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cover title author isbn 8806195433
isbn13 9788806195434
asin 8806195433
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129
pp
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date pub 1997
date pub edition Feb 28, 2009
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Fra me e Mari non va; e non me lo spiego razionalmente. Lo trovo davvero bravo, sa scrivere, sa usare la lingua in modo plastico e raffinato, sa diseg
Fra me e Mari non va; e non me lo spiego razionalmente. Lo trovo davvero bravo, sa scrivere, sa usare la lingua in modo plastico e raffinato, sa disegnare con talento i suoi racconti (forse in modo anche un po� autocompiaciuto della sua bravura....ma è decisamente un peccato veniale); è originale; non scrive tanto per scrivere, ha un mondo tutto suo, legato all’infanzia e al suo essere luogo di tormenti interiori, di misteri, di fantasmi che vuole autenticamente raccontare al lettore; trovo interessante la sua visione anche un po� nevrotico-ossessiva dell’infanzia. Ecco, a fronte di tutto questo, ho letto i suoi racconti con una noia mortale addosso, continuavo a sperare che nel racconto successivo le cose sarebbero cambiate. Alcuni, soprattutto “Certi verdini�, mi sono piaciuti più di altri, ma in generale la lettura non mi ha mai coinvolto. C’� una cosa da dire: io non sono affatto nostalgica. Mi piace ricordare il passato (e come tutti inevitabilmente mi ci confronto spesso), ma non lo rievoco con quello struggimento tipico della nostalgia. Io, poi, non conservo un giocattolo, un oggetto, un abito, nulla...sono di quelle persone che, anche per fare ordine (e anche perché ho una casa piccola) periodicamente fa gran repulisti di tutto senza nessun attaccamento affettivo alle cose, senza rimpianti. Forse la sua (di Mari) radicale prospettiva nostalgica e la mia anti-nostalgica ci hanno impedito di incontrarci con soddisfazione. Vabbè, è andata così.
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cover title author isbn 8804493046
isbn13 9788804493044
asin 8804493046
num pages
182
pp
avg rating 3.93
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date pub Apr 10, 1925
date pub edition 2001
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Trascinata dalle belle recensioni che ho letto ultimamente qui su GR, sono stata felicemente indotta a leggere “Il grande Gatsby�. Ho avuto una sensaz
Trascinata dalle belle recensioni che ho letto ultimamente qui su GR, sono stata felicemente indotta a leggere “Il grande Gatsby�. Ho avuto una sensazione di spaesamento per almeno la prima metà del libro. Il contesto storico degli anni ruggenti che precedono la crisi del �29 è descritto benissimo, fin troppo bene, perché le feste, i fiumi di alcol, il caldo soffocante dell’estate in cui si svolge la storia, la ricchezza esagerata delle speculazioni finanziarie e del contrabbando, gli amorazzi, il charleston mi facevano girare un po� la testa, mi pareva che tutto fluttuasse come ghiaccio dentro ad un bicchiere di whisky (tanto per rimanere in tema). Varie volte sono dovuta tornare indietro con la lettura. Certo il libro, quando trova il suo perno attorno alla figura di Gatsby, diventa fenomenale. L’autore riesce a fargli incarnare l’effimero sogno americano degli anni ruggenti, la vacuità di un mondo costruito sul denaro che in realtà disperatamente cerca l’amore. Tutti lo cercano, Daisy, Tom, Jordan, eppure sanno trattare l’amore solo come un prodotto da comprare. Solo Gatsby cerca ancora l’amore con un idealismo assoluto, ingenuo e quasi anacronistico: lui che è il successo, il denaro, la realizzazione e il riscatto fatti uomo, l’uomo perfetto per quel mondo, in quel non ci sa stare davvero. La logica del denaro non gli appartiene: sembra il più corrotto e il più compromesso, invece è il più disarmante sognatore. Un puro di cuore in mezzo alla corruzione. Il sogno purtroppo non è all’altezza di sé; perché Daisy è una donnucola che misura tutto in soldi; perché i sogni superano sempre e comunque la realtà . La caparbietà con cui Gatsby insegue il suo sogno è raccontata in modo grandioso e straziante, quella luce verde in fondo alla baia verso è il simbolo di un’illusione che regge la vita di tutti noi. Bellissima, dolorosa e altrettanto simbolica è anche la solitudine del funerale di Gatsby. Pare di vederla quella scena sotto una lieve pioggia. Insomma, nonostante un certo mio disorientamento, il libro è un signor libro con un signor protagonista al centro. Credo che la chiusa del romanzo sia di una bellezza raraGatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. Ci è sfuggito allora, ma non importa: andremo più in fretta domani, allungheremo ancora di più le braccia... e una bella mattina... Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato. [image] Aggiungo che ho visto, dopo la lettura, le ultime due versioni cinematografiche, quella recente la cui interpretazione è affidata a Di Caprio, e quella degli anni Settanta (difficile reperirla!!) con Robert Redford. Ho guardato i film per ritrovarci il libro (non so se sia una giusta prospettiva...), per avere sguardi diversi dal mio sul romanzo. In quest’ottica, contrariamente alle aspettative, ho preferito l’ultima versione: meno romantica, più capace di descrivere la complessità di Gatsby, che non è solo l’innamorato sognatore, più spumeggiante, più adeguata al ritmo stesso del romanzo e che non accredita una storia d’amore che, al di là dei sentimenti di Gatsby, non esiste.
