È quasi un capriccio, uno scherzo, quello di tagliarsi i baffi, da parte del protagonista di questo inquietante romanzo. Ma ci sono scherzi (Milan Kundera insegna) che possono avere conseguenze anche molto gravi. Il nostro non più baffuto eroe si troverà infatti proiettato di colpo � lui che voleva solo fare una sorpresa alla moglie � in un universo da incubo: perché tutti quelli che lo conoscono da anni, e la moglie per prima, affermano di non averli mai visti, quei baffi, e che dunque nella sua faccia niente è cambiato. Il mondo comincia allora ad apparirgli «fuor di squadra», e il confine tra la realtà e la sua immaginazione sempre più sfumato. Delle due l’una: o è pazzo, o è vittima di un mostruoso complotto, ordito dalla moglie con la complicità di amici e colleghi, per convincerlo che è pazzo. Non gli resta che fuggire, il più lontano possibile. Ma servirà? O non è altro, la fuga stessa, che il punto di non ritorno? Per nessun lettore sarà facile ripensare a questo libro � in cui ritroviamo le atmosfere visionarie e paranoiche di quel Philip K. Dick sul quale Emmanuel Carrère ha scritto con illuminante finezza � senza un brivido di turbamento.
Emmanuel Carrère is a French author, screenwriter, and director. He is the son of Louis Carrère d'Encausse and French historian .
Carrère studied at the Institut d'Études Politiques de Paris (better known as Sciences Po). Much of his writing, both fiction and nonfiction, centers around the primary themes of the interrogation of identity, the development of illusion, and the direction of reality. Several of his books have been made into films; in 2005, he personally directed the film adaptation of his novel La Moustache. He was the president of the jury of the book Inter 2003.
Sarebbero state cinque stelle considerando solo la prima parte, che mi ha estremamente coinvolta. Purtroppo non ho apprezzato il finale. In ogni caso, agghiacciante. Una sorta di versione grottesca di Disperazione di Nabokov.
سبیل کتابی ایست از امانوئل کارر ، نویسنده و کارگردان فرانسوی . اودر این کتاب گرچه به مسألها� به ظاهر ساده یعنی سبیل و تراشیدن آن پرداخته ، ولی هدف اصلی کارر را باید مفاهیمی چون هویت، توهم و واقعیت دانست . کتاب کارر که با پرسشی معمولی درباره تراشیدن سبیل شروع می شود به مجموعه ای از کشمکش ها میان زن و مرد با محوریت همان سبیل لعنتی و سر انجام پایانی فاجعه بار ختم می شود . در میانه کتاب کار به جایی می رسد که دیگر گویی دعواها و کشمکش ها دیگر چندان اهمیتی ندارد و موضوع مهم تر و حیاتی تر از این نزاع و جدل ست . زن ادعا میکن� که بسیاری از چیزها، سفرها، شخصیته� و حتی پدر مرد وجود خارجی ندارند، در حالی که همه� اینه� در ذهن مرد بهطو� قطع وجود دارند . از نگاه مرد ، زن بیمار و از نگاه زن ، بیمار مرد است . نویسنده تلاش کرده خواننده را دربرزخ شک و تردید نگه دارد ، مخاطب با خواندن ادعاهای زن و مرد که از زاویه خود آنها هم درست به نظر می رسد ، نمی تواند حقیقت را تشخیص دهد . اما در دنیای بیمار این دو فرد ، از آن جا که خواننده بیشتر با ذهن مرد همراه است ، شاید او را بیمار و آشفته تر از زن تشخیص دهد . شاید سبیل مرد را بتوان نمادی از هویت او دانست ، زمانی که او در داشتن و یا نداشتن سبیل شک می کند ، گویی هویت مرد هم دگرگون می شود . او هرچه باشد دیگر آن موجود گذشته که شاید سبیل هم داشته ، دیگر نیست . سفر بی هدف مرد به کشوری دیگر و پرسه زدن های او در قایق را شاید بتوان همین گونه تفسیر کرد ، مرد تلاش می کند هویت جدیدی برای خود بسازد . هویتی مستقل از سبیل لعنتیش پایان کتاب سبیل، ابهامی عمیق و پرسشهای� بیپاس� نویسنده با به تصویر کشیدن فرجام تلخ فردی که هویت خود را از دست میدهد� خواننده را با انبوهی از پرسشها� بیپاس� مواجه می کند . این ابهامِ عمیق، شاید نقطه قوتِ کتاب باشد؛ چرا که خواننده را به تفکر و تأمل در باب مسأله� هویت وادار میکن�. کارر با این پایانِ باز، از خواننده میخواه� که به جستجوی پاسخِ پرسشها� خود بپردازد. هر خواننده با توجه به تجربیات و دیدگاهها� شخصیِ خود، میتوان� تفسیری منحصر به فرد از داستان ارائه دهد. به نظر میرس� هدفِ کارر از به چالش کشیدنِ تصوراتِ رایج در خصوص هویت، این باشد که نشان دهد هویت نه امری ثابت و مطلق، بلکه سیال و در حالِ تغییر است. درست مانند سبیلِ شخصیتِ اصلی داستان که گاه هست و گاه نیست، هویتِ نیز میتوان� به راحتی تغییر کند و از بین برود .
