«Mio padre sapeva?» «Non lo so. Non ho visto. Non mi è stato detto nulla. Non ho notato nulla. Non c’ero. Queste e simili frasi ritoStoria di mio padre
«Mio padre sapeva?» «Non lo so. Non ho visto. Non mi è stato detto nulla. Non ho notato nulla. Non c’ero. Queste e simili frasi ritornano continuamente nelle dichiarazioni raccolte dai testimoni vent’anni dopo la guerra. Amnesia collettiva. Cecità . Sordità . Non sappiamo nulla.»
[image] Opera di Andrew Wyeth. (dalla )
Sceglie invece di sapere Martin Pollack, che solo da adulto (è nato nel 1944), dopo aver scoperto la vera identità del padre biologico (Gerhard Bast, che fu un ufficiale delle SS e della Gestapo e i 9 marzo 1947 fu ritrovato, ucciso, in un bunker nei pressi del confine del Brennero), e cresciuto da un patrigno che fino all'età di quattordici anni aveva creduto fosse il suo vero padre (in una famiglia di tedeschi di Slovenia che fino alla fine rimase nazista), avvia una vera e propria indagine per ricostruirne la storia privata e la carriera, ma che finisce per rivelarsi anche un grandioso affresco della storia di un’epoca e di una regione, la Stiria austriaca, dove il nazionalsocialsmo tedesco (nonostante nel 1933 l'NSDAP, il partito nazista, in Austria venne messo fuorilegge) iniziò a covare nel risentimento fra i tedeschi e gli sloveni, fino ad attecchire per poi spianare la strada all’Anschluss tedesca.
Dichiarava il nonno dopo la fine della guerra: «Sono nato a Tüffer, che oggi si trova in Jugoslavia, e sono pertanto tedesco della frontiera linguistica, e lì ho trascorso la mia gioventù fino a trent'anni. Per tutto questo periodo tra noi tedeschi e gli sloveni infuriò una lotta durissima per la nostra lingua e la nostra identità e cultura*. La conseguenza naturale di questa lotta fu che noi Volksdeutschen siamo sempre stati nazionalisti - ben prima che vi fosse anche soltanto l'idea della NSDAP - e tali rimaniamo. Un cosiddetto "cambio di colore" non l'abbiamo mai accettato, e ce ne siamo sempre e del tutto tenuti ben distanti.»
[image] Gerhard Bast con i suoi genitori (i nonni di Martin Pollack) ad Amstetten nel 1944
Il lavoro di ricerca e ricostruzione di Pollack (che purtroppo si arena spesso fra l'assenza di testimonianze dirette - egli stesso ammette più volte di non aver mai avuto il coraggio di chiedere direttamente alla madre, al patrigno (di cui portò sempre il nome) e ai nonni paterni - e i documenti distrutti dalla guerra o dai nazisti stessi) è imponente, e la sua voce si colloca fra quella squisitamente intimista di Uwe Timm (Come mio fratello), il bellissimo romanzo di Éric Vuillard (L'ordine del giorno) e le conferenze storiche di W.G. Sebald (Storia naturale della distruzione) sui bombardamenti delle città tedesche e il senso di colpa e l'amnesia collettiva che sembrarono colpire il popolo tedesco alla fine della guerra.
«L’onore del tedesco, un uomo d'onore; un comportamento onorevole, tuo padre si è sempre comportato con onore, quante volte ho sentito queste parole, me le inculcava mia nonna. Se qualcuno ti chiede che cosa faceva dì che era consigliere governativo.»
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Ho apprezzato molto il tono di Pollack, la sua capacità di mediare la vera e propria indagine con lo stupore e il dolore privato, l'essere persona - figlio e nipote di due nazisti (anche il nonno lo fu, in maniera forse meno decisiva da un punto di vista delle azioni, ma senz'altro anch'egli convinto nelle motivazioni) e storico, ricercatore appassionato non solo per la natura e la spinta privata, ma anche mosso dall'interesse per la conoscenza delle radici della sua famiglia e del suo popolo, le domande che pone a se stesso quando si ferma a sottolineare che suo padre non può essere stato altro di diverso da quelllo che furono tutti gli ufficiali nazisti di cui si hanno invece notizie certe.
