in verità non mi risulta che indichi propriamente il sangue, ma appunto il colore rosso (attendo tuttavia eventuali correzioni da parte di cortesi glottologi o sanscritisti che per avventura dovessero capitare su questa pagina), ed è quindi parallelo al latino ruber, al greco ἐρυθρό�, all’antico bulgaro рудь, al lituano ú岹, e ai termini germanici citati da Falcinelli: tutte lingue derivate non dal sanscrito, ma dal comune antenato indoeuropeo. A parte simili difettucci occasionali, però, il saggio è davvero pieno d’informazioni. Anzitutto insegna, sotto diversi punti di vista, che al colore ci dobbiamo rapportare in modo storico. Noi crediamo, ad esempio, che i colori come li conosciamo e denominiamo adesso costituiscano una costante: nulla di più errato; e per rendersene conto basta guardare agli aggettivi usati dagli autori classici, e ancor più da Omero, per indicare la tinta di oggetti o elementi naturali; ma, più in generale, quei colori spiccati, saturi e densi cui siamo avvezzi fin da piccoli grazie ai pennarelli e alle tempere che ci abituano ad usare a scuola, erano affatto sconosciuti agli uomini di qualche generazione fa: le tinte che vediamo intorno a noi sono sempre impure, sovente sfumate o traslucide, aeree, od opache, gessose, oppure vaporose, quasi soffuse di cipria, ma anche dotate d’una profondità, d’una consistenza, d’una morbidezza cedevole, d’un raggrumarsi petroso, d’un lucore ialino o d’un trasmutarsi diafano, d’uno sfumar l’una nell’altra o nell’accostarsi in marezzature o in venature diramate capricciosamente o in giuochi geometrici rigorosi che le rendono di volta in volta cangianti o fuggevoli, e le mostrano spesso come affatto peculiari d’una sostanza o d’una creatura. Ecco perché la nostra lingua brulica di tanti nomi a indicare colori; ma, sempre che non si vogliano adoperare a mo� di traslato, gran parte di questi aggettivi, soprattutto quelli antichi, si addicono soltanto a pochi oggetti; ne cito qualcuno che non si trova nel libro: biadetto sarà il cielo vagamente velato da una caligine lontana, e biadetti saranno quindi certi lini d’un ceruleo spento; ghezzo è il violaceo profondo di certe uve, pruinoso in superficie ma quasi vitreo in profondità; persi, per il Petrarca, erano i panni d’un nero soffuso di rosso, che ai suoi tempi dipendeva certamente dal colorante usato: e il colorante per panni non poteva servire in genere a tingere altri materiali: a noi sfugge quindi la pregnanza del traslato che impiega Dante nel canto V dell�Inferno parlando di aere perso, un’inquietante atmosfera infernale di tenebra opaca da drappo che indistintamente balugina d’un rosseggiare maligno. Ma i colori vanno considerati storicamente anche per le condizioni nelle quali si vedono: se le opere d’arte di Giotto, Tiziano o Caravaggio sono le stesse, la luce artificiale sotto cui le ammiriamo, tanto più se strappate dalle loro sedi e appese alle pareti d’un museo, e le riproduzioni a stampa o sullo sfondo illuminato d’uno schermo, ne lasciano cogliere o intendere i colori in modo assai diverso da come li vedevano i nostri avi, alla luce delle candele o del sole; l’autore anzi ricorda nello specifico l’effetto diverso che possono fare i fondi d’oro delle icone in una sala da esposizione e in una chiesa, dietro il baluginio tremolante dei ceri. Inoltre le condizioni sociali e culturali condizionano l’apprezzamento dei colori sotto un ulteriore profilo: alcuni di essi, come la porpora o il lapislazzuli, erano assai preziosi, e la gente lo sapeva; noi possiamo magari trovare bellissimo un mantello della Madonna dipinto d’un cilestro profondo d’oltremare, ma l’uomo del Medioevo e del Rinascimento vi ammirava per giunta il pregio della sostanza. Oggi che tonalità eguali o affini, precise nel tono, sono prodotte in serie a prezzi abbordabili dall’industria specializzata, questo modo di sentire il colore è venuto meno; come ricorda l’autore, soltanto nella cucina esiste ancora quella corrispondenza tra materia e sensazione che invece nei secoli passati era propria anche della vista. Tali considerazioni di carattere storicistico peraltro sono ben lungi dall’esaurire i temi dell’opera: ma elencarne di più risulterebbe inutilmente noioso: meglio leggere il libro di Falcinelli che ciò che ne scrivo io. Desidero almeno aggiungere tuttavia una lode anche all’apparato iconografico, il quale, oltre che abbondantissimo, è anche variegato, estroso e pieno di scoperte non meno del testo scritto.
