One Pair of Feet inizia quando Monica decide di diventare infermiera all'inizio della seconda guerra mondiale, spinta dai costanti inviti governativi One Pair of Feet inizia quando Monica decide di diventare infermiera all'inizio della seconda guerra mondiale, spinta dai costanti inviti governativi ad aiutare lo sforzo bellico inglese in ogni modo. Nonostante affermi di amare molto il lavoro e di trovarlo molto gratificante, in realtà l'autrice smonta l'immagine romantica dell'infermiera e svela un mondo fatto di duro e incessante lavoro e irritante struttura gerarchica. Glissando sui momenti dolorosi ed eroici, affronta le avventure di una novella infermiera e le storie delle infermiere, dei medici e dei pazienti con inesauribile brio ed ironia.
Barbara Pym è un'autrice facilmente fraintendibile: i suoi romanzi chiedono di essere letti con attenzione, assaporando ogni frase, percependo l'ironiBarbara Pym è un'autrice facilmente fraintendibile: i suoi romanzi chiedono di essere letti con attenzione, assaporando ogni frase, percependo l'ironia e la profonda intelligenza della sua caratterizzazione. Se affrontato con superficialità , Jane and Prudence può sembrare solo l'ennesima sbiadita commedia di maniere. In realtà io credo che questa autrice sia in grado di raccontare in modo davvero sagace una realtà che ha senso e importanza ancora oggi.
A Christmas Carol ha come protagonista il burbero Ebezener Scrooge, un uomo d'affari di successo e ricco ma amareggiato, che il giorno della vigilia si lamenta dell'atmosfera natalizia, rifiuta un invito a pranzo da parte del nipote Fred, povero ma allegro, e nega una contribuzione a due gentiluomini che sollecitano una donazione per un pranzo di Natale per i poveri. L'unica concessione (seppur fatta molto malvolentieri) è una giornata di vacanza pagata al suo impiegato Bob Cratchit, peraltro già ampiamente sfruttato e sottopagato.
Al ritorno a casa la sera, Scrooge riceve la visita del fantasma di Jacob Marley, il suo socio in affari deceduto proprio sette anni prima, che lo invita a cambiare stile di vita se non vuole affrontare, come lui sta facendo, un vita ultraterrena terribilmente infelice. A seguire Scrooge riceve la visita di altri tre fantasmi, lo Spirito del Natale Passato, lo Spirito del Natale Presente e lo Spirito del Natale Futuro che, uno alla volta, gli mostrano scene dal suo stesso passato, dal presente (specialmente i miseri festeggiamenti del suo impiegato, il cui figlio Tim è molto malato ma non può curarsi per motivi economici, e nel futuro la morte di Tim e il triste e solitario funerale dello stesso Scrooge. Ad ogni apparizione Scrooge vacilla, e quando si sveglia il mattino dopo, e scopre di non essersi perso in Natale, si affretta a trasformare la sua vita, trattando i suoi simili con gentilezza, generosità e compassione per tutto il resto della sua esistenza.
Questo romanzo ebbe un successo strepitoso e dalla pubblicazione influenzò profondamente la nostra concezione del Natale. La sua popolarità non è mai diminuita negli anni e il libro non è mai stato fuori catalogo. Al contrario, è da sempre stato oggetto di numerose riduzioni: sono innumerevoli i film per il cinema e per la tv che riprendono la storia di Scrooge, per non parlare poi dei telefilm e dei cartoni animati. Personalmente ho visto solo 'Canto di Natale di Topolino' che è un grande classico della stagione. Lo stesso Dickens, vista l'amore del pubblico per questa novella, decise di pubblicare successivamente altre storie di Natale: The Chimes (Le campane, 1844), The Cricket on the Hearth (Il grillo del focolare, 1845), The Battle of Life (La battaglia della vita, 1846) e The Haunted Man and the Ghost's Bargain (Il patto col fantasma, 1848), tutte create sul modello del Canto: una conversione (laica) condita dal tema dell'ingiustizia sociale. A quanto pare questi libri continuarono ad avere successo con il pubblico ma non con la critica, che li stroncò.
Quasi dimenticavo di dire che questa 'rilettura' è avvenuta grazie ad un'incisione gratuita che è possibile scaricare (in varie versioni) dal sito Librivox. Ascoltare Scrooge che inveisce contro il Natale per poi convertirsi pienamente allo spirito natalizio mentre vado al lavoro in macchina è una soddisfazione!
E' difficile riuscire a dire qualcosa di nuovo sulla serie dedicata a Harry Potter. E' stato detto così tanto in questi anni, e credo che non esista nE' difficile riuscire a dire qualcosa di nuovo sulla serie dedicata a Harry Potter. E' stato detto così tanto in questi anni, e credo che non esista nessuno che possa vantasi di non sapere niente del maghetto più famoso della storia e delle sue avventure. I libri di J. K. Rowling sono così famosi (senza contare i film, il merchandising, il sito web, ecc.) che se non avessi letto i primi libri appena usciti e in un'epoca di isolamento mediatico per me (prima del portatile, prima della connessione flat, prima di aNobii e Å·±¦ÓéÀÖ) credo che li avrei evitati, perdendomi una delle esperienze letterarie più belle della mia vita. Non riesco a decidere se leggerli da adulta (non che io abbia avuto scelta, ovviamente!) sia stata un'esperienza migliore oppure se leggerli da bambina sarebbe stato ancora meglio. Quello che so è che conservo gelosamente le mie copie di Harry Potter e ho riletto tutti i libri infinite volte, senza contare le innumerevoli visioni dei film.
