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Al di là di gusti e giudizi, un romanzo che rappresenta un unicum. Quanti autori hanno avuto occasione di esprimersi così liberamente su argomenti tabù e sul mondo in generale sapendo di essere ad un passo dalla fine? Cyril Collard scrisse questo romanzo autobiografico dopo aver scoperto di avere l'AIDS, che negli anni '80 ancora era un argomento molto scabroso e polarizzante, trattato unicamente (quando capitava) con toni moralistici. Collard ne parla liberamente, raccontando della sua vita prima e dopo la scoperta della malattia, evitando qualsiasi tipo di giudizio e di autoriflessione in merito al contagio, di pentimento per ciò che è avvenuto in passato. Nel 1992, l'anno precedente alla sua morte realizzò anche una pellicola basata su questo romanzo, meno cupa e brutale, ma ugualmente potente e raffinata, mostrando un grande talento poliedrico svanito troppo presto.
Impossibile da leggere senza sospendere del tutto la morale, visto che molti comportamenti del protagonista-autore non lo sono affatto e potrebbero shockare più di qualche lettore. Si estetizza una situazione marginale ai limiti di un maledettismo ricercato? Sì e no, sarebbe sbagliato definirlo così, come spesso certa critica bolla romanzo e film: lo stile è spesso lirico, ricercato, delicato rispetto a ciò che viene narrato (in stile Genet per intenderci, citato esplicitamente nel romanzo) ma più che per una voglia di scandalizzare e di farsi notare, è semplicemente il racconto della vita di una persona che non ha più nulla da perdere e da tenersi per sè, ormai del tutto libero davanti alla morte.