این کتاب کم حجم درمورد یک موضوع بی اهمیت و ساده است مردی که تصمیم میگیر� سبیلا� را بزند شروع داستان خیلی آروم و طبیعی بود.اما هرچقدر پیش میرفت� بیشتر به عمق داستان فرو میرفتم. و منو شگفت زده میکر�
درواقع کتاب سبیل ذهنمو به بازی داد و پایان کتاب بیشتر از همه منو میخکوب کرد. واقعا این نویسنده چطور یک موضوع ساده را اینقدر بزرگ و مهم جلوه داد؟ماهه� و روزها از خوندن این کتاب هم بگذره فراموشش نمیکنم ولذت بردم از خوندنش. ولی اگه بخواید این کتاب رو بخونید هیچ ریویو ازش نخونید ممکنه براتون اسپویل بشه.😊📚
The man is a construct of materials and memories, his physical signifiers and the intangibles that are signified; what shall happen if those mundane wonders, those conceptual signs... slowly... disappear?
The man is materials and memories, signifiers and signified; what if those mundane signs disappear?
The man is memories signified; what if those signs disappear?
A man with a luxuriant mustache gets a wild hair and shaves it off. He's had that mustache for many years, but no one seems to notice anything different about him. When pressed, his wife, his friends, the people with whom he works, all maintain that he has never had a mustache. Settle in as he begins to question everything in his life, watch as his mind starts to become unhinged, and then crack. At the end, you will see that his fixation on his own facial hair is complete.
My thanks to GR friend Betsy, whose review of this compelled me to search out a copy.
A Biarritz, fra il 22 aprile e il 27 maggio 1985, si fumava, beveva e mangiava roba buona. (Tre stelle e mezza con baffi)
, da leggere dopo: per quanto non sveli il finale, a mio avviso, racconta troppo
Liquidato precipitosamente con una frase a effetto, mi sento in obbligo di fare un paio di integrazioni, a mio avviso molto interessanti, scaturite dopo la discussione di qualche settimana fa con il gruppo di lettura. Quello che a prima impressione può sembrare solo un pretesto banale per dare il via a una escalation (inizialmente surreale) di accadimenti attraverso i quali riflettere sulla condizione di solitudine in cui ci si può trovare vedendo messe in discussione le proprie certezze, o anche sul fatto che possano esistere, in astratto, punti di vista differenti degli stessi eventi dai quali possono scaturire due verità, in realtà è il punto di rottura dal quale Carrère parte per riassumere, attraverso le azioni e le reazioni del protagonista, le caratteristiche e i comportamenti di una persona che manifesta sintomi psicotici gravi - forse schizofrenia paranoide, affermano due delle mie amiche (l’una psicoterapeuta e l’altra medico) che hanno partecipato al gdl - e in questo senso, permettere al lettore di assistere al processo irreversibile di quanto sta accadendo nella mente del protagonista: e questo sarebbe prodigioso, se non fosse che quanto detto sopra non permette a chiunque di comprenderlo, e chi anche lo abbia compreso affermi di essersi trovato più a riflettere sul caso clinico che a godere dell’aspetto letterario (aspetto e giudizio, quest'ultimo, che condivido in pieno).