La storia di Harry Potter è piena di universali: il bambino maltrattato che scopre di essere speciale, la lotta tra il bene e il male, l'amicizia e i primi amori. All'epoca ricordo che molti accusarono la Rowling di essere stata solo un'abile assemblatrice di idee e trame già presenti nella letteratura per l'infanzia. Accusa che ritengo assurda per vari motivi, ma non ha senso parlarne ora. Non ha importanza che la trama di Harry Potter sia o meno originale, quello che conta è che questi libri sono stati un successo universale, planetario, e che tutti o quasi tutti noi ci abbiamo lasciato il cuore. Harry Potter and the Philosopher's Stone è un romanzo affascinante per l'ambientazione e i protagonisti ben realizzati e molto credibili. Harry è un ragazzino qualsiasi, non un supereroe ma un bambino che si trova a dover affrontare un mondo completamente nuovo e l'autrice riesce a rendere particolarmente realistiche, condivisibili, in poche parole umane, tutte le sue emozioni e anche quelle degli altri protagonisti, pur sullo sfondo di un mondo estremamente soprannaturale. Non solo i personaggi sono tridimensionali e la storia avvincente, c'è anche moltissimo umorismo! Insomma, in poche parole, il libro perfetto.
Dopo tante riletture, quest'anno ho deciso di passare a un altro livello: non solo Harry Potter in inglese, ma Harry Potter sotto forma di audiolibro! E qui posso dire qualcosa di nuovo: l'audiolibro di Harry Potter in lingua originale è letto da Stephen Fry che - se non lo conoscete - è un 'comico, attore, scrittore, autore televisivo, regista e sceneggiatore britannico' (nelle parole di Wikipedia). Non credo che esistano altre versioni (e non so se esistono gli audiolibri di Harry Potter in italiano) ma comunque vi consiglio caldamente questa edizione. Stephen Fry è un attore favoloso e legge questi libri con intensità ed emozione incredibili. Non avrei mai pensato di appassionarmi così tanto ad un audiolibro ma se letto dalla persona giusta posso confermare che si rivela un'esperienza davvero entusiasmante!
Il mio primo romanzo di Anne Tyler è stato Un matrimonio di dilettanti, letto un bel po' di tempo fa (meno di dieci anni, più di cinque). Per anni ho Il mio primo romanzo di Anne Tyler è stato Un matrimonio di dilettanti, letto un bel po' di tempo fa (meno di dieci anni, più di cinque). Per anni ho poi dimenticato questa autrice, fino al 2010, quando ho letto il bellissimo The Accidental Tourist. Nel 2011 è stata la volta di Breathing Lessons che ho trovato un po' sotto tono rispetto agli altri due, nonostante sia quello per cui ha vinto il Pulitzer nel 1989. Fra i miei non letti c'è da un po' Ristorante nostalgia, che a detta di molti è uno fra i suoi migliori. The Beginner's Goodbye è la sua ultima pubblicazione. I romanzi di Anne Tyler parlano sempre di persone normali, con i loro difetti, le loro scelte di vita, le loro relazioni con parenti e amici e la nostalgia per qualcosa che è successo - o non è successo - nel passato. Persone che vivono in una versione alla Anne Tyler di una Baltimora che non assomiglia per nulla a quella dipinta dalla serie tv The Wire.
The Beginner's Goodbye racconta il lutto di Aaron che a inizio romanzo confessa di vedere il fantasma della moglie, ma subito dopo ci riporta indietro nel tempo, al giorno della morte di Dorothy, e prima ancora, al giorno in cui si sono conosciuti per poi sposarsi nell'arco di quattro mesi. Aaron, balbuziente e afflitto da un'invalidità dovuta a un attacco di influenza infantile, sente di aver passato la vita a sfuggire le attenzioni soffocanti della madre e della sorella Nandina. Quando conosce Dorothy, una dottoressa brusca e pratica, apparentemente priva di istinti sociali, Aaron sente di aver trovato la sua anima gemella. Quando Dorothy muore in modo così tragico e inatteso, dopo un loro banale bisticcio, il suo mondo va in pezzi. Con la casa distrutta Aaron si strasferisce dalla sorella Nandina e cerca di tenere a distanza tutti i suoi amici familiari e colleghi, stizzito al minimo accenno di premura o gentilezza.
Grazie ai ricordi di Aaron, anche stimolati dalle brevi apparizioni di Dorothy, emerge un'immagine del loro matrimonio sempre più precisa, fino a quando lo stesso Aaron è costretto ad ammettere che in realtà la loro non era una relazione perfetta, non era una relazione felice.
“Or it was difficult, at least. Out of sync. Uncoordinated. It seemed we just never quite got the hang of being a couple the way other people did. We should have taken lessons or something; that’s what I tell myself.�
E' costretto ad ammettere che forse Dorothy era leggermente diversa da come lui la vedeva, e che il suo rifiuto di essere vezzeggiato da tempo si è trasformato nel ripudio della semplice gentilezza. Questa ammissione - e il relativo desiderio di cambiamento - è il risultato di un percorso che si intreccia all'elaborazione del lutto, o meglio lo rende possibile.
Devo ammettere che nemmeno questo è fra i migliori romanzi della Tyler. L'autrice ha il pregio di credere nelle persone e nella loro bontà , che trasfigura le loro esistenze ordinarie producendo alcuni momenti di grande bellezza. Questa meticolosa indagine del quotidiano, del banale, delle piccolezze e la loro interpretazione in termini più ampi è uno dei suoi lati più interessanti. The Beginner's Goodbye è però poco sostanzioso, pur essendo quasi una novella. E' un po' superficiale, se non nello svolgimento, per lo meno nel messaggio, quasi banale, di cui si rende portavoce. Direi quindi una lettura piacevole ma pur sempre un romanzo minore per Anne Tyler.
Edit 14.11.2012
L'unico romanzo di Anne Tyler che ho recensito in questo blog è Breathing Lessons. Rileggendo quel post mi sono resa conto che anche in The Beginner's Goodbye è molto chiara l'influenza delle dinamiche familiari nella proprie scelte di vita. In Breathing Lessons Maggie cerca di essere quanto più diversa dalla madre (finendo con il replicare il carattere del padre), qui invece Aaron sceglie una compagna di vita talmente noncurante da rasentare il patologico per bilanciare una madre e una sorella eccessivamente premurose. Per quanto nei romanzi queste dinamiche siano sempre così trasparenti, mi sembra che nella vita reale, se presenti, siano impossibili da individuare, per lo meno per le persone direttamente coinvolte.