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isbn13 9788838934117
asin B0105ZKN1U
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592
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date pub 1979
date pub edition Jun 25, 2015
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Quanto mi è piaciuto, quanto mi sono sentita risucchiata dalla storia, tirata dentro per i capelli, coinvolta dalla vicenda dell’amore adolescenziale
Quanto mi è piaciuto, quanto mi sono sentita risucchiata dalla storia, tirata dentro per i capelli, coinvolta dalla vicenda dell’amore adolescenziale di David per Jade, un amore che si trasforma in un folle motivo di vita che trascina David in un baratro di azioni drammatiche, distruttive ed autodistruttive, negli USA yuppie, psichedelici e alternativi a cavallo degli anni Settanta. Più di tutto ho amato la fisicità con cui è scritto il testo: sono continui i riferimenti al corpo, a come il corpo incarni l’emozione. L’autore plasma le emozioni nei corpi dei personaggi come uno scultore, non le descrive, le scolpisce nelle loro viscere. E il lettore le sente vibrare nelle proprie. Non mi ricordo di aver mai apprezzato le scene di sesso in un romanzo: o mi hanno lasciato indifferenti o le ho trovate inopportune. L’incontro fisico di David e Jade dopo anni di separazione è bellissimo, coinvolgente, raccontato in modo superbo perché l’autore entra quasi nell’anatomia dell’amore, nel suo essere inseparabile da carne, nervi, muscoli, umori fisici, volontà totale di sconfinare nel corpo dell’amato. Il racconto non sfugge mai di mano a Spencer: l’ossessione amorosa è raccontata nelle sue dinamiche, prive di senso di realtà , ma con una loro propria coerenza; la lingua e il pensiero di David, che è la voce narrante del romanzo, sono capaci di rappresentare soggettivamente il mondo interiore di questo giovane troppo innamorato, troppo ingenuo, troppo sconvolto da una specie di follia che rimane tuttavia sempre internamente lucida; coerente l’autore nel mantenere il focus incentrato sulle emozioni piuttosto che eccedere nell’intreccio narrativo; infine credibili i suoi eccentrici personaggi, nel contesto degli anni Settanta. Insomma mi è piaciuto tantissimo e mi è parso anche che la scrittura sia all’altezza di un romanzo che ambisce a dare corpo all’amore come illusoria aspirazione all’assoluto.
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isbn13 9780520214262
asin 0520214269
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123
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date pub Apr 02, 1997
date pub edition Dec 14, 1999
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All’inizio sono rimasta quasi disorientata, e forse anche infastidita dall’elenco delle vie, degli incroci stradali , dei nomi di vecchi alberghi, di
All’inizio sono rimasta quasi disorientata, e forse anche infastidita dall’elenco delle vie, degli incroci stradali , dei nomi di vecchi alberghi, di vecchi cinema, di vecchie insegne, dalle ricostruzioni topografiche della Parigi occupata degli anni Quaranta, dalla lettura di documenti burocratici pieni di nomi, cognomi, date nascita e persino di numeri di protocollo. Non capivo la necessità di dover nominare tutto con tanta precisione, un tutto apparentemente poco significativo rimasto in tracce sbiadite e frammentarie nella migliore delle ipotesi. Invece poi, lentamente, il disegno dell’opera è emerso in tutto il suo valore sia letterario che morale, mi sentirei di dire. Modiano nomina le cose per farle esistere, per smascherare dietro le realtà visibili il passato da cui provengono, per tornare a dare vita ad un universo che è fatto di dettagli, numeri, cenni scoloriti che ci sta intorno silenzioso e da cui, grazie a Modiano, ci sentiamo interrogati. Pare di sentore risuonare i versi delle Corrispondenze di Baudelaire: per Modiano non la Natura, ma la Storia “� un tempio dove incerte parole mormorano pilastri che son vivi, una foresta di simboli che l’uomo attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari�. Modiano riesce, quasi solo scorrendo documenti d’archivio e vecchie testimonianze, senza aggiungere pressoché nulla, con la caparbietà di una missione morale, a dare corpo ad un invisibile che la Storia ha inghiottito e che pure ha costituito la Storia stessa. La Storia è quella dell’occupazione nazista di Parigi e di una ragazzina ebrea e della sua famiglia svanite nella massa anonima delle vittime. Ha qualcosa di quasi religioso il rispetto con cui Modiano si approccia alla Storia degli invisibili e al contempo di raffinatissimo dal punto di vista letterario: il suo elenco di documenti non si ferma alla cronaca o alla rassegna, ma diventa alto momento di letteratura, in cui, con abilità tutta letteraria, personaggi, luoghi ed eventi sembrano riaffiorare dal nulla o da aride carte per avere corpo, vita, dignità .
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isbn13 9788845911873
asin 884591187X
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424
pp
avg rating 4.10
num ratings 13,331
date pub 1932
date pub edition Apr 24, 1987
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Sono onestamente un po� in difficoltà nel parlare di questo libro. Vari anni fa ne lessi il prosieguo ideale, La cripta dei Cappuccini, di cui ricordo
Sono onestamente un po� in difficoltà nel parlare di questo libro. Vari anni fa ne lessi il prosieguo ideale, La cripta dei Cappuccini, di cui ricordo solo che mi piacque moltissimo. Quasi dovunque ho sentito parlare de La marcia di Radetzky come di un capolavoro. Ecco, inizio col dire: non ho trovato un capolavoro. Preso tutto insieme il libro ha un’architettura un po� disomogenea, anche con qualche discrepanza: procede per le prime duecento pagine con una lentezza al limite dell’immobilità , indugiando su dettagli poco significativi, non capaci di evocare un vasto orizzonte storico; fino a metà del libro i protagonisti sono quasi sconosciuti al lettore. Poi bruscamente il ritmo cambia, i personaggi agiscono in modo anche inatteso, perché balzano al centro di una scena di cui sono rimasti ai margini fino a qual momento (e parliamo di almeno 200 pagine); e poi ancora pause semi immobili e personaggi sbiaditi nuovamente. Roth pare oscillare fra la volontà di raccontare la lunga storia dei tre discendenti maschi della famiglia von Trotta (le donne nel romanzo non esistono quasi, solo due amanti piuttosto squallide e insignificanti) e la Storia (tramite i von Trotta), ma non allarga mai abbastanza lo sguardo perché la Storia diventi corposa e protagonista, al contempo non rende i personaggi centrali. Però, se complessivamente la storia non par ben architettata e ha passaggi davvero lentissimi, pesanti, che paiono diluiti fino a perdere consistenza, ci sono singole pagine francamente straordinarie. Lì davvero, episodicamente, c’� il capolavoro. Il genio di Roth si esprime in singoli ritratti o in alcune scene formidabili: il ritratto dell’imperatore Francesco Giuseppe incarnazione vivente, e ormai anacronistica ai primi del Novecento, di un mondo intero che sta per essere travolto, è un capolavoro, quello sì; l’incontro fra il capitano distrettuale von Trotta e l’anziano imperatore è altrettanto meraviglioso; e poi la scena della festa militare interrotta dalla notizia dell’attentato di Sarajevo, e ancora quella della pioggia sul parco di Schönbrunn mentre l’imperatore muore: bellissime; anche la figura del medico Demand o del vecchio servo Jacques sono riuscitissime. La penna di Roth è davvero straordinaria su brevi quadri, ma non è altrettanto efficace nel dipingere, come era forse nelle sue intenzioni, il vasto ritratto storico di un impero la cui fine trascina con sé un mondo intero.