Oggigiorno siamo tanto abituati ad assegnare un significato ad ogni colore che nemmeno ci accorgiamo delle ragioni che ci hanno indotto a tale codificazione.
Il nero ci ricorda il lutto (anche se il suo significato sta pian piano cambiando), il rosso la passione o il fuoco, l'azzurro il colore del cielo, il giallo il colore dei fiori o la luce intermedia del semaforo, il verde la vegetazione, il bianco la purezza e così via. Quello che non sappiamo o non immaginiamo è che dietro a ciascuna associazione c'è una storia, o un significato o una giustificazione, diretta o indiretta, recente o remota.
Ciascun colore, che la tecnologia oggi ci consente di avere omogeneo e disponibile allo stesso modo rispetto agli altri, ha in à un trascorso diverso sia in termini di esistenza, che di realizzazione, che di costo e di significato.
Può sedurci, nelle pubblicità, può informarci, nel traffico o sui luoghi di lavoro o sui prodotti alimentari; può contribuire a informare, nella schedatura. Può valorizzarci, con la tinta dei vestiti, dei capelli o delle unghie. Oppure può descrivere e narrare, al cinema.
Questo incredibile saggio, che mi ha decisamente entusiasmato, è un miscuglio di aneddoti, informazioni tecniche, storia, psicologia, cinema, arte, marketing in grado di interessare chiunque e che, nonostante la mole, si legge in un soffio.
Molte le cose che colpiscono; dal giallo che, associato nel dodicesimo secolo alla figura di Giuda, ha assunto il significato di falsità (il giallo assomiglia all'oro e dunque in qualche modo è un falso). Il blu che, costando moltissimo a causa del prezzo dei lapislazzuli necessari per ottenerlo, è stato associato sempre a cose e concetti importanti e costosi (ad esempio il manto della Madonna, divenuto blu in un secondo tempo; inizialmente era nero per il lutto). Il verde, che nei quadri di Mondrian non c'è mai, non essendo un colore primario. O all'importanza del colore nel romanzo Madame Bovary, dove Emma si veste sempre di blu. O alla ragione per cui le donne more vorrebbero essere bionde. O all'importanza del colore nel cinema (Kieslowsky, Kubrick, Hitchcock, Ėjzenštejn).
La tecnologia dei colori sintetici ci sta lentamente facendo cambiare percezione del colore. Un tempo l'azzurro era azzurro con sfumature, mentre oggi deve per noi essere rigorosamente uniforme (basta osservare l'arte moderna). Ma la tecnologia ha impatti anche sulla disponibilità di prodotti, prima impensabili, quali lo smalto per le unghie (una volta pochi colori, oggi una scelta incredibile, con varianti, combinazioni e sovrapposizioni).
L'analisi dettagliata del film "La donna che visse due volte" di Hitchcock mi ha semplicemente entusiasmato. Uno di quei libri che compaiono raramente e che non possono essere mancati!