Le mie letture seguono un percorso - piuttosto tortuoso, devo ammettere - che non ha spesso un senso logico e quando lo ha, non segue sicuramente il cLe mie letture seguono un percorso - piuttosto tortuoso, devo ammettere - che non ha spesso un senso logico e quando lo ha, non segue sicuramente il calendario. Per questo quasi sempre mi ritrovo a leggere libri con tematiche e/o ambientazioni molto distanti da quelle che vivo ogni giorno, e la cosa non mi infastidisce, anzi in linea di massima è una differenza rinfrescante. Ci sono, però, delle occasioni che mi riprometto sempre di celebrare anche dal punto di vista letterario. Finora non ci sono mai riuscita: questo 31 ottobre ho terminato W. di Jennifer Lee Carrell, un giallo letterario con ben poco in comune con la festività di Halloween (lo so che molti disprezzano questa americanata, ma a me non dispiace affatto).
Non ricordo bene come mai ho chiesto questo libro su Bookmooch, ma sicuramente mi ha attirato la connessione con il Bardo. Purtroppo le parti dedicate al drammaturgo e alle sue opere sono poco incisive e soprattutto è difficile capire cosa è reale e cosa è finzione. A grandi linee, è vero che ci sono tracce di un'opera chiamata Cardenio, che viene attribuita a Shakespeare anche se la paternità non è certa. Non si sa nulla del suo contenuto, però, che si suppone possa essere legato alle avventure dell'omonimo personaggio del Don Chisciotte. Non saprei esprimermi relativamente agli intrighi familiari che l'autrice vuole legati alle vicissitudini del Cardenio, mentre sull'identità di Shakespeare effettivamente ci sono state molte teorie, ma attualmente sembra assodato che il personaggio storico di William Shakespeare coincida con l'autore teatrale. Devo ammettere che tutte queste teorie su identità alternative mi ha fatto pensare ai costanti avvistamenti di Elvis e Marilyn Monroe!
Never Hug a Nun non ha una vera e propria trama, si tratta di episodi molto ben legati fra di loro e molto divertenti. Non mancano i momenti dolorosi Never Hug a Nun non ha una vera e propria trama, si tratta di episodi molto ben legati fra di loro e molto divertenti. Non mancano i momenti dolorosi e toccanti, ma la prospettiva, che è platealmente quella di un bambino (nonostante il narratore onnisciente) aiuta a mantenerli sfumati.
Never Hug a Nun is the funny and touching story of second-grade child Patrick Cantwell and his Irish Catholic family. A series of vignettes, inspired by the author's own chidhood, Never Hug a Nun is a nice reading even if it fails, in my opinion, to reach a universal meaningfulness. If you don't share the author's birthplace, age or gender, Never Hug a Nun never becomes more than a nice, forgettable memoir. If you do, I think it could be really much more meaningful to you!
Fin dall'infanzia Muriel si rivela socialmente inetta: una di quelle persone di buon cuore e ansiose di compiacere, che forse per mancanza di carattere o di una spiccata personalità finiscono con l'essere lasciata perennemente in disparte, anche se non hanno nulla che non va. Guidata dal suo senso del dovere, Muriel rinuncia alle sue velleità intellettuali senza fare una piega e si adegua a tutti i piani e le macchinazioni della madre, la signora Hammond che, proveniente da ottima famiglia, passa la vita a cercare di riscattarsi dall'unico errore sociale della sua vita: l'aver sposato il signor Hammond, un industriale ricco e godereccio ma un po' grezzo, di cui è innamorata. Muriel non si ribella mai, si adegua, convinta che un giorno arriverà anche per lei il momento del riscatto. Ogni nuova piega della vita viene affrontata con la sicurezza che succederà qualcosa di buono, e ogni delusione è una stilettata.
Non solo il passare degli anni e delle delusioni, ma anche la tragedia che si riversa sulla sorella Connie (e sempre frutto della convenzione sociale per cui l'unica ambizione delle donne deve essere il matrimonio), alla lunga spogliano Muriel della sua convinzione, lasciandola amareggiata e silenziosamente furiosa con le forze nella sua vita che l'hanno spinta e spinta verso un traguardo impossibile.
'They promise us all sorts of things,' she said, 'happiness, success, adventure - don't you know? Of course you don't, you're clever. Bu we listen, we think that we are moving on towards some strange, rich carnival, and follow, follow, follow. Then suddenly we find ourselves left alone in a dull crowded street with no one caring and our lives unneeded, and all the fine things that we meant to do, like toys that a child has laid aside.'
Con il progredire della narrazione, e grazie all'intervento di Delia, che ha della vita una visione decisamente più attiva, Muriel riesce non solo a mettere il dito sul problema ma anche a muovere i primi passi per risolverlo. Delia riesce a far capire a Muriel che non deve cedere alle pressioni della società , ma agire attivamente nella ricerca di uno scopo nella sua vita.
'Clever? who said that we all had to be clever? But we have to have courage. The whole position of woman is what it is today, because so many of us have followed the line of least resistance, and have sat down placidly in a little provincial town, waiting to get married. No wonder that the men have thought that this is all that we are good for.'
La invita a vivere con lei a Londra e Muriel la segue. Il risultato di questo cambiamento è una vita indipendente, in cui Muriel comincia a scoprire i propri punti di forza, a definire il proprio valore e a fare le proprie scelte di vita.
Il messaggio del romanzo è quindi questo: le giovani donne devono avere la possibilità di vivere lontano da casa, di lavorare, di sviluppare le proprie personalità . Ovviamente questo non esclude la possibilità del matrimonio, semplicemente esclude che il matrimonio debba essere l'unico e solo obiettivo della donna. Una prospettiva che è sicuramente insoddisfacente dal punto di vista romantico, così come il finale del romanzo, ma che all'epoca deve essere stata di particolare ispirazione per tutte le donne private della possibilità di un marito dalla guerra e decisamente male equipaggiate per potersi guadagnare da vivere.