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isbn13 9788854516045
asin 885451604X
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208
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date pub 2014
date pub edition Mar 22, 2018
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Con una discreta documentazione storica Guez descrive la vita di Joseph Mengele, uno dei più diabolici e mostruosi criminali nazisti, sfuggito alla ca
Con una discreta documentazione storica Guez descrive la vita di Joseph Mengele, uno dei più diabolici e mostruosi criminali nazisti, sfuggito alla cattura e vissuto in America Latina dopo la fine della guerra. Il racconto è interessante nella parte iniziale, quando l’autore ricostruisce l’ambiente filonazista argentino, una vera e propria comunità tutelata da coperture potenti e ricche, legate al governo di Peron, e sorrette dal progetto politico “della terza via� del generale argentino. La seconda parte, preponderante, in cui Mengele lascia l’Argentina post peronista per altri paesi del Sud America è tutto incentrato sulla sua figura, sola, vagabonda, braccata e spaventata. Il libro pare non riuscire mai ad assumere uno spessore letterario vero e proprio, rimane molto schiacciato su una cronaca che mescola in modo indeciso stile giornalistico e toni romanzati. Forse l’autore è in difficoltà nel mettere al centro un personaggio orrendo senza voler correre il rischio di mitizzarlo, di disegnare un diabolico genio del male che meriti considerazione per la sua scellerata eccezionalità . In questo Guez riesce certamente perché Mengele non ne risulta per nulla esaltato. Anzi, forse Guez rimane prigioniero di questo timore: il personaggio Mengele non decolla mai nel romanzo, non è mai tridimensionale, appare sempre piatto e troppo distante dal lettore, relegato a informazioni giornalistiche (nonostante un tentativo, poco riuscito, di tracciarne un profilo psicologo immaginandone pensieri e sentimenti). Pare quasi che anche l’autore sia intimorito e disturbato da questo mostro e che lo tenga a debita distanza! Così dal personaggio rimangono fuori Guez e con lui anche il lettore. La parte migliore è certamente quella iniziale di ricostruzione storica, ma è troppo breve, abbozzata, non sa assumere il giusto peso nel romanzo. Il libro è in definitiva interessante, discretamente documentato, si legge senza mai annoiarsi, è scorrevolissimo, senza cali di tensione, ma non mi sembra affatto una prova letteraria di spessore.
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isbn13
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date pub 1967
date pub edition Oct 12, 2011
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Il gatto è un bel libro. Non mi è ancora capitato di pensare diversamente di un romanzo (non Maigret) di Simenon: è l’ennesimo romanzo che si legge co
Il gatto è un bel libro. Non mi è ancora capitato di pensare diversamente di un romanzo (non Maigret) di Simenon: è l’ennesimo romanzo che si legge coinvolti nella storia, girando una pagina dietro l’altra senza che venga mai meno la tensione. Lui è veramente un maestro nel costruire atmosfere, nel dare corpo, colori, volti, gusti a circostanze che raccontano l’esistenza ordinaria quando, per un piccolo inciampo, rotola, in una catena di eventi fatale, verso la follia o il surreale: un surreale inquietante perché non è mai inverosimile, è il baratro che sta dietro l’angolo della vita di ognuno di noi, potenzialmente meno lontano di quanto non si creda. Il gatto è la storia di due anziani vedovi, vicini di casa, che si sposano per farsi compagnia, senza aspettative di grande amore né tanto meno di passione. La coppia vive in un empasse, cioè in un vicolo cieco, che diventa anche il luogo simbolico della loro opprimente relazione: la tranquilla vecchiaia si trasforma in una convivenza infernale che Simenon analizza impietosamente, con il suo sguardo fine di acutissimo psicologo. Nei giorni in cui stavo leggendo questo libro, la settimana scorsa, sono stata alla riunione di condominio. E� un piccolo palazzo in cui due signore, ormai molto anziane e sole, si odiano mettendo in atto offese, sgarberie e dispetti di ogni tipo, con uno spettro ampio che va dalla ripicca infantile all’inganno meschinamente diabolico, da vari decenni. Una, durante la riunione condominiale, appunto, ha minacciato l’altra di vendere il suo appartamento; io, dentro di me, ho esultato, invece era davvero una minaccia, perché l’altra ha accusato il colpo. A volte avere qualcuno da odiare può essere un motivo di vita. Triste, ma vero. E�, mutatis mutandis, la storia de Il gatto. Ci vorrebbe Simenon per raccontare la vita e le riunioni del mio condominio.