Personalmente ho imparato molto, scoprendo una parte di Storia (quella che appunto riguardno la Carinzia, la Stiria inferiore e i paesi di confine a lingua tedesca) di cui ignoravo praticamente tutto, a partire dall'usanza a me del tutto sconosciuta dei duelli di iniziazione studentesca - «Il volto del giovane Bast divenne inconfondibile soprattutto dopo la guerra, quando entrò in clandestinità per sottrarsi all’arresto. Il rito iniziatico propedeutico all’ingresso nelle Burschenschaften, organizzazioni degli universitari tedeschi, gli segnò le guance con due cicatrici chiamate Schmisse. Gli studenti, a cui era già proibito il contatto con gli ebrei, per accedervi dovevano combattere un duello con la spada strettamente regolamentato» (dall' su Martin Pollack).
[image] Gerhard Bast studente a Graz, alla fine degli anni Venti. Le medicazioni sul viso sono conseguenza di un duello. Le guance dell’ufficiale delle SS erano solcate dalle “Schmisse�, le cicatrici tipiche degli studenti nazionalisti che si sfidavano con le spade.
Fra i puntini di sospensione il desiderio, il presagio, di non restare mai senza di lei, nemmeno per un momento; fra l'inizio e la fine, fra l'incipit e l'explicit, la vita, i cinquantotto anni trascorsi insieme.
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(*) Facendo riferimento a Il traditore - The Traitor, in cui parla e si rivolge a Dorine, ma in termini opposti alla realtà della loro relazione....more
Amok è un'ossessione, Zweig invece è diventato una passione! La capacità di quest'autore di coinvolgere sin dall'incipit dei suoi raccontPassione Zweig
Amok è un'ossessione, Zweig invece è diventato una passione! La capacità di quest'autore di coinvolgere sin dall'incipit dei suoi racconti è incredibile: dopo poche righe diventa impossibile staccarsi dalle sue storie e ci si ritrova catapultati in epoche e situazioni che travolgono tutti i sensi, in mondi lontani dove il tempo e lo spazio sono diluiti e concentrati allo stesso tempo. L'io narrante, tanto caro a Zweig, permette al lettore di accomodarsi accanto al vero protagonista della storia (un medico europeo che fa ritorno in patria da una colonia d'Oriente) sul ponte di una nave che sta riportando entrambi a casa e di rivivere, attraverso le sue parole, la sua incomprensibile follia, la sua delirante ebbrezza, il suo tragico rammarico. Le notti in mare sono stellate, in alto brilla la costellazione della Croce del Sud ma, nonostante ciò, i due viaggiatori riusciranno a malapena a scorgere l'uno il viso dell'altro: la situazione ideale per confessare il proprio segreto e la propria dannazione....more
Pensieri che si sovrappongono, momenti di delirio e momenti di lucidità . Frenesia, concitazione, premeditazione, imp«L'aria è frizzante come champagne»
Pensieri che si sovrappongono, momenti di delirio e momenti di lucidità . Frenesia, concitazione, premeditazione, improvvisazione. Un flusso inarrestabile prima frizzante, scoppiettante, poi via via che la rabbia e l'impossibilità di decidere liberamente prendono il sopravvento, ed Else si sente chiusa in un angolo, i pensieri diventano febbrili, concitati, sincopati.
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Mi viene da pensare alla Sconosciuta di Zweig, in fondo i due racconti brevi sono stati scritti a soli due anni di distanza l'uno dall'altro e Zweig e Schnitzler, entrambi viennesi, erano contemporanei. Ma quanta differenza c'è, quant'è Ottocentesca la Sconosciuta che pure io ho amato tanto, così come tanto amo la scrittura di Zweig, rispetto a Else, così moderna e proiettata nel futuro! Schnitzler, che Freud considerava il suo doppio letterario, raccoglie a piene mani gli studi sulla psicoanalisi e la personalità freudiani e li trasfonde in Else, più di quanto aveva fatto in «Fuga nelle tenebre», utilizzando l'espediente letterario del «monologo interiore» in maniera stupefacente: mai prima d'ora mi ero sentita letteralmente trascinata dentro la mente di qualcuno così come Schnitzler mi ha portata nell'altalena emotiva dei sentimenti di Else.