Particolarmente apprezzata la parte ambientata a Scarborough durante la guerra: è evidente che l'autrice sapeva di cosa parlava (nel 1918 aveva lasciato Oxford per andare in Francia con la WAAC)
Conoscevo già Libba Bray per la trilogia dedicata a Gemma Doyle, che ho apprezzato molto, anche se devo ammettere che in questo periodo non leggo moltConoscevo già Libba Bray per la trilogia dedicata a Gemma Doyle, che ho apprezzato molto, anche se devo ammettere che in questo periodo non leggo molto fantasy, di nessun genere. Il motivo principale che mi ha convinto a leggere questo libro è l'ambientazione storica: New York negli anni Venti! Evie O'Neill è stata spedita a New York dallo zio Will come punizione per uno dei suoi ennesimi passi falsi, ma è ovviamente esilarata all'idea di ritrovarsi nel bel mezzo della bella vita newyorchese. In realtà una volta installata presso l'appartamento dello zio, Evie viene coinvolta nella caccia a un serial killer, che si rivela essere soprannaturale.
L'ambientazione di The Diviners è davvero affascinante, con le feste (i famosi 'rent parties'), il proibizionismo, le ballerine di fila, le agitazioni sindacali e anche un lato più gotico, con il Museo Americano del Floklore, delle Superstizioni e dell'Occulto (che lo zio Will dirige), cimiteri misteriosi e case infestate. Evie è una protagonista frivola ed egoista, dedita all'alcool e alle feste, anche se dotata, in fin dei conti, di una profonda umanità , e di un grande spirito di iniziativa, che è il motivo principale per cui si ritrova ad aiutare la polizia insieme allo zio, consulente da tempo. Il leit motiv del romanzo è però la presenza di numerosi adolescenti dotati di strani poteri: Evie è una di loro, capace di estrapolare informazioni sulle persone toccando i loro oggetti. Numerosi altri gravitano intorno alla nostra protagonista, a volte entrano in contatto direttamente con lei (come Sam Lloyd, capace di rendersi 'invisibile', o Theta, che emana enorme calore dalle mani) o indirettamente attraverso la sua cerchia di amici (come Memphis, guaritore, e il fratellino Isaiah, che prevede il futuro) oppure rimangono direttamente sullo sfondo, come la cameriera di un ristorante cinese che è protagonista di un paio di enigmatiche scene. Nonostante tutti questi poteri sovrannaturali i nostri personaggi rimangono con i piedi per terra, dovendo preoccuparsi di situazioni molto tangibili, come l'affitto, le tasse, i genitori assenti o il lavoro, e questo pragmatismo mi piace molto.
Il romanzo ha anche i suoi difetti: nonostante il forte impegno profuso nella caratterizzazione dei personaggi, che per la maggior parte vengono forniti di un passato impegnativo, gli stessi risultano abbastanza tagliati con l'accetta: Evie è la frivola con il cuore, Mabel la ragazza per bene che arde dal desiderio di essere notata, eccetera eccetera. La narrazione non è lenta, ma la sequenza di eventi si dipana al rallentatore a causa delle mille trame secondarie che si mettono sempre in mezzo: i personaggi infatti sono molti, e ognuno ha la sua storia, a volte già sviluppata, a volte solo abbozzata ma sicuramente suscettibile di evoluzioni. Verrebbe da dire che i personaggi sono davvero troppi, i suggerimenti e le strizzate d'occhio tantissime, tant'è che alla fine del libro scopriamo che la trama principale non è nemmeno quella che pensavamo! Difetti che si fanno perdonare, anche se devo ammettere che inizialmente la lunghezza del romanzo mi ha indisposto e mi ci sono volute più di cento pagine per entrare nella storia.
There is nothing I would rather do than read books.
One for the Books is a hypnotic reading: it takes maybe a page to get in connection with the authorThere is nothing I would rather do than read books.
One for the Books is a hypnotic reading: it takes maybe a page to get in connection with the author and what he is saying, and once in the book, it takes a good jolt to get out. The only flaw of this book is that it ends.
I don't always agree with Queenan: he is against digital readers, not allowing you to live the same experiences paper books offer, a concept he never tires of repeating. The author also believes readers are such for want of a better real world. It is clear that Queenan had a difficult and poor childhood and books were a way out of a grim reality, but I don't believe this is the same for everyone. I totally agree on the healing power of books, but I do not think that love for books always spring from a flight instinct or from a dissatisfaction with real life.
Even if our ideas are often divergent, it is anyway exhilarating to read someone who clearly expresses his opinions, without half measures, without worrying about stepping on the feet of someone. To be told that not all the classics are good, that bad books are an inevitable and even necessary presence in the life of a reader, that at some point you may decide that you won't read certain books, it is absolutely liberating. Joe Queenan is known for his caustic pen, but even when the targets something I love or I'd like to defend, I can not help but enjoy reading his comments and remain duly impressed by the skill and verve by this author. Congratulations!
Il mondo della lettura è un mondo estremamente gratificante ma anche estremamente vario. Tutti noi lettori condividiamo l'esperienza della lettura, eppure essa costituisce qualcosa di differente per ognuno di noi. Per non parlare del tipo di libri che scegliamo, di come procediamo nelle nostre letture, e di tutti i particolari più prosaici ma altrettanto piacevoli per gli appassionati: come acquistiamo i libri (o li prendiamo a prestito), come li conserviamo, i tipi di segnalibri che utilizziamo e via dicendo, a seconda del grado di feticismo del singolo lettore. Se parlare di questo con gli amici lettori è estremamente piacevole, ancora di più lo è leggere libri che trattano di questi argomenti, scritti ovviamente da persone che della lettura fanno la loro ragione di vita anche dal punto di vista lavorativo.