Non lo leggerò come un romanzo e nemmeno come un libro che si legge, permette di acquisire nozioni più o meno importanti e poi si ripone in libreria. Per me questo è un prontuario medico-professionale, una bibbia del sapere del piccolo e grande art director/graphic designer/copywriter/account (sì, vi farebbe bene leggerlo, tanto), che consulterò a necessità, così come ho fatto qualche tempo fa leggendo il solo capitolo sui cromatismi usati in alimentazione: mi occorreva capire se in ambito nutrizionale (ma non alimentare) il colore marrone potesse essere associato a qualcosa di sano o se avesse un impatto negativo, funereo; ho imparato, invece, che le carote non erano arancioni (e ci aveva già provato mio nipote Giulio, allora quattrenne e appassionato di frutta e ortaggi che mi parlava insistentemente delle Dakota viola e bianche, che arraffavo al mercato di Piazza Vittorio e da NaturaSì, ma io non l'avevo mica capito!), ma che lo sono diventate in onore degli Orange di Olanda, e che la maionese più è bianca e più è magra (nella percezione), che le uova dal guscio bianco piacciono tanto negli USA, così come il burro che per distinguersi dalla margarina ha sempre uno stesso punto di giallo che ne scongiura la rancidità, ma non la leggerezza.
, graphic designer e autore di altri libri, è autore del progetto grafico di Einaudi Stile Libero, nonché è stato il commosso e commovente autore di un intervento alla Nuvola, nell'ambito della Fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi, in ricordo di Severino Cesari (della stessa collana Einaudi fondatore insieme a Paolo Repetti).
Detto questo, mi segue dal lavoro a casa, da casa al lavoro, in perenne affiancamento.
Accessibile ma profondo, divulgativo ma originale: il libro di Falcinelli riesce a frequentare queste apparenti opposizioni, costruendo un percorso nel mondo del colore che risulta interessante per chiunque, arricchito da esempi sia classici che "pop" (altra apparente opposizione) e forte di una forma libro ben pensata nel contrappunto fra immagini e testo (e arricchita da un'utile appendice). Molto bello, da leggere e gustare con calma, capitolo per capitolo.
Una meraviglia per gli occhi e per la mente, questo poderoso libro di storia (non solo dell'arte!), di sociologia, di teoria e prassi scientifiche. Una fantastico compendio di nozioni e aneddotica, strumenti per comprendere e per approfondire, curiosità e tantissimo altro. Se dovessi salvare solo uno dei libri del 2018, al momento sarebbe questo. Il colore è il modo in cui vediamo e rappresentiamo il mondo (che sono due cose diversissime), oggi basta un gesto per farlo sparire (spegnere la luce), ieri si doveva aspettare il tramonto e la notte* e il mistero della sparizione rappresentativa delle cose, che rimanevano come presenza fisica
Da quando ho letto Il malva di Perkins, ho iniziato ad approfondire la storia dei colori, e ci sono andata in fissa. Colorama è un'autentica meraviglia, un compendio di saperi che avrei voluto non finisse mai. Anche perché è strutturato per rispondere intelligentemente al desiderio di approfondimenti: il suo triplo sistema di rimandi incrociati interni/esterni al testo è perfettamente fruibile ed una autentica rarità nell'editoria italiana (penso a tomi di 1200 pagine con le note in fondo al libro!). Ho annotato il libro come un libro di testo, sottolineando frasi - "Colore = ontologia della materia", "Esperienza estetica tramite di quella estatica" � studiando e approfondendo, per approdare alla consapevolezza che il colore e sempre anche una ideologia politica. Non so se la dicotomia bianco/nero nasca anca (o si rafforzi soltanto) dal colore della pelle** ma ho perlomeno qualche strumento in più per comprendere passato e presente (due esempi che travalicano i generi: l'azzurro Bovary e il giallo Werther �. non potrò più guardare La Bella e la Bestia di disneyana memoria senza pensare al rimando letterario).