Interessanti, anche due curiosità emerse sempre durante la discussione: la storia narrata da Carrère ricorda “pericolosamente� il corto di (1967) di Martin Scorsese, ma noi ricordiamo anche che Emmanuel Carrère, ancora prima di essere uno scrittore, è stato critico cinematografico e dunque, il suo, potrebbe essere un omaggio non troppo velato al regista italoamericano. Lo spunto narrativo, invece, e da qui l’accostamento a Philip Dick, sembra proprio provenire da questo brano tratto da "Io sono vivo, voi siete morti�, dedicato al visionario scrittore americano, in cui Carrère narra di un piccolo e quasi insignificante episodio, che sembra poter generare in Philip Dick lo stesso corto circuito raccontato ne I Baffi:
�.si avviò per il corridoietto buio che portava al bagno. Entrando cercò a tentoni la cordicella della luce. «Tutto bene?» gridò Kleo dalla sala da pranzo. «Sì, sì» rispose lui. Ma non trovava la cordicella. Eppure sapeva che penzolava lì accanto alla porta, sulla sinistra. Era assurdo. Con le braccia tese in avanti e le dita aperte si mise a mulinare le mani nell’oscurità. Fu preso da una specie di panico, come se intorno a lui tutto fosse scomparso. A forza di agitarsi, finì per sbattere la testa contro lo spigolo dell’armadietto dei medicinali. Le boccette di vetro allineate sul ripiano urtarono fra loro tintinnando. Lui imprecò. La voce stranamente lontana di Kleo ripeté: «Tutto bene?». Poi aggiunse: «Che cosa è successo?». Lui borbottò, probabilmente non abbastanza forte perché lei potesse sentirlo, che non riusciva a trovare la maledetta cordicella della luce... e all’improvviso si rese conto che non c’era nessuna cordicella. C’era e c’era sempre stato un interruttore a parete, sulla destra della porta. Lo trovò senza difficoltà e lo premette con un colpo secco. La lampadina che pendeva dal soffitto si illuminò. Lui guardò il bagno con aria diffidente. Tutto sembrava normale, non pulitissimo ma normale. C’era della biancheria stesa ad asciugare sopra la vasca. Uno scarafaggio attraversava il pavimento piastrellato. Fu tentato di schiacciarlo, ma si trattenne. Aprì l’armadietto dei medicinali facendo scomparire la sua immagine riflessa nello specchio, tirò su una boccetta caduta, prese quella delle pillole per il mal di stomaco, ne inghiottì una con un bicchiere d’acqua, poi, dopo aver spento la luce molto lentamente, in modo da non sentire il clic dell’interruttore, tornò in sala da pranzo. Kleo aveva finito di sparecchiare e stava lavando i piatti in cucina. Lui le si avvicinò pensando fra sé e sé: da dove sbuca fuori il ricordo di una cordicella della luce? Una cordicella precisa, che pende a un’altezza precisa, in una posizione precisa. Non brancolavo a caso, come farei in un bagno sconosciuto. No, cercavo una cordicella che ho tirato tante volte: abbastanza da determinare un automatismo nel mio sistema nervoso involontario. «A te non è mai successo» chiese «di cercare una cordicella della luce che non esiste? Al posto dell’interruttore?». «Per questo ci hai messo tanto?» disse Kleo senza smettere di lavare i piatti.� “Dove mi posso essere abituato a tirare una cordicella della luce?». «Non lo so. Non se ne vedono quasi più. Ormai tutti hanno gli interruttori a parete. Sarà un ricordo d’infanzia che ti è tornato in mente». Poi se ne andò a dormire, e Phil rimase da solo con il gatto Magnificat nella sala da pranzo, che a quell’ora diventava il suo ufficio. Mise il disco del Liederkreis, op. 39 di Schumann recentemente inciso da Fischer-Dieskau, e si sedette alla scrivania su cui Kleo aveva appena rimesso la macchina da scrivere. Passò un’auto, dopodiché non si sentì più nessun rumore. Era il momento della giornata che preferiva. Il primo Lied della raccolta, il più bello, parlava di un uomo che era in viaggio da molto tempo e che camminava nella neve pensando con nostalgia alla sua patria e alla sua casa. A dire il vero, nel testo la neve non era menzionata, ma il disco faceva parte di un cofanetto in cui c’era anche Il viaggio d’inverno di Schubert, e sulla copertina erano disegnati dei fiocchi di neve, il che difficilmente avrebbe indotto l’ascoltatore a immaginare un paesaggio soleggiato. Pensò, e la cosa lo fece ridere, alla possibilità di comporre una poesia, e poi un Lied, a partire da un’esperienza come quella che aveva vissuto poco prima: un tizio entra nel bagno di casa sua e, invece di premere l’interruttore, cerca una cordicella della luce che non esiste. Poco ci mancò che si alzasse e andasse a svegliare Kleo per cantarle, sul motivo del Lied appena finito e imitando la voce di Fischer-Dieskau, gli ultimi versi della poesia che aveva improvvisato: Es gab keine Lampenschnur... Non c’era nessuna cordicella della luce... Se non un Lied, poteva forse ricavarne una storia. Di solito, di fronte a piccoli incidenti del genere, le persone dicono: «Che strano», e non ci pensano più. Lui, invece, era di quelli che continuano a pensarci, che cercano dei significati in circostanze che probabilmente non ne hanno, che vogliono dare una risposta a ciò che è già azzardato considerare una domanda. Il suo lavoro consisteva proprio nell’immaginare quel tipo di domande.