Joe Queenan è un giornalista americano, credo mai pubblicato in Italia, il che scusa - forse - la mia ignoranza, dato che non lo avevo mai sentito nominare. Qualche tempo fa ho cominciato a sentir parlare di One for the Books e mi sono incuriosita, grazie al titolo e alla - meravigliosa - copertina che non lasciano dubbi sul tema trattato. L'ho letto quasi in anteprima tramite Netgalley, che ringrazio moltissimo, come ringrazio ovviamente l'editore (Penguin Group USA). One for the Books parla della vita da lettore di Queenan, delle sue abitudini di lettura, del significato che i libri hanno per lui. E' una lettura ipnotica: ci vuole forse una pagina per entrare in connessione con l'autore e con quello che sta dicendo, e una volta entrati nel libro, ci vuole un bello scossone per uscirne. Peccato che a un certo punto finisce.
Anche se ci sono molti punti su cui ho un'opinione diversa rispetto all'autore, è in ogni caso esaltante leggere una persona che esprime chiaramente la sua opinione, senza mezze misure, senza preoccuparsi di pestare i piedi a qualche amico, a qualche lettore o a qualche pilastro della letteratura. Sentirsi dire che non tutti i classici sono buoni, che i cattivi libri sono una presenza inevitabile e anzi necessaria nella vita di un lettore, che a un certo punto si può stabilire che determinati libri non li leggeremo mai, senza particolari patemi, anche se sono classici immancabili o successi mondiali, è assolutamente liberatorio (riuscire poi a fare davvero tutte queste cose è un altro paio di maniche, immagino). Joe Queenan è noto per la sua penna caustica, e infatti ne ho trovato molte tracce in One for the Books ma anche quando la rivolge verso qualcosa che amo o vorrei difendere, non posso fare a meno di divertirmi leggendo le sue osservazioni e di rimanere debitamente impressionata dalla bravura e dalla verve di questo autore. Complimenti!
John E. Robison ha avuto problemi a socializzare per tutta la vita. Le persone gli hanno sempre contestato il suo modo di essere, i suoi comportamenti, le sue reazioni. Gli specialisti ai quali i genitori si sono rivolti per risolvere i suoi problemi lo hanno sempre tacciato di pigrizia. A quarant'anni, dopo aver realizzato molto (un figlio, due matrimoni, un'esperienza come tecnico del suono e addetto effetti speciali per i Kiss, un lavoro come ingegnere e manager - senza nemmeno essere laureato -, un lavoro in proprio come meccanico) un cliente a amico di John gli porge un libro e gli dice che crede possa essere affetto da una sindrome, la sindrome di Asperger. John legge il paragrafo che elenca le caratteristiche salienti della sindrome e chiede all'amico: Come si cura? L'amico risponde: Non si cura. E' semplicemente un modo di essere.
E' incredibilmente difficile immaginare cosa si possa provare a sentirsi per tutta la vita dei reietti, dei probabili sociopatici assassini (questo dicevano a John quando era piccolo), dei fuori posto, e poi scoprire che in realtà c'era una ragione, che nessuno ti ha aiutato, e che anzi tutto ciò che hai realizzato è ancora più fantastico di quello che pensavi, ed è solo frutto della tua forza e della tua capacità di affrontare i tuoi problemi. Secondo Burroughs John scrisse questo libro su suo suggerimento, per provare ad affrontare la depressione in cui era caduto a seguito della morte del padre (con il padre aveva avuto un rapporto a dir poco difficile, ma negli ultimi anni aveva realizzato di possedere dei ricordi anche molto positivi della sua infanzia legati al padre).
Nonostante gli incredibili problemi subiti nell'infanzia e adolescenza, in parte a causa della sua sindrome, in parte a causa della sua famiglia, John non cade mai nel melodrammatico, nel pietismo (anche se ne avrebbe tutte le ragioni, intendiamoci). Forse è la sua razionalità , la sua difficoltà ad esprimere visibilmente i suoi sentimenti, che aiuta a mantenere un tono leggero, quasi giocoso. C'è da dire che nonostante i suoi problemi John ha vissuto delle esperienze magnifiche, come ad esempio lavorare per anni accanto ai Kiss (anche se per lui erano persone qualsiasi) o mettere le mani sugli impianti audio dei Pink Floyd. Non pago, ha scritto anche altri due libri, uno sull'esperienza di allevare suo figlio, l'altro più specifico sulle strategie per affrontare la sindrome di Asperger, che non vedo l'ora di leggere.
Il fabbricante di eco parla di un operaio del Nebraska, Mark Schluter, che una notte si ribalta con il furgone su un rettilineo e dopo alcuni giorni dIl fabbricante di eco parla di un operaio del Nebraska, Mark Schluter, che una notte si ribalta con il furgone su un rettilineo e dopo alcuni giorni di coma si sveglia afflitto dalla sindrome di Capgras (apparentemente, una sindrome che impedisce a chi ne è afflitto di riconoscere i propri cari) ed è pertanto convinto che la sorella Karin, arrivata in città per assisterlo, sia solo un'attrice che le somiglia. Karin lascia il lavoro e vende il suo appartamento e si trasferisce in quello del fratello per essergli vicino e prendersi cura di lui. Quando il fratello esce dall'ospedale si trasferisce a casa di un suo ex, un ambientalista, con cui nel frattempo ha ripreso i contatti e con cui sta ricostruendo una storia, nonostante abbia ripreso i contatti anche con il suo ex amante, un burbero e sposato costruttore edilizio. Alle vicende del paranoico Mark e dell'isterica Karin si intrecciano quelle di Gerald Weber, uno scienziato e scrittore alla Oliver Sacks che, contattato di Karin, accetta di vedere Mark, in realtà più per l'interesse aneddotico che il suo caso rappresenta che per la volontà di aiutarlo sul serio.