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isbn13 9788806159610
asin 8806159615
num pages
186
pp
avg rating 3.98
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date pub 1973
date pub edition Jan 01, 2002
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Una famiglia muta e triste ed un’altra ciarliera ed allegra. Sulla scorta della lettura di una biografia di Natalia Ginzburg scritta da Sandra Petrigna
Una famiglia muta e triste ed un’altra ciarliera ed allegra. Sulla scorta della lettura di una biografia di Natalia Ginzburg scritta da Sandra Petrignani, appena edita, ho deciso di affrontare due romanzi appartenenti a due epoche diverse della sua produzione. E� stato interessante incontrare di seguito due rappresentazioni della famiglia così distanti fra loro ad opera della stessa autrice. In entrambi i romanzi al centro c’�, appunto, la famiglia. In “Caro Michele�, libro del 1973, la famiglia è raccontata attraverso le lettere di amici e familiari di Michele (un protagonista quasi in absentia). E� una famiglia che assomiglia alle schegge di uno specchio rotto: in ogni lettera, nonostante sia indirizzata ad altri, pare che il mittente scriva a sé stesso, riflettendo le proprie solitudini, paure, fragilità . Lo specchio pare rotto, frantumato in modo irrimediabile, incapace di recuperare coesione ed unità . Il romanzo è scritto in una paratassi quasi esclusiva, costruita di frasi brevissime, che aumentano la percezione di frammentazione, piena di ripetizioni continue, fastidiose. La riflessione dei personaggi si fissa spesso su dettagli quasi insignificanti che amplificano l’effetto di straniamento, come se, isolati e chiusi in loro stessi, i personaggi non riuscissero a vedere nemmeno l’insieme del reale, ma solo frammenti drammatici. La famiglia di “Lessico famigliare�, edito nel 1963, è irriconoscibile rispetto a quella di “Caro Michele�. Tanto è angosciante la lettura di “Caro Michele�, quanto è piacevole, leggera e divertente quella di “Lessico famigliare�, racconto dichiaratamente autobiografico. La famiglia qui è un luogo lieto, spensierato, un caos piacevole (nonostante le disgrazie, che non turbano il tono ) in cui tutti hanno un posto, un’identità e in cui i legami non si perdono, nonostante le distanze fisiche. Bastano un’espressione o una parola del proprio lessico famigliare per ritrovare unità e intimità . Il libro è piacevole, scorrevole, scritto con disinvoltura ed abilità . Indimenticabili e simpaticissime le figure del padre, prof. Giuseppe Levi, e del fratello Alberto. (Certo che ci si sente di serie B a non vedere girare per casa tutti gli esponenti della cultura del proprio tempo come accade in questa famiglia....) Una famiglia muta e frantumata e un’altra ciarliera ed unita: sono due prospettive entrambe ben rappresentate per due romanzi riusciti (senza tuttavia essere capolavori).
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isbn13 9788806151683
asin 8806151681
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261
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cover title author isbn 8854511188
isbn13 9788854511187
asin 8854511188
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464
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date pub Dec 20, 2017
date pub edition Feb 15, 2018
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Ho fatto molta fatica a leggere questo libro, almeno fino ad un centinaio di pagine dalla fine, da quando il racconto, a partire dal mandato parlament
Ho fatto molta fatica a leggere questo libro, almeno fino ad un centinaio di pagine dalla fine, da quando il racconto, a partire dal mandato parlamentare della Ginzburg, trova una coesione che prima non aveva. Premetto che non ho mai letto biografie di scrittori e questo forse influenza il mio giudizio: non credo che esista luogo diverso, per incontrare un autore, che i suoi libri. La biografia non toglie e non aggiunge nulla ai libri, ma è di certo utile per ricostituire un personaggio (al di là del suo essere scrittore), a maggior ragione quando si tratta, come in questo caso, di una protagonista della vita culturale italiana per alcuni decenni. Sandra Petrignani ha una venerazione (tuttavia non acritica né sciocca o superficiale, sia ben inteso) per Natalia Ginzburg e forse, travolta da questa venerazione, ha scelto per questo suo saggio dai toni romanzati un criterio semplice: dire tutto quel che si può umanamente dire su Natalia Ginzburg. Il libro è iperdocumentatissimo a livelli impressionanti ed il risultato è una mole enorme di informazioni, senza chiari criteri di priorità , che riguardano tutto il possibile: le scarpe che porta Nat, l’arredo delle sue case e l’arredo delle case di amici e conoscenti (con visite documentate in loco); gli scorci dalle finestre delle sue differenti case; il suo carattere, i fratelli, i genitori, le amicizie (tutte storicamente importanti), ma anche i caratteri degli amici, dei fratelli, dei conoscenti; gli amori (di Nat), ma anche le storie degli amori degli amici e dei fratelli, dei conoscenti, dei genitori, dei parenti di terzo grado, e quelle delle relazioni extraconiugali degli amici e degli amici degli amici e dei parenti; i figli, ma anche i figli degli amici e le loro storie; i gusti culinari di Nat, ma anche quelli di chi la frequenta; i libri scritti da lei, ma anche da chi le sta intorno; i riassunti dettagliati di tutti gli articoli, dei racconti e dei romanzi (una delle cose che ho trovato più pesante, dispersiva ed irritante anche perché spoilera tutti i libri, se mai uno volesse leggersene uno!); le ricostruzioni degli scritti a partire dalla vita, ma anche la vita, là dove manchi qualche tassello dall’archivio impressionante della Petrignani, ricostruita fantasiosamente (la Petrignani lo ammette) a partire dai libri (...per un’autrice che aveva programmaticamente scelto “il vero� come fondamento della sua scrittura, mah...); la descrizione della tomba di Nat e quella di parenti, familiari, amici. Un caleidoscopio che ho trovato disorientante in cui c’� di tutto. Solo verso la fine il testo trova maggior coesione, come dicevo all’inizio. L’unico criterio di ordine che rimane alla Petrignani è quello cronologico, che tuttavia non è semplice da seguire lo stesso, perché spesso è costretta da anticipare e poi a riprendere. La figura della Ginzburg ne esce tuttavia bella e vivida, nonostante l’arrancare del lettore (nonostante il mio arrancare, almeno). Personalmente l’esito positivo di questa lettura è stato indurmi a leggere due romanzi della Ginzburg, che appartengono a due momenti molti diversi della sua produzione, “Lessico famigliare� e “Caro Michele� (grazie al suggerimento dell’amico lettore Roberto!).