� “Aveva già scritto diverse storie costruite su uno schema simile, in cui un tizio si accorge da un particolare insignificante che qualcosa non va. In una di queste il tizio entrava nel suo ufficio e si rendeva conto che tutto era stato leggermente ritoccato: difficile dire cosa, ma tutto � il posto dei mobili e i mobili stessi, la disposizione della stanza, la faccia della segretaria �, sì, tutto era cambiato. Alla fine si scopriva che un servizio al tempo stesso ufficiale e occulto entrava periodicamente in azione per ricostruire la realtà –un po� come si restaura un palazzo � per ragioni di sicurezza alquanto vaghe, che Phil non si era preoccupato più di tanto di sviluppare. In un altro racconto il tizio, la sua famiglia, i suoi amici, convinti di abitare in una cittadina americana degli anni Cinquanta, vivevano in realtà in un’immensa scenografia, una ricostruzione storica esposta in un museo del ventitreesimo secolo. Un po� come gli indiani delle riserve, solo che loro erano all’oscuro di tutto: gli uomini del ventitreesimo secolo andavano in massa a vederli al museo, ma un sofisticato sistema ottico li rendeva invisibili ai loro occhi. A un certo punto il protagonista se ne rendeva conto e tentava di convincere i suoi concittadini. Naturalmente lo prendevano per pazzo. Dick adorava scrivere scene come questa, esporre minuziosamente l’argomentazione del tizio che ha capito la verità a cui nessuno crede, ed è consapevole che lui per primo, sentendo un discorso del genere, non crederebbe a una sola parola.
Per concludere, I Baffi, Emmanuel Carrère, non solo se l’� scritto, ma anche : nel .
Disturbante, enigmatico, intenso racconto della follia di un uomo. "I baffi" è una riflessione potente sulla caduta di un'essere umano all'interno della spirale della follia, dalla quale è impossibile sfuggire. Proprio questa impossibilità di scappare è raccontata perfettamente dall'autore, che riesce a creare una narrazione labirintica che dona fitte di claustrofobia. L'uomo senza nome del libro inizia la sua discesa all'inferno con una azione particolarmente semplice, quasi patetica, cioè tagliarsi i baffi che ha portato per dieci anni. Ma nessuno ne riconoscerà il cambiamento, come se la sua vita di uomo baffuto non fosse mai esistita. E insieme ai baffi l'uomo ricorda altre cose che gli altri non ricordano. Pensa al complotto, allo scherzo, infine alla follia. La trama della sua esistenza si sfilaccia, fino a portare ad una scena tremenda, l'unica rimasta. Bellissimo romanzo.
Un architetto decide un giorno di dare una svolta alla sua immagine e, senza dire niente a nessuno, dopo dieci anni, si taglia i baffi, per fare una sorpresa alla moglie: “In fondo Agnès cambiava regolarmente pettinatura, e senza preavviso; ogni volta lui protestava, le faceva delle parodie di scenate, dopodiché, non appena cominciava ad abituarsi, lei si stufava e tornava a casa con un nuovo taglio. Perché non lui, allora? Sarebbe stato divertente.�
Un inizio del romanzo, quindi, abbastanza tranquillo. Questo scherzo però si trasforma in paradossale perché nessuno si accorge del cambiamento. Anzi, tutti sostengono che lui non ha mai avuto i baffi. Il protagonista pensa che tutto sia un complotto della moglie ai suoi danni: “Detestava essere arrabbiato con Agnès, avrebbe voluto amarla senza reticenze, per quanto brevi e passeggere esse fossero; e di fatto l’amore che nutrivano l’uno per l’altro si combinava con un senso dell’umorismo a uso privato che in genere bastava a disinnescare i conflitti. Trattandosi di un capriccio così inoffensivo, un minimo di distacco avrebbe dovuto metterlo al riparo da qualsiasi irritazione. Ciononostante, il comportamento di Agnès lo irritava, e anzi risvegliava in lui l’angoscia inspiegabile, la sensazione diffusa di essere in torto che aveva provato uscendo dal bagno. �
Da questo momento in poi, il racconto è una concatenazione di paradossi. E il lettore prova un senso di stordimento e di disorientamento nel leggerlo. Dove finisce la realtà e dove inizia l’immaginazione? Chi dice la verità? Chi mente?
Questo romanzo è completamente folle. Confesso che il mio aver dato quattro stelle è fortemente influenzato dal debole che ho per Carrère e dal riconoscergli che sa scrivere divinamente bene.
Nella seconda di copertina c’� scritto che questo romanzo risente molto degli universi di Philip K. Dick. Ho letto troppo poco di Dick (solo due romanzi) per riconoscere l’influenza dickiana.