Schnitzler è abilissimo nel realizzare quello che io da anni sogno di fare, attaccare una pen-drive al mio cervello per scaricare un'intera giornata di pensieri, in un flusso continuo e inarrestabile di coscienza; lui lo fa insinuandosi nella mente di Else e registrando tutti quegli sbalzi di umore che solo una situazione limite, come quella vissuta dalla giovane viennese, un essere umano può attraversare e vivere così intensamente nel passaggio che porta, come in una vertiginosa discesa delle montagne russe, dalla spensieratezza verso il delirio e la follia.
Il mio primo ebook acquistato da me medesima su Amazon.it :-)
Tom Cruise che tu sia maledetto: sono anni che per colpa tua e di Kubrick (ma lui lo perdono molto più volentieri) non leggevo Schnitzler! Per fortuna sono sempre disposta a perdonare, Schnitzler però, solo lui. Cosa mi stavo perdendo: dopo Fuga nelle tenebre un'altra storia meravigliosa, un altro viaggio nella mente....more
Commenti in tempo di crisi (due commenti in uno) - reprise
Qualche tempo fa, correva ancora l’anno 2016, scrivevo così a un’amica anobiiana: Il carteggCommenti in tempo di crisi (due commenti in uno) - reprise
Qualche tempo fa, correva ancora l’anno 2016, scrivevo così a un’amica anobiiana: Il carteggio Zweig/Roth è stato il graditissimo regalo di un'amica anobiiana [un’altra, evidentemente!] con la quale condivido la data di nascita. Se ti appassiona almeno uno dei due (I love Zweig, ma ormai ho fatto pace anche con Roth), se ti piace il periodo storico, se la Mitteleuropa è per te un luogo geografico ancora esistente sulle mappe geografiche... beh, cosa aspetti a leggerlo? (Ecco, senza volere ho scritto l'incipit del mio commento!)
Per tutto il resto (avevo anche scritto che dopo aver letto il suo il mio commento sarebbe stato di cazzeggio puro) rimando all�esauriente commento di lettura di Rosenkavalier: impossibile fare meglio di così ed essere più accurati.
Tre generazioni di Alt si susseguono al numero 10 di Seilerstätte a Vienna. Tre generazioni di fabbricanti di pianoforti, chiamati "laIl mondo di ieri.
Tre generazioni di Alt si susseguono al numero 10 di Seilerstätte a Vienna. Tre generazioni di fabbricanti di pianoforti, chiamati "la Melodia di Vienna", che dalla fine dell'Ottocento, obbedienti alla decisione del capostipite di vincolare tutti gli abitanti ad abitare la stessa palazzina di tre piani, fino all'Anschluss, si danno il cambio nelle stanze e negli appartamenti della signorile palazzina voluta dal suo fondatore, Cristoph. All'ascesa e al successo della casa musicale, baciata dal tocco magico delle mani di Mozart e di Beethoven e dall'approvazione della casa dell'Imperatore, a quella che sembra essere una fortuna inarrestabile, corrispondono quella che appare come la salda e paterna guida dell'Imperatore dell'Impero austro-ungarico Francesco Giuseppe e l'esempio che l'Austria Felix offre a tutto il mondo. Il romanzo si apre sulla seconda genarazione, quando l'ingresso in scena di Henriette, di famiglia ebrea (ma non di religione ebraica, come Lothar ci tiene a precisare e a descrivere chiaramente, a testimonianza del fatto che molti ebrei austriaci erano non solo integrati nella vita della società civile, economica, artistica e politica, ma faticarono a capire le ragioni per cui furono successivamente perseguitati), fidanzata del mite Franz, che deciderà in suo onore di costruire un quarto piano, è capace di provocare una frattura insanabile e diventare al tempo stesso punto di svolta e pietra angolare per la storia e i destini di tutta la famiglia. Pagine bellissime, animate dallo sfarzo e dal romanticismo che permeava la meravigliosa Vienna dell'impero asburgico, di musicalità e dedizione, di nascite e di morti improvvise e tragiche, di amori e passioni nascoste, di feste piene di luci e vicoli bui dove si consumano gli incontri clandestini, di bugie e promesse eterne, di tradimenti e di carrozze