Tutta la trama secondaria che lo riguarda è piuttosto confusa: Weber è uno scrittore di successo che, proprio mentre sta uscendo il suo nuovo libro, decide di limitare la sua attività letteraria e concentrarsi sulla ricerca scientifica. Il nuovo libro però, pur essendo sostanzialmente uguale a quelli precedentemente pubblicati, suscita una bufera mediatica di cui egli diviene il capro espiatorio: dileggiato e accusato di essere nient'altro che un parassita che sfrutta i malati, Weber entra in crisi e mette in discussione tutta la sua carriera di scrittore, quella di scienziato e in generale la sua vita. Sull'onda di questa crisi decide di tornare in Nebraska per proporre a Mark una cura farmacologica precedentemente trascurata. Mentre la sorella di Mark e Mark stesso cercano di decidere cosa è meglio fare al riguardo, Weber rivede Barbara Gillespie, un aiuto infermiera che è stata particolarmente vicina a Mark e che ha l'impressione di aver già conosciuto.
Sullo sfondo delle vicende assistiamo alla battaglia tra il gruppo di ecologisti per cui lavora il fidanzato di Karin e un gruppo di costruttori (fra cui figura anche il suo ex amante) che vuole costruire una struttura turistica vicino al fiume locale, già pesantemente minacciato nel suo ecosistema e oggetto delle periodiche migrazioni delle gru, un vero e proprio spettacolo e attrazione turistica. Alle vicende principali si intreccia anche la ricerca spasmodica da parte di Mark del misterioso autore di un biglietto trovato sul comodino da Karin appena arrivata in ospedale, subito dopo l'incidente. Autore che ha evidentemente assistito all'incidente e potrebbe fornire delle spiegazioni al riguardo, soprattutto relativamente alle altre due tracce di pneumatici ritrovate sul luogo dalla polizia e mai associate ai relativi veicoli.
Era da tempo che volevo leggere Powers, ma la lunghezza dei suoi romanzi e un vago sospetto che fosse un autore 'pesante' mi scoraggiavano. Dopo quest'esperienza posso affermare che Powers ha una prosa molto scorrevole (o forse è solo merito della traduttrice?) anche se alcuni degli argomenti trattati, specialmente la crisi del neurologo Weber e le relative disquisizioni sul concetto di identità e di percezione, ma anche le parti che parlano delle gru, sono pesanti e sembrano non portare da nessuna parte. Nel complesso Il fabbricante di eco, pur essendo una lettura abbastanza piacevole, ha dei grossi difetti: è esageratamente prolisso e - forse questo secondo è un diretto effetto del primo) non riesce a focalizzare bene i protagonisti, che risultano poco credibili, a volte decisamente incredibili, in generale sviluppati male, privi di una traiettoria o di un'essenza che li identifichi. Sono ancora molto curiosa di leggere The Time of Our Singing, che sembra aver ricevuto recensioni molto più omogeneamente positive di questo.
Stefan Zweig è un autore austriaco molto famoso, anche se in vita lo è stato ancora di più (parliamo degli anni prima della Seconda Guerra Mondiale - Stefan Zweig è un autore austriaco molto famoso, anche se in vita lo è stato ancora di più (parliamo degli anni prima della Seconda Guerra Mondiale - Zweig morì suicida insieme alla moglie proprio a causa della sua disperazione e disillusione nei confronti di un mondo in cui esistono tali orrori). Di lui ho letto solo, qualche anno fa, Novella degli scacchi (Die Schachnovelle), che ho trovato ottima, ed è considerata spesso il suo capolavoro, scritta quando ormai l'autore risiedeva in Brasile, poco prima della sua morte, l'unica in cui affronta il tema del nazismo.
L'amica geniale ha una dimensione estremamente cinematografica, come già hanno fatto notare, prima di me, molti lettori. Sarà l'ambientazione (Napoli,L'amica geniale ha una dimensione estremamente cinematografica, come già hanno fatto notare, prima di me, molti lettori. Sarà l'ambientazione (Napoli, anni Cinquanta), forse. Le protagoniste sono due bambine, Lina Cerullo ed Elena (Lenuccia) Greco, che fin dalle elementari sviluppano una fortissima amicizia (anche se non scevra dai classici pensieri cattivi che ogni tanto visitano ognuno di noi). Lina è la bambina cattiva, che si spinge fino al limite, osa senza paura, e reagisce sempre in modo inusuale alle provocazioni. Elena è la bambina brava, studiosa, che però è profondamente affascinata dal carattere e dalla profonda intelligenza di Lina e vive la sua vita un po' come un'imitazione e un po' come una rivalsa.
Sullo sfondo di questa amicizia, dei primi amori, della crescita, c'è una Napoli povera, di periferia, ancora intrisa dalle vicende della guerra, ancora intrisa di camorra. E' bellissima la fase che passano sia Lina che Elena, di scoperta di tutti gli strati che ancora esistono e influenzano la vita di tutti, sotto le cose, le famiglie e le persone da loro percepite fino a quel momento come ordinarie, normali. In realtà ci sono un sacco di risonanze, di richiami, di vecchie servitù e paure. Elena reagisce studiando e continuando a studiare, incoraggiate dalla sua maestra delle elementari, che ritiene essenziale questo percorso che la porterà fuori da una Napoli pericolosa. Lina, un po' a causa della sua famiglia, un po' per decisione sua, prima si interessa del lavoro nella bottega di calzolaio del padre, dove lavora anche il fratello, sperando di poterlo migliorare, poi, anche per sfuggire a un ammiratore malvoluto, accetta di sposarsi con un giovane uomo molto ricco e la cui famiglia non è sempre stata onesta, ma che desidera ricominciare da capo, ripulire il suo nome.
Da tempo cercavo questo romanzo che ora è di nuovo in libreria grazie al film di Daniele Ciprì ora al cinema. E' stato il figlio sembra un giallo, ma Da tempo cercavo questo romanzo che ora è di nuovo in libreria grazie al film di Daniele Ciprì ora al cinema. E' stato il figlio sembra un giallo, ma parte regalando al lettore un delitto, un colpevole, dei testimoni e un movente. Il delitto: l'omicidio di Nicola Ciraulo con tre colpi di pistola; il colpevole: Tancredi Ciraulo, il figlio; i testimoni: i genitori (Rosa e Fonzio) e la moglie (Loredana) del de cuius; movente: un graffio sulla lucente carrozzeria della splendida Volvo di famiglia.