Ho trovato illuminante l’articolo di Francesco Baucia su Alias Domenica del 10 maggio 2020, in cui si spiegano molti dei collegamenti che non ho colto leggendo il romanzo, semplicemente perché ho letto molto poco di Philip K. Dick.
What a bizarre and disturbing story. You think you understand that our protagonist is dealing with a pathological liar. And then all hell breaks loose. This is an oddly apt book for our times when world leaders lie with impunity. But one hopes that we will end this chapter of our lives better than the protagonist (who I only realized was never named once I began typing this review). This surreal reality feels real, and thus really scary.
12/3/19 Update This book--primarily the ending--stirred me up and resulted in my blog, Warning: it contains a spoiler.
Mi spiace dare una sola stella a questo romanzo. Sono consapevole di fare parte di una minoranza che non è riuscita ad apprezzare questo lavoro di Carrere, ma, bhe, me ne farò una ragione. A dire il vero si parte bene, direi anche benissimo, fino a metà il libro è grande nella descrizione delle sensazioni e dei pensieri del protagonista, dei suoi dubbi rispetto alla situazione in cui si trova: sta impazzendo, è vittima di uno scherzo tanto elaborato quanto crudele, sua moglie è matta oppure sta cercando di farlo fuori? Insomma Carrere costruisce una situazione surreale, disturbante, ma perfettamente credibile. Il problema è come sceglie di venire fuori da questa costruzione calustrofobica: il protagonista parte per Hong Kong (e fin qui tutto bene), in città fa cose (e si cominciano a sentire dei pericolosi scricchiolii nella trama e un certo tirarla per le lunghe, come se dovesse riempire un tot di pagine da contratto) e poi si arriva al finale, c'è un guizzo, una possibilità che la storia regali al lettore un'ultima epifania e invece la butta sul . Chiudo il libro con un senso di delusione e sconforto come mi capita poche volte. Ottime premesse buttate nel cestino. Peccato
Porti i baffi per anni, fanno parte della tua fisionomia, un giorno decidi di tagliarli e nessuna delle persone che conosci da segno di notarlo. La cosa sconcertante è che tua moglie addirittura sostenga che li hai da sempre rasati insieme alla barba. Io ero convinto che si trattasse di una metafora di come crediamo di apparire e come gli altri ci percepiscono; che fosse un libro sul momento in cui prendiamo coscienza che quel paio di mustacchi di bellezza, simpatia, coraggio, integrità o qualsiasi altra dote uno ritenga di possedere, nessuno li ha mai visti. “Lo specchio vede il viso noto ma hai sempre la solita paura, che un giorno ti rifletta il vuoto, oppure che svanisca la figura� (*1). La gente pensa a noi molto meno di quanto immaginiamo, ci ergiamo a protagonisti di uno spettacolo del quale spesso siamo anche gli unici spettatori. In seguito ho creduto che si trattasse di un libro sull’Alzheimer, sulla drammaticità di fare i conti con la perdita dei propri ricordi. Poi ho pensato fosse un giallo perché la memoria scomparsa poteva non essere quella del narratore. A chi apparteneva allora? C’� un principio di follia incipiente che il marito narrante attribuisce in modo alterno a sé e alla moglie. E� un giallo psicologico, ansiogeno, mai completamente angosciante, quando rischierebbe di diventarlo Carrère frena, riduce le marce e poi riparte lentamente. Non si percepisce il pericolo immediato di un incidente ma si coltiva l’idea che esso potrebbe accadere in modo fortuito. È un po� lo stato d’animo a cui si è soggetti leggendo “La settimana bianca� (stesso autore). Io credevo che “I baffi� fosse l’ultimo nato in casa Carrère, e invece i telefoni avevano i fili, nessuno parlava di internet o di serie TV. La tecnologia era rappresentata dalla segreteria telefonica e dal videoregistratore; Carrère lo ha scritto in poco più di un mese nel 1985 e l’unico pezzo musicale che vi ha inserito è questo
(Barbra Streisand - Woman in Love) Pensateci bene prima di tagliarvi i baffi, lo fareste subito dopo aver terminato il libro?
همه چیز از تراشیدن یک سبیل آغاز میشو�. چه کسی تصور میکن� مرگ و زندگی در گروی یک سبیل ناقابل بالای لب باشد؟ سبیل داستانیس� که از همان صفحات ابتدایی دلهرها� ناشناخته بر اندام خواننده میانداز� و او را وارد دنیای ناشناخته� کافکایی میکن� و دقیقا دلیل ترس، همین ناشناخته بودن است. داستا سبیل در خصوص مردی است که یک روز تصمیم میگیر� برای شگفتزد� کردن همسرش سبیلش را بتراشد ولی این موضوع همسرش را دچار تعجب نمیکند� نه همسر و نه هیچ کس دیگر را. گویی که هرگز سبیلی برای سالیان در آنجا نبوده است و داستان چنین پیش میرو�...
