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Di Tim Marshall ci eravamo goduti due anni fa “Le dieci mappa che spiegano il mondo�� (uso il plurale perché io e MoglieRiccia lo abbiamo prestato, consigliato, regalato con grande soddisfazione). Comprensibile quindi che gli occhi di entrambi si siamo illuminati posandosi sulla (bella) copertina di I muri che dividono il mondo, nuovo lavoro del saggista inglese direttore, tra l’altro, di thewhatandthewhy.com.

Chiaro, direi inevitabile, che il soggetto stesso del volume fosse ad altissimo rischio di polemiche politiche; in realtà, come spesso accade quando affronti tematiche internazionali grazie ad un osservatorio esterno ai confini nazionali, il focus sull’Italia è incidentale, direi quasi nullo. Decisamente più interessante �� e probabilmente anche foriero di un attimo di riflessione �� concentrarsi grazie a Tim Marshall su che cosa sia davvero un muro: dalla pura protezione di un confine divenuta nel tempo quasi ideologica (la Muraglia cinese, il Vallo Adriano) al tentativo di mantenere in un’area più o meno vasta privilegi ereditati o conquistati (Messico-USA), da simbolo di profondissime (e forse irrisolvibili) suddivisioni religiose (la Cisgiordania) alla volontà di non dimostrare al proprio popolo il fallimento di una intera era politica (Berlino). Marshall, suddividendo il volume per aree geografiche, ci mostra i muri di tutto il mondo con lo sguardo dell’analista politico in cerca di spiegazioni, con il racconto al passato di come sono nati e quello orientato al futuro di cosa potrà succedere.

E come succede con gli ottimi saggi storici o politici, il lettore si pone delle domande. Io mi sono chiesto quale muro sarei disposto ad abbattere e di quale, invece, sopporterei la costruzione con una giustificazione che è spesso figlia della paura. Sono domande che ho tenuto aperte, come si fa quando non vuoi risponderti banalmente o sulla base di un’emozione. E prima o poi approderò a qualche piccola risposta.