Una Volvo che è poco coerente con l'appartamento di tre stanze (pulitissimo, questo sì) situato nel quartiere della Kalsa di Palermo, un quartiere povero e poco raccomandabile. E infatti l'omicidio di Nicola Ciraulo è un'occasione per raccontare tramite flashback come la famiglia Ciraulo entrò in possesso dell'auto: acquistandola con i soldi (piccioli) ricevuti come risarcimento per la morte della piccola Serenella, morta grazie ad una pallottola vagante durante una sparatoria tra mafiosi.
E' un vero studio dell'umanità osservare questa famiglia (che non rappresenta, nel romanzo di Alajmo, un'anomalia, bensì rispecchia la morale e le attitudini di un intero quartiere, se non di una città ) reagire alla prospettiva di ricevere trecento milioni di lire (poi passati a duecentoventi). Nel giro di sei mesi, dalla conferma del risarcimento al versamento vero e proprio, i Ciraulo riescono a indebitarsi così bene (seppur poi nemmeno ricordando con quali spese) da dover ricorrere ben due volte allo strozzino di quartiere Pino, e una terza per negoziare il prestito necessario a saldare i primi due debiti. Una volta saldati i debiti, dei soldi del risarcimento rimane poco meno della metà , quello che serve, insomma, ad acquistare una Volvo nuova di zecca e super accessoriata.
E' stato il figlio è un romanzo estremamente cinico, ma contemporaneamente immerso in una quotidianità familiare e straniante: Fonzio è il classico nonno che non vuole mai sbilanciarsi, sullo sfondo della rivalità tra la moglie Rosa e la nuora Loredana. Nicola è il capofamiglia, colui che porta il pane a casa, seppur in modo discontinuo e precario: è un LSU (Lavoratore Socialmente Utile) che si arrabatta tra lavoretti precari e lavoretti in nero, più per scelta che per necessità . Tancredi, l'erede, è un ventenne svagato privo sia dell'onestà che della furbizia che potrebbero, in un modo o nell'altro, dare una svolta alla sua esistenza. Una realtà familiare quasi banale che, osservata al microscopio, rivela una serie di sconcertanti caratteristiche.
Ernest van der Kwast è uno scrittore olandese, ma nato a Bombai, da padre olandese e madre indiana (anzi, pakistana, come scopre durante un viaggio inErnest van der Kwast è uno scrittore olandese, ma nato a Bombai, da padre olandese e madre indiana (anzi, pakistana, come scopre durante un viaggio in India). Mama Tandoori è una via di mezzo tra memoir e saga familiare: l'autore racconta le sue esperienze familiari, alcuni episodi fra i più significativi (anche se non sempre lui era presente) e anche alcuni episodi relativi a degli antenati, sia indiani/pakistani che olandesi. Se con Mama Tandoori van der Kwast avesse deciso di creare un romanzo, basato come è ovvio sulle sue esperienze personali, probabilmente si sarebbe sentito più libero di scegliere un percorso coerente: una mamma indiana estrema, assurda e 'macchietta' di cui prendersi gioco senza limiti; oppure un racconto - per quanto ironico - più approfondito e significativo di cosa vuol dire crescere in una simile famiglia, o del rapporto tra una donna e il figlio afflitto da ritardo mentale.
Quando ho chiuso il libro della Athill e ho cominciato a leggere le recensioni su Å·±¦ÓéÀÖ, le obiezioni che mi aspettavo di trovare erano quelle relative allo status di privilegiata di Diana Athill (non è ricca, a quanto pare, però anche aver vissuto una vita intellettualmente stimolante e sicuramente più interessante della media è un grandissimo privilegio) o al suo evidente e riconosciuto auto-compiacimento (che effettivamente io ho trovato a tratti disturbante). Invece ho trovato moltissime rimostranze relativamente alla sua scelta di parlare della sua vita sessuale. Intendiamoci, niente di pruriginoso o circostanziato. Semplicemente Diana Athill ammette di aver rinunciato al sesso (o meglio, di non averne più avvertito la necessità , il desiderio) a settanta anni suonati. Ammette di aver vissuto le sue ultime storie non con l'uomo con cui vive e ha scelto (più o meno volontariamente) di condividere l'esistenza, ma con amanti che erano solamente questo: amanti. Ammette di avere fatto sesso senza amore, e che l'esperienza è stata molto piacevole.
Intendiamoci: accetto il fatto che ci siano persone che non amano sentir parlare di questa sfera dell'esistenza, ed è chiaramente un loro diritto. Eppure, non può che venirmi il sospetto che in realtà queste obiezioni non siano, per lo più, che il frutto di una necessità collettiva di sentirci ancora raccontare le fiabe della nostra infanzia, al posto di una realtà vissuta e reale, che ci potrebbe effettivamente aiutare nell'elaborazione della nostra esperienza, nell'allargare i nostri orizzonti. Ci dà fastidio sentire una persona anziana parlare di sesso? O forse ci dà fastidio sentire una persona ammettere che non ha vissuto l'amore della sua vita, ed è stata molto contenta lo stesso? O ammettere che è atea, o che non si pente di aver avuto dei figli? Sì, magari noi siamo diverse da Diana Athill, ma questo non significa che lei è peggiore di noi, o che dobbiamo sentirci minacciate dalle sue esperienze. Io le ho trovate estremamente oneste, significative, fonte di riflessione e anche divertenti, a volte. Sottolineo inoltre che i brani in cui si parla di sesso (e sempre in modo molto elegante) costituiscono solo una piccola parte del libro.
Detto questo, Da qualche parte verso la fine non è un manuale per la terza età , non contiene rivelazioni illuminanti, e sicuramente non si propone come esempio di vita. Semplicemente, aggiunge una prospettiva. E io non posso che sentirmi ammirata nei confronti di una persona che, a novant'anni, invece di farsi gli affari suoi, trova il coraggio di mettersi così a nudo, senza rimaneggiamenti e senza fronzoli, solo per darci un'idea di cosa può significare la vecchiaia. L'esperienza di una singola persona, certo, ma non per questo meno preziosa o significativa.