من سه رویکرد برای نگاه به داستان به گمانم رسید:
اول - مرد یک بیمار روانپری� است این تفسیر منطقیتری� نگاه به داستان است. گذشته یا در واقع آنچه که فرد خیال میکن� تاریخچه� زندگی اوست پیش چشمانش رنگ میباز� و شخص آهسته و آهسته ارتباط خویش با واقعیت را از دست میده� و به دنیای ذهنی خود کشانده میشو�. مرد با دوستان خیالی زمان میگذراند� فراموش میکن� پدرش مرده. حتی خانه� پدری خویش را هم پیدا نمیکند� دچار شک و تردیدهای پارانویایی میشو� و به همسر خود مظنون میشو� و ... این رویکرد آنجا قوت میگیر� که شخصیت اصلی داستان نامی هم ندارد و گویا نام و منیت خویش را هم فراموش کرده و از درون دچار فروپاشی شخصیت�� گردیده است.
دوم - آنیس (همسر مرد) توطئه میکن� این تفسیر دور از ذهن ولی کاملا بعید نیست. این احتمال وجود دارد که آنیس بنا داشته با نقشهها� خود مرد را به جنون بکشاند، شبیه به چیزی که در کتاب مستاجر رولان توپور اتفاق میافت�. ولی به چه علت؟ اگر چنین باشد و قسمت پایانی داستان که معامله در هنگکن� است را بخشی از واقعیت در نظر بگیریم، مرد داستان شخصیتی ثروتمند به نظر میرس�. البته که در جایی از داستان خودش این ثروت را انکار میکن�. اما اگر واقعا او یک تاجر بوده باشد، توطئه� آنیس برای بیوه� مرد شدن را هم میتوا� یکی از احتمالات در نظر گرفت
سوم - راوی داستان شخصیتی روانپری� دارد (ضد تفسیر) این را هم میتوا� به عنوان یکی از احتمالات بعید در نظر گرفت که راوی شخصیتی روانپری� دارد و وقایع را به ترتیب و درست، آنگونه که رخ میده� روایت نمیکن�. هر چند این احتمال خیلی بعید به نظر میرس� ولی داشتن گوشه چشمی به آن، خواندن داستان را هیجانانگیزت� میکن�
در نهایت از هر کدام از ابعاد بالا که به داستان نگاه کنید با روایتی روبرو هستید که شما را تا به انتها میخکوب میکن�. داستانها� کارر بیشتر شخصیتمحو� هستند تا روایتمحو� و این کارر این موضوع را با مهارت زیادی به پیش میبر�. خواننده حین خواندن داستان با کاراکتر همراه شده و همراه او به حمام میرود� غذا میخورد� سکس میکن� و زندگی میکن�. داستان را بخوانید و از آن لذتی دردناک ببرید
داستان از جایی شروع میشه که شخصیت اصلی داستان خطاب به زنش میگه نظرت چیه سبیلم رو بتراشم؟ و همسرش باهاش موافقت میکنه،اما بعد از اینکه سبیلش رو میتراشه،همسرش و اطرافیان اون واکنشی رو که باید نشون نمی دن و در مورد تغییر کردن مرد حرفی نمی زنن و از اونجا درگیری مرد با مقوله سبیل شروع میشه و باعث میشه به اینکه اطرافیانش سعی در تمسخرش دارن شک کنه. از اینجا داستان حال و هوای مالیخویایی به خودش می گیره و خواننده داستان رو دنبال میکنه تا ببینه بالاخره حرف کدوم یک از شخصیت ها صحت داره مرد یا زن،مکالمه هایی که صورت می گیره باعث میشه ذهن خواننده مدام بین پارانویید بودن شوهر و دچار توهم شدنش حرکت کنه... سبیل در اینجا به شکل استعاری در مفهوم هویت فرد آورده شده و درگیری فرد با این بخشی از هویتش شکلی جنون آسا به خودش می گیره،همون طور که اغلب داستان های ایمانول کارر حول محور هویت و توهم هست.توی این داستان هم درگیری شخصیت اول داستان با سبیل یا هویتش به شکل یک کمدی سیاه نوشته شده. پایان داستان، پایانی تراژیک و استعاری هست و نشون میده چطور چیزهای معمولی زندگی ،چیزهایی که حتی ممکنه دیده نشن ولی بخشی از شخصیت یک فرد هستن و گاها درگیری فرد باهاش مثل یک شوخی به نظر میرسه،باعث بحران هویتی فرد میشه. از طرفی خواننده انگار توی رمانی روانشناختی با ژانر وحشت هست شاهد این کمدی سیاه هست ،واقعا یک جاهایی از داستان احساس میکردم چقدر همه چیز میتونه راحت زیر و رو بشه و نبودن بخشی از هویتت چطور میتونه باعث بشه به همه چیز شک کنی.داستان زیبا و نفس گیری بود . از اثر یک فیلم خیلی خوب هم اقتباس شده که دیدنش رو پیشنهاد میدم.