Il mio colore preferito è il blu, e sono in grado di riconoscere più di una ventina di nuance diverse (azzurro, celeste, turchese, turchino, avio, carta da zucchero, blu elettrico, pavone imperiale, oltremare, acquamarina, tiffany, ceruleo, zaffiro, lapislazzuli, bluette, fonsé, inchiostro, nontiscordardime, pervinca, blu di prussia, ciano, denim e cobalto), e di ricordarmele anche! Anni fa ho scoperto che la mia incredibile memoria dei colori (una dote che avevo sempre paragonato per utilità alla capacità di riprodurre la Tour Eiffel con gli stuzzicadenti o il Colosseo con le mollette da bucato) aveva un nome e una professione, ormai perduta (tipo lo spazzacamino): la colorista in tipografia. Prima dei pantonari, delle mazzette colore, dei tintometri, c'era una persona addetta a miscelare per esperienza e manualistica le tinte, e l'occhio era fondamentale. L'equivalente del naso dei profumieri. Oggi mi serve solo ad acquistare la perfetta sfumatura di verde lime che si abbini agli altri 12 capi verdi che sono già nell'armadio (o blu, o qualche colore che è riuscito a intrufolarsi, o nero; sì, anche il nero deve essere correttamente abbinato al nero, un modo ottimo è guardarlo con le lenti polarizzate così si vedono le dominanti, certi neri/su/nero fanno orrore per lo stridore che emettono). Ho colori tabù, ad esempio il giallo (sta bene solo sulle margherite), il rosso e l'arancione (mi tirano fuori un incarnato verde polenta ammuffita), il marrone (solo per gli accessori), fino all'aborrito beige (arghhh nelle sue varianti cammello, greige, polvere; comunque un classicissimo gabardine tra l'avorio e il perla con un 2% di yellow ce l'ho). E confesso un penchant per l'oro che più invecchio più mi si impone, se poi è paillettato mi piace ancora di più (sarà il richiamo dell'iconografia bizantina, sarò lo splendore dei mosaici dorati) ma resisto!
Peccato in un libro perfetto due errori tipografici che balzano vistosamente all'occhio: pag. 336 eccita(n)te, pag. 356 domina(n)te,
*mi sarebbe piaciuto un capitolo dedicato al cielo, alba, aurora, tramonto, occaso, le infinite sfumare di bianco azzurro arancio rosa, è la terminologia per indicarle **sarebbe stato interessante un capitolo dedicato a questo: quanto il nostro latte-pesca-giallognolo-eburneo è diventato bianco, e quando il marrone-biscotto-viola-caffelatte è diventato nero, e i cinesi = gialli, o i nativi americani = rossi (per gli indiani è più difficile, sono veramente multicolor).
Cromorama è un bellissimo saggio/racconto sulla consapevolezza del nostro sguardo, su come la cultura e la società hanno influenzato il nostro rapporto con i colori. Il libro, infatti, ripercorre con innumerevoli esempi il modo in cui il commercio, la tecnologia, la modernità, l’economia e il marketing hanno modificato il nostro sguardo sugli oggetti e sui loro colori: una modifica che non ha riguardato solo oggetti di uso comune, ma anche la pittura, il cinema, la letteratura (compresa quella a fumetti, ovviamente), il design, l’arredamento e molto altro. Il libro prende il via parlando della matita e sostenendo in particolare la tesi di come spesso «certe tinte diventano tutt'uno con gli oggetti che le indossano»; la matita, infatti, è oggi universalmente riconosciuta come gialla, così come nasce nel 1893 dalla Koh–I-Noor. Il perché del giallo è da ricercarsi probabilmente all'esigenza di nascondere le imperfezioni di un legno scadente con un colore che gli potesse somigliare. Oppure il suo colore è dovuto al richiamo del colore dell'Impero Asburgico, perché la ditta ebbe sede a Vienna. Ad ogni modo il colore del prodotto ebbe un tale successo che ne è divenuto icona. Da qui parte un’avventura che ci porta alla scoperta di oggetti che si identificano con il loro colore (il rosso Coca-Cola, per esempio, o il turchese Tiffany, addirittura brevettato�), di prodotti naturali che devono assumere un determinato colore per soddisfare le esigenze di una società (Falcinelli porta come esempio le uova: impensabile mangiarle con il guscio rosa in America, devono essere rigorosamente bianche; oppure il burro, che deve essere giallo in alcuni stati e tendente al bianco in altri, così come la maionese�), di prodotti che arrivano addirittura ad essere creati di un determinato colore in onore di una casata: le carote arancioni per gli Orange olandesi. Tutto questo condito sapientemente da narrazioni storiche, che ci portano a scoprire anche la storia e la nascita dell’importanza di alcuni colori: per esempio, il blu del velo della Madonna nei dipinti del Medioevo era da attribuirsi alla difficoltà con cui si riusciva a creare il colore (un procedimento molto lungo dal lapislazzulo): visto che era così raro era simbolo di importanza assoluta tingerlo di blu. Si parla poi di Newton e Aristotele, di Goethe e Itten; si passa dal relazionare Homer Simpson e Giotto ad analizzare nel dettaglio il significato cromatico dei vestiti nel film di Hitchcock La donna che visse due volte; si legge del blu Bovary, l’eroina del romanzo di Flaubert, e dell’Arancione bollente, dove leggiamo pagine riguardanti la visione della temperatura, nei film in particolare�.. Un libro davvero sorprendente e sempre interessante.