che si allontanano nella notte. Ma la Storia, quella vera, la conosciamo tutti, e l'espediente di Lothar, quello di intrecciare alle vicende degli Alt quelle dei personaggi storici dell'epoca, in alcuni casi romanzandone la storia, ci preannuncia, senza che sia possibile dimenticarsene, come il suono di un pendolo che batte le ore, la caduta che verrà . La voce di Lothar è nostalgica, come già furono le voci di Zweig - suo amico - e quella di Joseph Roth; innamorata, incredula, incapace di comprendere il nulla che segue alla disfatta in guerra, di dare un senso ai mutamenti che consegnano il paese prima al comunismo, e alla lotta violenta dei lavoratori, poi all'ascesa di Hitler, nella negazione progressiva di tutti quei privilegi e di quelle libertà , innanzitutto di pensiero, che avevano caratterizzato l'Austria libera; e la sua, ancora una volta come quella del suo amico Stefan Zweig, è la voce di chi è costretto, per aver salva la vita, a fuggire, ad abbandonare il suo paese e ad attraversare l'oceano. Non perfetto, non immune da alcune lungaggini che ne rendono la lettura meno fluida e priva in alcune parti di ritmo, «La Melodia di Vienna» resta comunque un bel romanzo, una meravigliosa immersione nell'atmosfera mittleuropea di fine de siècle, la testimonianza romanzata di quello che Stefan Zweig (mi si perdonerà se lo cito per la terza volta, ma il legame fra i due autori era molto forte) aveva già raccontato, in maniera ancora più drammatica, ne «Il mondo di ieri», la storia e la caduta di un impero che sembrava intramontabile e indissolubile, alla quale Lothar affianca la storia di una famiglia che sembra esserne lo specchio, protetta dalla fortuna e dallo sguardo benevolo dell'angelo musicante.
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E anche qui, come già indicato nel mio commento a «La Cripta dei Cappuccini» di Joseph Roth (immediata lettura conseguente a questa), fanno la loro fuggevole e defilata comparsa i banchieri Ephrussi, famiglia protagonista dello splendido «Un'eredità di avorio e ambra» di Edmund de Waal.
«Vienna era la capitale di un regno, e la capitale di un regno doveva avere un regno; che, però, non esisteva più. L'Austria era l'idea dell'unificazione di nazionalità diverse in uno Stato sovrannazionale; nazioni unite prima ancora che esistessero gli Stati Uniti; quell'idea era ormai ridotta al cumulo di macerie.»...more
La signorina Irene. Non il miglior Zweig. La scrittura è ancora troppo contorta, affettata, legata a schemi ottocenteschi. È bellLa signorina Irene. e 1/2
Era imbarcato su una nave passeggeri diretta da New York a Buenos Aires, nel 1942. Giocava a scacchi con Czentovic, povero cHo sentito la voce di Zweig
Era imbarcato su una nave passeggeri diretta da New York a Buenos Aires, nel 1942. Giocava a scacchi con Czentovic, povero contadino slavo, privo di qualsiasi talento, ma campione mondiale di scacchi. Era seduto sul ponte con il Professor B., austriaco come lui, come lui esule. Era il Professor B., mentre giocava contro se stesso la partita della vita. Ho sentito forte la sua voce rimpiangere un mondo che non c'era più, un'epoca svanita sotto i suoi occhi, mentre la follia di uno si espandeva a macchia d'olio e conquistava le terre e le menti di molti. L'ho visto combattere, ribellarsi, opporsi. E poi l'ho sentito ancora, mentre giocava e rigiocava la sua partita con la vita: quante volte l'avrà giocata e quante volte sarà finita "patta"? Poi ad un certo punto non ho sentito più nulla. Stefan Zweig si suicidò a Petropolis, vicino Rio de Janeiro, insieme alla seconda moglie Lotte pochi mesi dopo aver scritto "La novella degli scacchi". Già testimone della "Finis Austriae" forse non trovò, esule e vittima di una nuova caduta, dinnanzi all'avanzare inarrestabile del nazismo, la forza di assistere anche alla fine dell'Europa. Mai come questa volta la sua voce arriva forte e chiara, come un canto d'addio. ...more