I had to sit down with a strong cup of coffee when I finished this book, and get my breath back.
It started off with a married couple going out for the evening.
THEN it started slowly unravelling, until I started questioning my own sanity, and, still holding my breath, that explosive ending, which was like being punched in the face - Oooooof!
I don't know what was real, and I might need therapy, but first I need to lie down.
L’idea non è nuova: un uomo che sprofonda, passo dopo passo, nella follia. Ma lo straordinario incipit, lo svolgimento dei fatti dapprima inspiegabili, l'atmosfera da incubo, lo sfasamento dei punti di vista (è pazzo lui o sono pazzi gli altri?), il linguaggio vertiginosamente acuto e brillante, e infine certe sequenze originali e struggenti come quella del traghetto, o l'inutile ricerca della casa dei genitori, ne fanno uno dei racconti più memorabili, coinvolgenti e perfetti che abbia mai letto.
شاید واقعا در حد ۵ستاره نباشه ولی همینکه من رو از این باتلاقی که توش بودم نجاتم داد و انقدری خوب بود که یکی دو روزه خوندمش ممنونم ازش. شروع کتاب محشر بود واقعا در عین خنده دار بودن هر لحظه یه شوک تازه ای بهت میداد� آخراش یکم از اون تب و تاب افتاد ولی پایانش هم خوب بود
Suelo ser uno de esos lectores que puede disfrutar de un libro pese a saber de antemano su final. No me importa tanto el desenlace como el camino que me ha llevado hasta él. Con esta filosofía he podido disfrutar de grandes historias que ya había podido ver previamente en la gran pantalla. Sin embargo, siempre hay excepciones que confirman la regla, y parece que El bigote ha sido uno de los casos.
Emmanuel Carrère ofrece un planteamiento inicial extraordinario: ¿qué pasaría si lo que creías que era real de repente se desmorona? El protagonista de la novela decide afeitarse el bigote después de años en los que se había convertido en su seña de identidad. Cree que todos sus conocidos se quedarán boquiabiertos ante este cambio pero, por el contrario, nada ocurre a su alrededor: parece que nunca ha llevado bigote. Si esto es cierto, ¿cómo puede seguir fiándose de lo que cree que es real?
El inicio es trepidante. Un thriller psicológico clásico, en los que los límites entre la cordura y la locura se presentan difuminados. Los razonamientos del hombre son tan evidentes y lógicos que sientes la necesidad de posicionarte y, a la vez, sus más allegados (especialmente su mujer) no dan crédito a su obstinación y desmontan cada una de sus teorías. Además, la narración cuenta con una prosa sólida, clara en sus intenciones y con un ritmo frenético. No hay rodeos ni eufemismos. La hipótesis está clara y el estilo fomenta el temor claustrofóbico del protagonista: la autoevaluación sobre un posible inicio de locura.
Es una lástima que su segunda mitad no me funcione de la misma manera. Se vuelve una idea algo repetitiva que ciertamente está esperando a su ansiado final. Las acciones dejan de fluir como en su primera parte e incluso parecen forzadas para recalcar el debate interno que se está generando en su cabeza.
He disfrutado en gran parte de esta idea tan original que permite explorar los conceptos de identidad y percepción. Se abre un gran debate en torno a la simbiosis de estas dos ideas: la manera en la que la apariencia puede definir al individuo y la dificultad de desprenderse de esa imagen. La pérdida de identidad se convierte en un infierno que te aleja lentamente de la realidad y de la capacidad de controlar el juicio. El análisis es maravilloso, pero el viaje me ha parecido una antesala demasiado evidente a un final que, tristemente, ya conocía.