Il modo magnetico in cui scrive Falcinelli per me è stupefacente. Mescola nozioni - il più delle volte basilari, ma senza timore d'infilare qua e là qualche informazione avanzata -, aneddoti, esempi celebri e riflessioni in un modo strabiliante, per cui il libro praticamente si legge da sé. Impossibile da posare. Eppure è denso, meritevole d'essere riletto e studiato e assorbito senza fretta, un poco alla volta. Da persona tendenzialmente estranea alle arti figurative, al di là della fruizione commerciale e ignorante, il colore per me non ha mai esercitato grande interesse. Certo, come tutti a volte me ne stupisco, ma prima di incontrare questo autore non avrei mai ritenuto possibile che un saggio di questo tipo entrasse con forza nella mia lista dei libri "assolutamente da leggere". Che viaggio magnifico nella storia (dell'arte, del cinema, dell'umanità in generale) è stato; che universo assurdo e intrigante e misterioso mi è stato rivelato. Ogni capitolo è una piccola chicca. Io, personalmente, ho amato follemente il capitolo "Verde vertigine", dedicato ad un'analisi cromatica (e fotografica e strutturale) del film "La donna che visse due volte" di Hitchcock. Ma, davvero, non c'è pagina in cui non si impara qualcosa. Unico difetto è essermi arrivato - per causa mia, si intende - dopo "Figure". Se la potenza del testo è la medesima per quanto declinata in un altro argomento, l'apparato figurativo mi è sembrato un po' sacrificato rispetto al volume successivo (credo per motivi economici). Le immagini sono raccolte in gran parte in facciate dedicate, e non distribuite nel testo come invece è per "Figure". Ogni tanto dover andare a caccia dell'immagine giusta a cui la porzione del testo si riferiva mi ha indisposto. Nulla di insuperabile, ovviamente. Penso non mi perderò mai più alcun volume di Falcinelli. Anzi, vado immediatamente a recuperare il resto della sua produzione.
Bello e accattivante, tanto nei contenuti quanto nell'aspetto puramente grafico. Dopo la lettura di questo saggio, estremamente godibile e allo stesso tempo approfondito e ben scritto, non si può più guardare la à con gli stessi occhi, i colori con gli stessi occhi. Ho perso il conto delle certezze che demolisce, una fra tutte quella sui colori primari. Tantissime le curiosità legate ai colori e al loro intrinseco interagire con tutto quanto ci circonda: l'arte, la pubblicità, il cibo, il cinema (unica parte forse un po' prolissa), fino alle confezioni di detersivo e allo stick della colla Pritt (tra l'altro, apprendo solo adesso che il Sig. Pritt ebbe l'idea osservando una signora mentre si ritoccava il rossetto. Geniale!) Consigliato, anche a chi pensa di saperne abbastanza (come pensavo io).
Mica facile scrivere di un testo dove dentro c’� così tanto, a volte aneddotico, a volte scientifico, a volte politico, spesso sociologico, sempre interessante. Non so che dire. Bravo Falcinelli e bravo me che sono arrivato fino in fondo divertendomi.
