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Brothers
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Dio è morto, Mao è morto e anch'io non mi sento molto bene
Sarà colpa o merito della mia formazione o peggio della mia forma mentis, ma io nelle storie vedo e cerco spesso la dimensione sociale o per lo meno gli indizi di quell’impronta indelebile che il vivere in una realtà ben definita lascia sui comportamenti e sui caratteri delle persone. E qui, in questo libro splendido, feroce e drammatico, che per il tramite della storia di due fratellastri & famiglia attraversa un breve ma delicato periodo della recente storia cinese, ci si può esercitare di fino in quest’arte, perché siamo in piena post-rivoluzione comunista e poi in piena rivoluzione culturale, ma siamo anche in un paese dalla tradizione millenaria, con un’incredibile continuità e stabilità politica, che fatica a liberarsi dell’influenza e dai condizionamenti (in positivo e in negativo) della vecchia società .
Contadini che si trasferiscono nelle città , senza che sia costruito un presidio di solidarietà sociale, di comunanza e cittadinanza, una rete di rapporti sociali non mediati dalle istituzioni comuniste, si ritirano, e spesso si rinchiudono, nei momenti difficili, in quello che da sempre è il nucleo primigenio delle società : la famiglia. Mentre esteriormente si predica sinceramente un’ideologia comunitaria e egualitaria, retorica e pervasiva come poteva esserlo il maoismo, fatta di sacrifici, ma anche di una identificazione negli ideali rivoluzionari che pure appare profonda e radicata, nella vita di tutti i giorni, per come ci viene raccontata dall’autore, ci si accorge che la sofferenza o difficoltà altrui è poco o punto percepita, a meno che non riguardi un familiare.
Che ad esempio due ragazzi, anzi due bambini, i personaggi del titolo del libro, possano perdere - per un periodo - il supporto di padre e madre e doversi arrangiare senza che un vicino, un amico di famiglia, un conoscente compassionevole, in assenza di parenti, possa occuparsene provvisoriamente è qualcosa di difficile da capire, qualcosa di veramente distante dal nostro mondo di valori. Anche in assenza di un'economia di mercato, tutto appare retto da logiche freddamente utilitaristiche, egoistiche, quasi da mors tua vita mea, altro che sol dell'avvenir. Questo enorme divario tra ideale e reale, questa incapacità di compassione è ciò che più mi ha stupito del libro. Ritenevo che proprio nei momenti di maggiore difficoltà , di incertezza, di bisogno, ci potesse essere lo spazio per la solidarietà umana tra poveri e derelitti, che ci potesse essere lo spazio per l’aiuto e il sostegno reciproco. Nella Cina raccontata da Yu Hua non c'era. Sangue, orrore, follia e violenza, se non riguardano un familiare (lì diventano davvero strazianti) paiono passare senza conseguenze, trattati alla stregua di inevitabili catastrofi naturali.
Detto ciò non dirò nulla sulla trama, ma il libro è bellissimo e scritto meravigliosamente: spiritoso, triste, ironico, commovente, drammatico, autentico...sicuramente una delle migliori letture del 2016.
Sarà colpa o merito della mia formazione o peggio della mia forma mentis, ma io nelle storie vedo e cerco spesso la dimensione sociale o per lo meno gli indizi di quell’impronta indelebile che il vivere in una realtà ben definita lascia sui comportamenti e sui caratteri delle persone. E qui, in questo libro splendido, feroce e drammatico, che per il tramite della storia di due fratellastri & famiglia attraversa un breve ma delicato periodo della recente storia cinese, ci si può esercitare di fino in quest’arte, perché siamo in piena post-rivoluzione comunista e poi in piena rivoluzione culturale, ma siamo anche in un paese dalla tradizione millenaria, con un’incredibile continuità e stabilità politica, che fatica a liberarsi dell’influenza e dai condizionamenti (in positivo e in negativo) della vecchia società .
Contadini che si trasferiscono nelle città , senza che sia costruito un presidio di solidarietà sociale, di comunanza e cittadinanza, una rete di rapporti sociali non mediati dalle istituzioni comuniste, si ritirano, e spesso si rinchiudono, nei momenti difficili, in quello che da sempre è il nucleo primigenio delle società : la famiglia. Mentre esteriormente si predica sinceramente un’ideologia comunitaria e egualitaria, retorica e pervasiva come poteva esserlo il maoismo, fatta di sacrifici, ma anche di una identificazione negli ideali rivoluzionari che pure appare profonda e radicata, nella vita di tutti i giorni, per come ci viene raccontata dall’autore, ci si accorge che la sofferenza o difficoltà altrui è poco o punto percepita, a meno che non riguardi un familiare.
Che ad esempio due ragazzi, anzi due bambini, i personaggi del titolo del libro, possano perdere - per un periodo - il supporto di padre e madre e doversi arrangiare senza che un vicino, un amico di famiglia, un conoscente compassionevole, in assenza di parenti, possa occuparsene provvisoriamente è qualcosa di difficile da capire, qualcosa di veramente distante dal nostro mondo di valori. Anche in assenza di un'economia di mercato, tutto appare retto da logiche freddamente utilitaristiche, egoistiche, quasi da mors tua vita mea, altro che sol dell'avvenir. Questo enorme divario tra ideale e reale, questa incapacità di compassione è ciò che più mi ha stupito del libro. Ritenevo che proprio nei momenti di maggiore difficoltà , di incertezza, di bisogno, ci potesse essere lo spazio per la solidarietà umana tra poveri e derelitti, che ci potesse essere lo spazio per l’aiuto e il sostegno reciproco. Nella Cina raccontata da Yu Hua non c'era. Sangue, orrore, follia e violenza, se non riguardano un familiare (lì diventano davvero strazianti) paiono passare senza conseguenze, trattati alla stregua di inevitabili catastrofi naturali.
Detto ciò non dirò nulla sulla trama, ma il libro è bellissimo e scritto meravigliosamente: spiritoso, triste, ironico, commovente, drammatico, autentico...sicuramente una delle migliori letture del 2016.
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Brothers.
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Reading Progress
Started Reading
December 4, 2016
–
Finished Reading
July 28, 2017
– Shelved
August 1, 2017
– Shelved as:
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