A generous four stars. More like 3.577 rounded up for its weirdness, how it runs away from itself, ending where it began in a way that's textbook "surprising yet inevitable" plus not at all Hollywood. The story runs away from itself as the unnamed main dude's rational yet totally irrational interiority gets the better of him and turns what at first seemed like an absurdist existential mystery into an absurdist existential adventure, always with more comedic than tragic overtones. A pretty good sex scene early on was surprising, a funny scene where the main dude pretends he's blind, a few blocks of dense indecisive back-and-forth dramatized thought that almost forced me to quit the book around pg 75, a remarkable unforeseen breakout section that built pathos for the guy's psychic state, and then a very satisfying or at least decisive and moving end. An exaggerated dramatization of relationship difficulties/miscommunication -- how much do those closest to us even know us? Is anonymity, or at least the sense that no one notices something as major as a shaved mustache, a good thing or not? A tragic "obsession with the unverifiable." In general, I enjoyed the first forty or so pages, slogged through some interior passages of hypotheticals and paranoia, but then was on board once the setting changed. Thought at one point that it was 50 pages too long at 146 pages. Liked the '80s references to answering machines, cassettes, a Walkman -- it's a little like the French '80s version of "A Perfect Day for Bananafish." Liked that the author (like Handke, Cesar Aira, Moya, and probably dozens of others) includes the exact dates on composition at the end: not bad for five weeks! LOL'd maybe twice. Glad I read it, with reservations. Read most of it in bed while sick with hand, foot, and mouth disease -- in fact, I'd say it's a great book to read while mysterious blisters appear on your hands, feet, and face.
Da un’azione ordinaria come il rasarsi i baffi, il nostro protagonista senza nome assisterà allo stravolgimento della sua intera esistenza... Un romanzo breve e d’impatto in cui il talento dell’autore sta nel tenerti incollato alle pagine perché c’� quel desiderio impellente di sapere dove ti condurrà il lucido delirio del protagonista e in che modo si risolverà questa situazione così paradossale. Per certi versi mi ha ricordato �Uno, nessuno e centomila� di pirandelliana memoria, anche se Carrère preferisce puntare su quest’inesorabile vortice di grottesca paranoia e alienazione. Tra l’altro, ho appena scoperto, da questo romanzo ne è stata fatta una trasposizione cinematografica dal titolo “L’amore sospetto�.
ماجرا ب�� یک شوخی پیش پا افتاده در بستر زندگی روزمره شروع میشو� و زندگی قهرمان داستان را زیر و رو میکند� همه چیز در ابتدا خیلی ساده، دم دستی و سرراست به نظر میآی�. جوری که با خودت میگویی باید ادامه بدم؟ به تدریج خودت را در هزارتویی با جدارهها� ظریف و نازکی میان خیال و واقعیت، ملال و مالیخولیا پیدا میکن�.
داستان، هیچ جمله، دیالوگ یا عبارت تاثیرگذاری ندارد و نیازی به هایلایت کردن نیست، در عوض با عناصری روزمره، معمول، پیش پا افتاده و گاها ملال آور چنان درگیرت میکن� در لایهها� مالیخولیایی که تا انتها بارها و بارها شاهد تغییر نظر و عقیدها� که گمان میکرد� مبتنی بر استدلال منطقی راوی و ذهن خودت بوده مواجه میشو�. این یکی از معیارهای من برای قضاوت درمورد داستان است. اینکه مدام من را به شک بیاندازد در مواجهه با عقایدم. همین یک ویژگی داستانه� میتوان� از ما انسان بهتری بسازد، انسانی که از واژه� شاید بیشتر استفاده میکن�. تجربه خواندن داستان سبیل شبیه به تجربه افکار شبانه است. افکار، امیال، احساسات، رویاها و تجاربی که شبه� قوت میگیرند� بزرگ و اغراق آمیز و حتی جدی به نظر میرسن� اما به محض ورود اولین پرتو نور از لابلای پرده رنگ میبازن� و اهمیت خود را از دست میدهن�.
مردی در دوش صبحگاه� هر روزهاش� با همسرش این پرسش ساده را مطرح میکن�: «چطور است سبیلم را بزنم؟»
همین پرسش و به ظاهر مسئله� پیش پا افتادها� مانند تراشیدن سبیل، جانمایه� یکی از استخواندارتری� قصههای� میشو� که تاکنون خواندها�.
«امانوئل کارر» را متخصص ساختن و پرداختن هیولاها در کتابهای� میدانند� اینبا� نیز استادانه هیولایی غریب ساخته است: روان ناآرام و ذهن مشوشِ قهرمان قصه
در بیشتر مواقع برای مارک ناراحت بودم و سعی میکرد� درکش کنم؛ اما «آنیس» هم این وسط واقعا نیاز به دلسوز� و توجه داشت و به نظرم واقعا میخواس� به همسرش کمک کند...
هر چه در داستان پیش میرویم� ماجرا عمیق و عمیقت� و کتاب پرکششت� میشو� و نویسنده تیر آخر را با پایانبند� قصه در ۳-۴ صفحه� پایانی کتاب به مغز خواننده شلیک میکن�!