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cover title author isbn 8806162810
isbn13 9788806162818
asin 8806162810
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164
pp
avg rating 3.97
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date pub Sep 03, 2007
date pub edition Sep 03, 2007
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Ero da tempo curiosa di leggere un libro di questo autore. Dunque questo libro ha rappresentato il mio battesimo con questo scrittore. Mi ha molto stu
Ero da tempo curiosa di leggere un libro di questo autore. Dunque questo libro ha rappresentato il mio battesimo con questo scrittore. Mi ha molto stupita (positivamente) l’arte raffinata con cui questo autore maneggia la lingua, mescolando un linguaggio aulico e ricercato al dialetto (temo tuttavia che il libro per i non lombardi sia inaffrontabile, è per metà scritto in varesotto); i riferimenti colti e i giochi di parole ad una specie di cultura agreste- bucolica: le due anime della scrittura di questo romanzo si incarnano nei due coprotagonisti, un improbabile bambino ipercolto, nutrito di fervida fantasia, saccente, dalla logica infallibile e un primitivo contadino varesotto con una demenza senile e una misteriosa storia da ricostruire. E poi nella vicenda, con grande abilità , si susseguono ambientazioni che mescolano storia, fantasia, gotico, giallo e horror in un succedersi di scenari avvincenti: lumache carnivore, scheletri in giardino, tedeschi e partigiani, gli sceneggiati Rai anni Settanta, le bottiglie piene di sangue in cantina, un’enorme casa di campagna dai misteriosi segreti. Tutto sta dentro ad una storia davvero ben congegnata e condotta con abile maestria dall’autore. A volte questo gioco letterario raffinato appare anche fin troppo ricercato ed artificioso....ma insomma bravo bravissimo Mari. DA QUI ATTENZIONE SPOILER Il finale è davvero incomprensibile, l’ho riletto più volte, boh, un mistero. Ho visto che molti nelle recensioni segnalano l’imperscrutabilità della pagina finale (che però mette in discussione tutto il resto!). Mah. Se qualcuno l’ha capito, batta un colpo. Forse Mari vuole dire che la storia raccontata non vede il confronto fra Michelino e Felice, ma fra il bambino Michelino, ricco di una straordinaria fantasia e l’uomo Michele cresciuto, che mescola la logica ricostruzione dell’uomo adulto e una storia fantastica dell’infanzia. E� un doppio Michele, insomma, a raccontarci la storia. Mah. Se, anche fosse così, quella pagina è affrettata, stonata, non adeguatamente inserita nella storia, superflua (poteva fermarsi una pagina prima) e incomprensibilmente ambigua. Peccato, la quarta stella mi cade qui sul finale....
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isbn13 9788804495994
asin 8804495995
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241
pp
avg rating 3.78
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date pub 1962
date pub edition Oct 31, 2001
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Un capolavoro. Tutto il resto che potrei dire mi pare non sia all’altezza di spiegare cosa regala questo libro. Chissà , poi, perché non l’avevo ancora
Un capolavoro. Tutto il resto che potrei dire mi pare non sia all’altezza di spiegare cosa regala questo libro. Chissà , poi, perché non l’avevo ancora letto. Bassani per quasi vent’anni corregge e rivede le versioni del testo: il risultato è un’opera raffinatissima, curata in ogni parte, in cui tutto, parole, immagini, vicende sembrano collocate al posto giusto, senza che sia rimasto nulla di ridondante o di superficiale. Tutti i vari piani del testo sanno fondersi, confondersi, trapassare l’uno nell’altro. Al centro della storia la vicenda di un gruppo di ventenni dell’alta borghesia ebrea che a Ferrara, nel 1938, cercano ostinatamente di vivere la spensieratezza della loro gioventù improvvisamente segnata dalla violenzìta discriminazione delle leggi razziali. Il cuore della vicenda è incarnato dal protagonista, di cui non si sa il nome, e dalla ragazza di cui si innamora, Micol Finzi Contini: Bassani sa disegnare due personaggi indimenticabili, raccontandone le sfumature psicologiche, le contraddizioni, le fragilità , costruendo personaggi a tutto tondo. Micol, poi, bella, brillante, colta, piena di vita, civetta, bugiarda è una delle figure femminili più riuscite di tutta la letteratura italiana. Intorno, ma senza mai essere solo contorno funzionale, amici e parenti. Indimenticabili anche Alberto Finzi Contini e Malnate. E straordinari i dialoghi, uno dei punti di forza dell’opera, soprattutto fra il protagonista e Micol; bellissimo anche lo scambio fra padre e figlio sulle delusioni d’amore. Bassani sa far convivere, in modo magistrale, la vividezza dei fatti, l’impatto forte dell’innamoramento, della delusione, della frustrazione, del corteggiamento, del tradimento, dell’umiliazione del razzismo antisemita con il costante presagio della fine, dell’imminente scivolare di tutta quella vita, piena di giovani speranze e di dolori pulsanti, verso il silenzio della fine, verso il baratro della guerra e dei campi di sterminio. Già nell’incipit, magistrale, bellissimo, lo scrittore descrive la tomba monumentale dei Finzi Contini nel cimitero ebraico di Ferrara: è vuota, anche se sono tutti morti. Ci anticipa l’epilogo tragico e crea un’atmosfera che avvolge il lettore: c’� un sentimento di distanza da quelle morti inghiottite dalla Storia, ma al contempo anche di partecipazione viva e pulsante nel rievocare la vicenda. La Storia non rimane sullo sfondo, ma sa intrecciarsi in modo significativo con la storia dei personaggi. E infine, non ultima, c’� Ferrara: viva, bellissima, amata, descritta nelle sue piazze, nelle strade, nelle mura, nelle biciclette che la attraversano, nel grandioso giardino privato, al centro della città , rigoglioso e spettacolare, che fu dei Finzi Contini (e che esistette davvero, proprietà di una ricca famiglia che scomparve nei campi di sterminio nazisti).