Uno sfolgorante saggio sul colore e su come il nostro modo di percepire il colore si sia evoluto nel tempo, influenzato da mode, filosofie e scoperte scientifiche, ed influenzando però a sua volta la società. Il professor Falcinelli, con uno stile chiaro ed elegante, non solo non annoia mai, ma riesce nella difficile impresa di insegnare divertendo. Gli aneddoti sulla storia dei colori e sui loro significati si sprecano, ma non costituiscono il centro del libro, che consiste nella dimostrazione della tesi secondo cui, da quando la chimica ha reso democratico ogni colore, il nostro modo di percepire le varie tonalità è cambiato, non solo non riuscendo più ad attribuire un valore materiale alle tinte, come avveniva un tempo (specialmente quelle più rare e pregiate), ma non percependo più il loro significato simbolico; inoltre, verrà svelato come l'industria del marketing abbia fatto del colore la sua più potente arma di orientamento delle masse. Scopriremo così l'esistenza di un mondo multicolore e ricchissimo di significati, parallelo al nostro, ma quasi invisibile se si è privi degli strumenti indispensabili che questo saggio fornisce, ed ecco allora che ci accorgeremo che non è un caso se dal Rinascimento il manto della Vergine è blu, o se la Bestia de La Bella e la Bestia nella scena del ballo è vestita à la Werther; seguiremo l'evolversi nel corso dei secoli delle numerose teorie del colore e scopriremo l'esistenza di falsi miti, come l'assolutezza dei colori primari; capiremo come sia possibile che la maionese prodotta industrialmente da una determinata marca abbia sempre lo stesso colore indipendentemente dagli ingredienti usati; sapremo perché nell'Iliade non compare mai il colore blu e vedremo perché Hitchcock era uno che sui colori la sapeva lunga; leggeremo di tutto ciò e di molto, molto altro ancora.
Insomma, una vera miniera di informazioni, narrate con maestria e custodite in un un libro bello da vedere e maneggiare, una guida, un vademecum irrinunciabile che non ci permette di vedere la à delle cose, ma ci fornisce tutti gli strumenti per discernere i "filtri" attraverso cui, inevitabilmente, l'umanità ha sempre guardato il creato (naturale o artificiale che sia).
Un saggio sul mondo del colore che permette d'insegnare molto dando una visione ampia del concetto di sfumatura nelle vare forme e settori: arte, letteratura, cinema, psicologia e molto altro. Il colore occupa grandissimo spazio nei vari campi ed è analizzato meticolosamente da Falcinelli stesso. Dalle matite gialle che sono le più diffuse e vendute in commercio sino al colore verde mancante nelle tele del pittore Mondrian, un vero e proprio excursus su questo mondo. Sono diversi i colori che ricordano i protagonisti della letteratura come il nero in "Colazione da Tiffany" oppure il blu Bovary che compare spesso nell'opera. Il colore dell'abito che Emma Bovary indossa quando vede per la prima volta Charles è blu, così come il calesse con cui il suo amante Rodolphe si allontana. Altri colori e sfumature acquisiscono diversi significati, come il giallo associato a Giuda e, quindi, considerato falso oppure il verde che manca nelle tele di Mondrian dal momento che non è un colore primario. "Cromorama" è il filtro tramite il quale vedere la à provando a cambiare il nostro sguardo in modo da avere una visione pù aperta, andando oltre l'apparenza e puntando all'essenza.
Che cosa hanno in comune le matite, Belle della Bella e la Bestia, Giuda e Il giovane Werther?
Questo libro mi ha affascinato, scioccato, stordito e aperto la mente allo stesso tempo. È difficile spiegare in modo esauriente di cosa parla. In parole poverissime, tratta la storia di tutti i colori guardandoli a 360° da un punto di vista socio-economico, storico, artistico, letterario, di marketing, visual design e chi più ne ha più ne metta. Non posso negarlo, questo libro è un viaggio, una prova di resistenza. A volte era veramente troppo e per questo motivo ci ho messo un mese e mezzo a leggerlo. Non per questo però non è un libro che vale la pena leggere, anzi! È estremamente interessante e ricco di aneddoti da rivendersi a pranzo/cena con i parenti 🤪
Per rispondere alla domanda di cui sopra: per scoprirlo leggete il libro!