Dusty Answer è la cronaca della formazione sentimentale della bella e intelligente Judith, dai primi turbamenti adolescenziali al suo ingresso nella vDusty Answer è la cronaca della formazione sentimentale della bella e intelligente Judith, dai primi turbamenti adolescenziali al suo ingresso nella vita 'adulta'. Judith è una figlia unica, educata in casa dal padre, e quindi con poche possibilità di relazionarsi con persone della sua età . Quando la signora della casa accanto inizia ad ospitare, saltuariamente, i nipoti (un gruppo di cinque persone, fratelli e cugini: Julian, Charlie, Mariella, Roddy e Martin) Judith inizia a frequentarli, idealizzandoli e dando fin troppo importanza alle loro opinioni. Ben presto però ognuno di loro imbocca la propria strada, inclusa Judith che si trasferisce a Cambridge per studiare letteratura. Qui dopo un inizio non molto promettente, fa amicizia con un'altra studentessa, Jennifer, ed è la loro relazione che, insieme ad altri particolari suppongo, fece parecchio scalpore all'epoca della pubblicazione del romanzo (che, ricordo, apparve per la prima volta nel 1927), mentre ora ovviamente non fa alzare nemmeno un sopracciglio.
Volendo fare l'avvocato del diavolo, devo ammettere che a volte verrebbe da prendere Judith e scuoterla per le spalle (come cerca di fare, d'altronde, Julian, a un certo punto della storia), soprattutto considerando che è una persona privilegiata, non deve lavorare per vivere e può prendere in considerazione qualsiasi luogo o attività per il suo futuro. Sembra quindi fuori luogo un certo tipo di cinismo che sicuramente è legato all'esperienza della Grande Guerra, ma in parte è sicuramente frutto del carattere sentimentale della protagonista. La stessa autrice, intervistata per la Paris Review, ammise che Judith, a posteriori, non le piaceva molto come personaggio e che, nonostante alcuni elementi siano sicuramente autobiografici, non si identificava con lei.
La ragazza di Charlotte Street mi ha incuriosito fin dalla prima volta che l'ho visto in una libreria. Sembrava il classico romanzo trattato, a livellLa ragazza di Charlotte Street mi ha incuriosito fin dalla prima volta che l'ho visto in una libreria. Sembrava il classico romanzo trattato, a livello di marketing, come un chick lit o romanzo leggero, qui in Italia, ma possibilmente molto più significativo, in realtà . Riflessione scaturita non solo dall'aggiunta di 'la ragazza di' al titolo, ma anche dall'orribile e ammiccante copertina (qui la copertina originale). In realtà Danny Wallace è considerato un autore comico o per lo meno umoristico (è anche altre cose, in realtà ), ed è anche l'autore di un libro apparentemente autobiografico, Yes Man, che è stato l'ispirazione per l'omonimo film con Jim Carrey e Zoey Deschanel. In mancanza di uno stimolo forte all'acquisto, l'ho inserito nella mia wishlist, e poi acquistato in occasione, qualche giorno fa, di un'offerta lampo Kindle a 1 euro e 99.
La trama è molto semplice: Jason è un ex insegnante (ha lasciato il lavoro a causa di un trauma che viene solo accennato inizialmente) ed è anche ex fidanzato (la sua fidanzata Sarah lo ha lasciato in circostanze, che, di nuovo, verranno spiegate bene solo durante la narrazione). Ora lavora come freelance per un giornale gratuito, London Now, e vive gratis ospite nell'appartamento dell'amico Dev, aiutandolo di tanto in tanto nel negozio di videogiochi d'annata. Un giorno in Charlotte Street aiuta una ragazza che, entrando in un taxi, ha lasciato cadere diversi pacchetti. Quando il taxi parte, Jason si rende conto di avere ancora in mano una macchinetta usa e getta, ma non riesce a restituirla. Colpito dalla ragazza, e convinto di aver percepito una scintilla fra di loro, Jason si lascia convincere dall'amico Dev a sviluppare le foto e poi si imbarca in una specie di caccia al tesoro, cercando di riconoscere luoghi e persone ritratti per risalire alla ragazza.
Jean-Claude Izzo è famoso per la sua trilogia marsigliese (Caos totale, Chourmo e Solea) di cui ho letto il primo volume. Ho letto anche Marinai perduJean-Claude Izzo è famoso per la sua trilogia marsigliese (Caos totale, Chourmo e Solea) di cui ho letto il primo volume. Ho letto anche Marinai perduti, un romanzo singolo, e Aglio, menta e basilico, una raccolta di brani inediti. La prosa di Izzo, bellissima e dolente, è una miscela di malinconia e violenza, una medicina da assumere con cautela per gli effetti esplosivi che può avere. De Il sole dei morenti avevo sentito parlare così bene che non mi sono nemmeno chiesta di che cosa parlasse prima di acquistarlo.
La prima sorpresa è l'ambientazione: non siamo nella chiassosa, profumata Marsiglia con il suo crogiolo di razze, bensì in una gelida Parigi, vista attraverso gli occhi di Rico, un senzatetto che si ritrova a dover affrontare la morte dell'amico Titì per assideramento, in una stazione. Afflitto dalla perdita del compagno d'avventure, Rico decide però di prendere la strada verso Sud, e tornare a Marsiglia, dove ricorda una gioventù felice e soprattutto un primo amore incredibilmente dolce.
La terribile storia di Rico lascia decisamente l'amaro in bocca: non si può dire che Rico se la sia cercata, anche se bisogna ammettere che ha fatto delle scelte sbagliate e che hanno partecipato alla sua discesa negli inferi della società . Il ritratto che ne fa Izzo è quello di una persona complessa, ovviamente molto diversa dall'immagine che la società ha dei senzatetto, dei barboni. La sensazione è che, nella vita perfetta di ognuno di noi, basti un passo falso per scatenare un terribile ed inarrestabile effetto domino. Resta un immenso sentimento di spreco.