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isbn13
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347
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date pub Apr 1980
date pub edition Nov 30, 2017
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La Bellezza salverà il mondo E� straordinaria la Bellezza che riesce a creare questo romanzo. In una Normandia improvvisamente devastata e violentata d
La Bellezza salverà il mondo E� straordinaria la Bellezza che riesce a creare questo romanzo. In una Normandia improvvisamente devastata e violentata dall’invasione nazista del 1940 un ragazzino orfano di guerra (della Grande Guerra) e suo zio, un reduce di guerra “un po� strano�, resistono alla barbarie non tanto con le armi e con la partecipazione alla rete clandestina della guerriglia gollista, ma soprattutto con l’amore, con la fantasia, con l’immaginazione, con la speranza, con la testarda cocciutaggine di chi non si arrende perché forse è un po� folle, o forse ad essere folle è il mondo, e per cambiarlo bisogna saper trasformare la follia della violenza in quella dell’amore, della solidarietà , della speranza. Il tono è quasi fiabesco, per certi versi mi ha ricordato “La vita è bella� di Benigni per l’approccio alla tematica dell’orrore. La violenza e la brutalità della guerra sono attutite- tanto da divenire quasi un sottofondo- da una visione carica di poesia, da uno sguardo che contrappone il Bello al brutto, da personaggi straordinari e tanto inverosimili quanto credibili, se si pensa che il nazismo e i suoi orrori sono davvero accaduti e a pensarci pare tuttavia impossibile: lo zio Ambroise sognatore, innocuo e pacifico costruttore di aquiloni, ma non di meno capace di trasformare il mondo; il cuoco Duprat che lotta, a modo proprio, per un mondo migliore grazie ai suoi squisiti manicaretti; la signora Julie che con la sua lucidità disillusa diventa visionaria essa stessa. E a tenere insieme tutte le vicende avventurose- surreali e fin troppo reali al tempo stesso- Lila, il primo grande amore di un ragazzino che diventerà un uomo senza perdere la magia di quel sentimento puro e fortissimo, che nella sua vita sa rimanere indelebile ed intatto. E� l’ultimo libro di Romain Gary. Si suiciderà pochi mesi dopo la pubblicazione. Alla luce di questo romanzo, della Bellezza, del senso di fratellanza universale e della poesia che esprime, pare impossibile. Ma a leggerlo bene il suo romanzo voleva dirci che nulla deve stupirci di più della misteriosa convergenza fra possibile ed impossibile in quello straordinario mistero che è l’animo umano.
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isbn13 9788845902963
asin 884590296X
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68
pp
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date pub 1976
date pub edition Jun 01, 1988
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Dürrenmatt, ti prego basta, ho capito: -la realtà è frutto di un caos totalmente imprevedibile, non ci sono disegni divini, fatali tanto meno provviden
Dürrenmatt, ti prego basta, ho capito: -la realtà è frutto di un caos totalmente imprevedibile, non ci sono disegni divini, fatali tanto meno provvidenziali; -in virtù di ciò la pretesa di conoscere il reale, secondo le categorie causa-effetto, è illusoria. Ci sarebbero ovviamente molte osservazioni da fare, soprattutto sul punto due, ma non ne ho voglia. Mi sono stancata di questa abile pseudo letteratura filosofica. La parodia del mito edipico mi è sembrata faticosa per arrivare a ribadire le solite cose che in tutti i libri di Dürrenmatt si ripetono (io ne ho letti quattro e mi fermo qui); mi è sembrato che tra la profondità speculativa della tragedia di Sofocle e quest’opera ci sia l’abisso; mi è sembrato che Dürrenmatt, dopo aver costruito un racconto simbolico molto molto evidente (con una corrispondenza simbolo significato che assomiglia alla causa effetto che lui detesta tanto!) dia pure del tonto al suo lettore spiegandoglielo esplicitamente nelle ultime pagine. Ma ti prego. Filosofia spiccia e letteratura senza genio artistico.
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isbn13 9788845903267
asin 8845903265
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131
pp
avg rating 3.76
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date pub 1926
date pub edition Jun 01, 1977
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No, proprio non fa per me. Eppure è un’operetta raffinata, ben scritta, curata. Avevo visto il film molti anni fa, è aderentissimo al libro: mi sono r
No, proprio non fa per me. Eppure è un’operetta raffinata, ben scritta, curata. Avevo visto il film molti anni fa, è aderentissimo al libro: mi sono resa conto di non ricordare il finale...che mi sia addormentata? La stessa noia che non mi ha mai abbandonata lungo tutta la lettura forse ha avuto la meglio anche durante il film? Il libro è caratterizzato da un’intenzionale nebulosità onirica, da uno sconfinare dell’interiorità fuori del soggetto fino a far perdere il senso di realtà al lettore (e al protagonista). La rinomata vicinanza alle teorie freudiane l’ho sentita poco: l’eros e l’inconscio di Freud sono qui evocati in modo molto vago, quasi allusioni suggestive. Per i toni decadenti, il gusto del morboso, l’intreccio eros-thanatos, le atmosfere sentimentali e cupe mi ha ricordato altri brevi romanzi coevi, ambientati nella Vienna tra le due guerre, opere di scrittori mitteleuropei. Non discuto la qualità dell’opera, ma che pesantezza, che sensazione di un’abile costruzione letteraria distante dalla vera dinamica delle persone, delle coppie, del “sottosuolo� della natura umana. Diciamo che io della Vienna fra le guerre mi sento più vicina al Circolo filosofico che darà origine al neopositivismo, tanto per capirsi.