La percepción del color es algo tan cotidiano como desconocido y fascinante a la vez. El libro está muy bien explicado, con muchos ejemplos ilustrativos. Mi única pega es que el autor lo explica sobre todo desde el punto de vista artístico, dejando en segundo plano el físico y el neurocientífico. De hecho los apéndices, con contenidos eminentemente científicos, están muy bien. Le doy tres ⭐️ y no cuatro porque a ratos se hace un poco pesado.
Un libro molto interessante, in cui ogni colore racconta un pezzo di storia dell'arte e storia sociale, in cui il colore ha veramente influito su quello che siamo e come vediamo il mondo, in senso letterale e in senso storico e sociale. Una storia mondiale attraverso il colore.
Il colore è qualcosa che noi diamo per assodato. Ma non è sempre stato così, e soprattutto ci porta una quantità di suggestioni di cui noi ci accorgiamo nemmeno. Riccardo Falcinelli in questo bel libro parte dal mostrare come una matita verde ci sembra funzionare peggio di una gialla. Continua spiegando che fino al Medioevo il mantello della Madonna era nero (per il lutto...) ed è diventato azzurro perché sono giunti in Europa i lapislazzuli che costavano carissimi. Ci dice che nel Medioevo provare a fare il verde mischiando giallo e blu era considerato un tradimento. Mostra come i colori dell'arcobaleno definiti da Newton non siano quelli reali e tanto meno i complementari sono quelli da lui indicati, e che il modo stesso con cui noi vediamo i colori oggi è figlio dell'industrializzazione delle tinte, per cui il rosso "Coca-cola" ha cambiato l'idea del rosso rispetto al vermiglione dei tempi di Newton. Sottolinea il problema per cui in Giappone si cerca per quanto possibile di rendere più blu la luce verde dei semafori. Ma ci sono anche tante, tante altre cose. Leggetelo, scoprirete tantissime cose!
Pure joy. It was a long time since I enjoyed a book this much. I just didn’t want to finish it. The many books I read in the past helped me to experience a full gamut of emotions, but very few gave me so much joy. Maybe because I studied art and I am forever interested in what makes things beautiful and what gives colour (no pun intended 😉) to life. I understand this book probably won’t interest most readers, looking for “stronger emotions�, “social engagement� or just that old boring �politically correctness� but I don’t care.
However, after reading about misery, problems, injustice, violence and grief and much as I enjoy knowing about history, science and the human mind, I must say that I would gladly spend the time I’ve left only with books that make me happy, just like this one.
Read what makes you happy, because our days are numbered and finishing a book just because you started is a thing of the past.
Divulgativo e ricco di aneddoti (anzi praticamente costruito sugli aneddoti) ma preciso, completo e, quel che è più importante, portatore di una visione del colore moderna, libera dai miti incrostatisi nei decenni come quello che giallo e blu danno verde. Volete sapere perché non è così? leggete il libro! Con un'appendice scientifica scarna ma indispensabile e soprattutto un apparato iconografico ricco, variegato, fantasioso e utilissimo: offre spiegazioni ma anche e soprattuto suggestioni. L'ho preso in biblioteca ma lo comprerò presto.
"L'unica libertà che abbiamo è guardare sapendo di stare guardando"
I jumped into this book expecting to read interesting facts about color and I ended up falling down a rabbit hole of philosophical and metaphysical perception.
This was incredible brain food. 10/10 would recommend.
Leí este libro en español y en este idioma será mi reseña, y no diré nada sobre el tema o el contenido porque creo que es bastante obvio (los colores) pero si mencionaré lo que me llevo de este libro:
A menudo las cosas se nos presentan, o se nos cuentan, como una verdad absoluta. Eso ha pasado desde que somos humanos. Y como es fácil ver las equivocaciones en retrospectiva pero difícil hacerlo en el presente y hacia el futuro, debemos mantener un ojo y pensamiento crítico en todo momento.