(Altro splendido gioiello della Piccola Biblioteca dell'Adelphi: se continua così finisce che me li compro tutti in bloccoLettera ad un amore mai nato
(Altro splendido gioiello della Piccola Biblioteca dell'Adelphi: se continua così finisce che me li compro tutti in blocco e non se ne parli più.) Immaginate di trovarvi a Vienna, ai primi del secolo, e di essere un uomo piacente, un famoso romanziere, al quale il proprio domestico porti, nel giorno del suo quarantunesimo compleanno, su un vassoio, la posta del giorno. Su quel vassoio, una donna sconosciuta vi consegnerà la propria vita: una vita vissuta nell'ombra e nell'assoluta dedizione nei confronti di un amore che non è mai stato; la storia di due vite che si sono sfiorate, toccate, avvinte e intrecciate fino alla morte in un legame indissolubile. La sconosciuta vi consegnerà su un vassoio, tra un vaso azzurro e l'assenza di un mazzo di rose bianche, il suo amore che non è mai stato. Al romanziere, per una volta, non resterà che leggerlo questo amore e sentirne solamente un'eco lontana, come di una musica. ...more
«Se io non sono per me, chi è per me? E, se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?» - [Hillel il VecchiNon succede nulla, eppure.
«Se io non sono per me, chi è per me? E, se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?» - [Hillel il Vecchio - Talmud] -
«La noia, di cui spesso soffrivo, era la noia d'un ingenuo coltivatore di rose a un congresso di fabbricanti di automobili. [...] Qui nel bosco, in realtà mi trovo al posto che mi spetta. Non serbo rancore ai fabbricanti di automobili, del resto hanno perduto qualsiasi interesse da molto tempo. Ma quanto mi hanno tormentata, tutti loro, con cose che mi ripugnavano. Avevo solo questa piccola vita, e non me l'hanno lasciata vivere in pace.»...more
Io sono stordita da questa lettura. Leggo le parole di Zweig e ho voglia di leggere Henry James. Continuo a leggere Zweig e ho vogUno, Zweig, centomila!
In poco più di cinquanta pagine Zweig, con una scrittura ancora più "ottocentesca" e raffinata che non quella di LetterCome un vecchio valzer viennese
In poco più di cinquanta pagine Zweig, con una scrittura ancora più "ottocentesca" e raffinata che non quella di Lettera di una sconosciuta (che però ho amato molto di più!), ci regala un personaggio indimenticabile: un solitario, un intellettuale che trascorre le sue giornate, seduto ad un tavolino di un bar di Vienna, assorto nella lettura. Tutto sembra trapassarlo, niente sembra riesca a distrarlo o a colpirlo: distante da tutto ciò che lo circonda vive una perenne astrazione dalla realtà ; l'unica sua compagnia sono i libri, l'unica cosa che riesca ad illuminargli lo sguardo è sfogliare quel fantastico archivio che è la biblioteca della sua mente. Nel ricordo di un'anziana donna delle pulizie e di uno studente di tanti anni prima Mendel ritorna alla vita. Sullo sfondo la prima guerra mondiale e i campi di internamento, triste presagio di altri orrori e di altri campi. (...) Io per anni avevo dimenticato Mendel dei libri, proprio io che avrei dovuto sapere che i libri si fanno solo per legarsi agli uomini al di là del nostro breve respiro e difendersi così dall'inesorabile avversario di ogni vita: la caducità e l'oblio. ...more
Letto in contemporanea al racconto lungo di Schnitzler, a mio parere insostituibile La graphic novel è molto bella ed anche la sintesiDa solo non basta
Letto in contemporanea al racconto lungo di Schnitzler, a mio parere insostituibile La graphic novel è molto bella ed anche la sintesi operata sul testo è buona, ma la vera forza de La signorina Else è il monologo interiore, che si perde quasi completamente in questa versione. Bellissimi il formato quadernone e i disegni di Manuele Fior.
C'è un po' di insoddisfazione da parte mia al termine di questi due racconti: brevi, brevi, troppo breviLa vendetta è un piatto che si consuma freddo.