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isbn13 9788804533696
asin 8804533692
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265
pp
avg rating 3.68
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date pub 1916
date pub edition Jun 22, 1999
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Non avrei detto potesse coinvolgermi una storia di marinai e di navigazione. Invece sono rimasta avvinta dall’atmosfera sospesa, inquietante della sto
Non avrei detto potesse coinvolgermi una storia di marinai e di navigazione. Invece sono rimasta avvinta dall’atmosfera sospesa, inquietante della storia, dal suo protagonista giovane e non più giovane, che attraversa la linea d’ombra confrontandosi con la paura, con la responsabilità , con l’azzardo delle scelte, con il peso del destino, con l’imprevedibile, con il dover di rimanere nella propria vita, come un soldato in guerra, nonostante tutto. Il libro è scritto benissimo, è di grande raffinatezza nei toni nelle descrizione, nelle immagini che evoca, nei personaggi (anche quelli secondari) che disegna. Ho letto che Conrad impara a 28 anni la lingua inglese come terza lingua dopo il polacco e il francese. Sono rimasta stupefatta. Questo romanzo è un piccolo gioiello letterario frutto di un talento straordinario.
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isbn13 9788806232108
asin 880623210X
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163
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date pub Feb 14, 2017
date pub edition Feb 14, 2017
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Da anni leggo i libri dei vincitori o dei finalisti dei vari premi letterari italiani solo per curiosità o per seguire la moda o per intuire dove vada
Da anni leggo i libri dei vincitori o dei finalisti dei vari premi letterari italiani solo per curiosità o per seguire la moda o per intuire dove vada la letteratura italiana (ammesso e non concesso che i premi dicano davvero qualcosa della letteratura italiana) e sempre con grande delusione, a volte maggiore, a volte minore, penso che il livello è deludente, che non c’� mai nulla che davvero mi stupisca. Invece che colpo questa Arminuta. Una bomba. Non dico che sia Nabokov o Dostoevskij, anche perché è un breve romanzo (abbastanza, sono poco meno di 200 pagine) senza ambizioni di lettura del mondo o della natura umana. Vuole solo raccontare una storia. Ma lo fa benissimo. Avevo rimandato a lungo la lettura perché quel poco che sapevo della trama (arretratezza, povertà , figli abbandonati, adozione) mi scoraggiava così come il titolo e la copertina del libro (non so, non mi piace). Il contenuto della storia, raccontato così, è del tutto fuorviante. Questa storia ha qualcosa che morde dentro, perché si ficca nella pancia di ognuno di noi, quella pancia da cui prendiamo vita e da cui inizia il nostro difficile percorso di costruzione di identità . C’� un contrasto fortissimo e riuscitissimo fra il coinvolgimento emotivo che sa suscitare la storia e la lingua scarna, sobria, cesellata, molto descrittiva, denotativa, attaccata ai fatti, ruvida, quasi scabra come i luoghi che descrive. La protagonista parla in prima persona, ma è quasi distaccata da sé, da quanto è incredula essa stessa della sua vicenda, incapace di comprenderla sia razionalmente che emotivamente. Il libro realizza un equilibro mirabile fra la parola e le immagini evocate, ha qualcosa di incantevole, perché è (intenzionalmente) grezzo e anche ricco di grazia, poetico. Se ha un limite, è che è un libro troppo unilateralmente femminile: c’� un vuoto strano ed assordante sulla figura del padre, sia da parte dell’autrice che da parte conseguentemente della protagonista. Bellissimo comunque.
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isbn13 9788882463663
asin 8882463664
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175
pp
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date pub Aug 28, 1992
date pub edition 2005
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Ero curiosa da tempo di leggere questa scrittrice. Forse ho beccato il libro sbagliato, non so: insensato, vacuo, preteso ironico e paradossale. E� un
Ero curiosa da tempo di leggere questa scrittrice. Forse ho beccato il libro sbagliato, non so: insensato, vacuo, preteso ironico e paradossale. E� una lunga intervista (immaginaria) ad un premio Nobel per la letteratura odioso e misogino che alla fine si rivela un assassino. Forse voleva essere una parodia dei mostri sacri della letteratura, del circo mediatico che li rende tale speculando ottusamente, dei lettori gregge. L’esito però è molto povero e scontato, noioso. Un unico passaggio tratterròSono i lettori-rana. Costituiscono la stragrande maggioranza dei lettori umani, e tuttavia ne ho scoperto l’esistenza molto tardi. Sono così ingenuo. Pensavo che tutti leggessero come me; io leggo come mangio: questo non significa solo che ne ho bisogno. Significa soprattutto che entra nelle mie componenti e che le modifica. Non si è gli stessi che si mangi sanguinaccio o caviale; allo stesso modo non si è gli stessi se si è appena letto Kant (Dio ne scampi) o Queneau. In realtà , quando dico “si�, dovrei dire “io e qualche altro�, perché la maggior parte della gente emerge da Proust o da Simenon in uno stato identico, senza aver perduto una briciola di ciò che erano e senza aver acquisito una briciola in più. Hanno letto, ecco tutto: nel migliore dei casi, sanno “di che cosa parla�. Non pensi che esagero. Quante volte ho domandato a persone intelligenti: «Questo libro vi ha cambiato?» E mi hanno guardato, gli occhi sgranati, con l’aria di dire: «Perché avrebbe dovuto cambiarmi?» � Mi permetta di stupirmi, signor Tach: lei ha parlato da difensore dei libri “a messaggio�, cosa che non le assomiglia. -Lei non è particolarmente sveglio, eh? Crede dunque che siano i libri “a messaggio� a poter cambiare un individuo? Invece sono quelli che lo cambiano di meno. No, i libri che segnano e che trasformano sono gli altri, i libri di desiderio, di piacere, i libri di genio e soprattutto i libri di bellezza. Guardi, prendiamo un grande libro di bellezza: Viaggio al termine della notte. Come non essere un altro dopo averlo letto? Ebbene, la maggioranza dei lettori superano quel tour de force senza difficoltà . Dopo ti dicono: «Ah sì, Céline è formidabile» e poi tornano ai fatti loro. Io sono passata attraverso questo libro della Nothomb come una rana, in effetti. Però bisognerebbe parlare anche di quei libri perfettamente inconsistenti ed impermeabili che non lasciano nulla e che riducono i lettori inevitabilmente a rane.