En este caso, el autor explica cómo la narrativa de los colores ha cambiado a lo largo de los siglos, y como cada época y contexto cambian nuestra percepción del mismos (aunque siempre hemos sido capaces de ver los mismos colores). Y enfatiza mucho el hecho de que un color por sí solo no significa nada, debemos verlo en su entorno y como un vehículo para contar historias.
Termina el libro (y esta fue mi parte favorita) advirtiendo a los padres de niños chiquitos de cómo no debemos tomarnos muy en serio la narrativa de los colores primarios; sí, el verde se puede hacer mezclando el amarillo y el azul, pero esta “absoluta� y “verdadera� manera de hacer un verde, en realidad no es ni la única manera de obtenerlo, ni es la única forma que asume el color verde� Y enseñarle a a las próximas generaciones este concepto tan sencillo como lo es el no sobre-simplificar las cosas (a través de los colores, que es lo primero que aprenden) lo que le estás enseñando en realidad es una forma de pensar más profunda, abstracta y completa � y justo así es el contenido de este libro: profundo, abstracto y completo.
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This is very much a book for academics and students of art and design rather than something that a layperson can get to grips with. Appendices, footnotes, diagrams and lots of heavily referenced pictures means that you can spend a great deal of time working things out here which doesn't lend a lot of flow to the work. It is, I expect, something that will go on to be a classic of its time, because it is fairly comprehensive and covers a lot of ground.
It isn't entirely unreadable, it just took me a long time and a lot of thinking. I very much enjoyed the section where he looks at film, particularly his chapter on Hitchcock's Vertigo, as I found myself on much safer ground here in terms of being able to understand what he was talking about. For me however, it has flashes of brilliance rather than the full package.
Un saggio sul colore, sulla sua storia, la sua scoperta, creazione, percezione... una summa sulla genesi del nostro sguardo sul mondo che ci circonda. Argomento molto interessante, che davvero fa scoprire cose nuove su oggetti comuni alla vita di ciascuno di noi. Il corredo figurativo che accompagna passo per passo il testo è molto utile per cogliere gli esempi e comprendere con il proprio senso visivo ciò che appare dalle immagini. Insomma, la lettura e le spiegazioni sono impostate proprio come una lezione. Il tutto è analizzato anche tramite concetti scientifici che però vengono spiegati in modo molto chiaro, quindi comprensibili anche a chi non possiede i preconcetti.
Maravillosa enciclopedia del color. Recopilación de historias contadas desde el punto de vista del color, muy recomendable para los apasionados de la pintura y el diseño gráfico. Toca también otros muchos campos donde el color puede ser protagonista, como el cine, el marketing o la tecnología. Si bien al final recoge un apéndice de conceptos científicos, esta parte me ha resultado más batiburrillo que todo el resto del libro. No es una edición clásica, por lo que considero imprescindible su lectura en papel para disfrutar de las idas y venidas en imágenes, referencias y multitud de ejemplos.
Lo zio mi ha permesso di saperne qualcosa in più sul colore, la sua storia e come lo vediamo oggi. Lettura consigliata alle persone a cui piace guardarsi intorno, che vanno nei musei, nei cinema, nei teatri e che guardano la televisione o usano i social. È anche un saggio filosofico per certi versi, molto interessante, l'ho già detto?
Un libro che insegna a non dare nulla per scontato, nemmeno che blu e giallo formano il verde. I colori non vengono raccontati, ma problematizzati. Le varie spiegazioni scientifiche sulla percezione lo rendono più difficile di Figure, ma il libro resta comunque scorrevole.
È stato un libro meraviglioso, ci ho messo un po' per finirlo. Ma è questa la cosa importante, assaporare ogni momento, ogni pagina. Mangiarla e digerirla, per poter esprimere quello che si ha imparato.