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A volte penso che l'isteria sia solo una congiura dell'inconscio, che tenta di riprodurre asetticamente lo stato fisico dell'eccitazione sessuale senza il piacere, anzi accompagnandolo con la sofferenza.

A metà fra saggio psicologico e romanzo, questo libro in realtà raccoglie le confessioni di uno psicoterapeuta che si trova a dover affrontare il caso di isteria di una giovane donna.
Inizialmente Reiko sostiene di non riuscire a sentire la musica,  solo in un secondo momento l'analista capisce che la musica è solo una metafora del piacere sessuale.
Tornano i temi cari a Mishima, il piacere un po' perverso per la morte che molto spesso sfiora quello sessuale.
L'idea del suicidio accarezzata come una malinconica compagna di vita.
Limitarsi alla semplice analisi del soggetto sarebbe stato riduttivo.
I rapporti fra medico e paziente iniziano a farsi ambigui,  se poi il raggio delle conoscenze si amplia alle rispettive relazioni tutto diventa più complicato.
Quel che ho trovato strano e poco realistico è stata la tendenza del medico a condividere lo stato del paziente con le persone legate anche sentimentalmente e il diventarne addirittura amico nel finale.
Questo, a mio parere,  ha reso gli ultimi capitoli un po' forzati e fuori contesto.