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isbn13 9788806211561
asin 8806211560
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160
pp
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date pub Aug 04, 2011
date pub edition 2012
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Pur avendo già letto la trama prima di iniziare il romanzo, il colpo di scena c’� stato: non avevo intuito il finale. La trama è apparentemente quasi
Pur avendo già letto la trama prima di iniziare il romanzo, il colpo di scena c’� stato: non avevo intuito il finale. La trama è apparentemente quasi un pretesto per una riflessione sul tempo intensa, acuta, meditata, carica di sapienti rimandi filosofici. Ci sono passaggi che sembrano parafrasare il famoso libro XI delle Confessioni di Agostino sulla natura del tempo: il tempo è solo la percezione che il soggetto ne ha, non ha realtà se non nel ricordo dell’individuo. Per tre quarti del romanzo la trama sembra solo l’appoggio, nemmeno così interessante, per una lunga riflessione sul tempo soggettivo, sulle sue menzogne, sulle sue illusioni, sulle sue distorsioni, su quanto costituisca la nostra identità . La ricostruzione delle illusioni giovanili nei discorsi degli amici del liceo è splendida. Invece il colpo di scena finale, se è vero che non è capace di spiegare efficacemente molti aspetti della storia (perché questa Veronica ce l’ha tanto con Tony? Per una lettera malevola scritta quarant’anni prima? Rispetto alle responsabilità dei protagonisti della vicenda quella lettera è solo una piccola cattiveria insignificante casualmente rivelatasi profetica), è capace di rovesciare la riflessione di tutto il libro: la storia non è solo la dolce e illusoria e rassicurante ricostruzione che ognuno ne può fare, non è solo una dimensione interiore, è anche fatti duri, reali, tragici. Il figlio disabile non è una ricostruzione: è vero ed è l’esito di fatti veri, di cui gli uomini portano sulle spalle la responsabilità . E la storia di fatti duri non consente più di leggere il suicidio di Adrian come la coraggiosa coerenza di una visione del mondo, ma come la disperazione (più umana, più vile, più banale) di chi si trova di fronte a conseguenze vere di fatti veri. L’idea che la storia sia menzogna ed illusione si rivela illusoria e ingannevole a sua volta: la storia fuori di noi esiste, è l’esito delle azioni di tutti noi, non ha la dignità dello sviluppo logico coerente, ma piuttosto di un “accumulo�, come dice nelle ultime parole, che tutta l’umanità contribuisce a creare. Il libro è bellissimo, in sostanza, peccato per lo scricchiolamento della trama che non sa essere perfettamente coerente. Forse Barnes voleva scrivere un saggio sul tempo soggettivo ed oggettivo e l’ha rappresentato così, senza investire adeguatamente sulla tenuta della trama. Forse invece gioca sull’espediente letterario della cedevolezza della memoria (i ricordi si Tony sono chiaramente incongruenti) per creare un aura di mistero e di sospeso che, tuttavia, non costituisce certo il valore del libro. Forse il libro voleva dare realtà alla visione che sottendente tutto il libro e che è esplicitante esposta: la vita non all’altezza delle sue aspettative. Allo stesso modo la trama non è all’altezza delle sue riflessioni sul tempo. Mi ha colpito, nelle mie scorribande in rete, che molti si domandino cosa voglia dire la fine, parlando di ambiguità , di fine sospesa e misteriosa. A me la trama pare chiarissima, non c’� nulla da intuire, è spiegato tutto (a meno che io non abbia capito male), nonostante alcune incoerenze. C’� un passaggio che forse può essere illuminanteCerte volte penso che lo scopo dell’esistenza sia quello di riconciliarci, per sfinimento, con la sua perdita finale, dimostrandoci che, indipendentemente dal tempo che ci vorrà , la vita non è affatto all’altezza della propria fama . E forse anche le incongruenze della trama in modo intenzionale non sono all’altezza del libro: la vita non è capace di dar ragione di sè, non è all’altezza della sua fama, figuriamoci un libro. Un libro che tuttavia è raffinato, profondo, ben scritto, con passaggi magnifici.
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isbn13 9788854514980
asin 8854514985
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240
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date pub May 02, 2017
date pub edition Nov 09, 2017
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La raccolta di Ferris mi è piaciuta, l’ho letta volentieri, ho sentita autentica la capacità di rappresentare solitudini, vite ordinariamente spezzate
La raccolta di Ferris mi è piaciuta, l’ho letta volentieri, ho sentita autentica la capacità di rappresentare solitudini, vite ordinariamente spezzate, disorientamenti dell’uomo contemporaneo. Pur nell’inverosimiglianza delle storie, i personaggi di Ferris sono credibili nel dolore sordo, rimosso e incomunicabile che trasmettono. L’autore non intende coinvolgere emotivamente il lettore, non sono racconti trascinanti, né gravati da un’atmosfera cupa e opprimente: lasciano l’effetto dei quadri di Hopper in cui da dietro un vetro pare di osservare scene mute di solitudine. Ho apprezzato meno- e l’ho trovato personalmente il limite della raccolta- la ricerca talvolta un po� artificiosa di soluzioni accattivanti o pretese originali come i finali a sorpresa (un po� troppo incoerenti con ciò che precede) o la narrazione senza ordine cronologico aperta a diverse opzioni possibili alla sliding doors. Non ce n’era bisogno, i suoi personaggi sono carichi di una sofferenza autentica capace di parlare da sé, senza eccesso di artifici tecnici. Concludo osservando che la copertina è divertente ed acchiappante (!) .....ma non mi pare che rappresenti lo spirito del libro
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