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Marcello S's Reviews > Fine

Fine by Karl Ove Knausgård
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(1) Eccolo, il capitolo finale. Allo stesso tempo tremendamente affascinante e assolutamente respingente.
(2) Seguito ideale del secondo volume. Si apre a ridosso della pubblicazione del primo volume fino alla pubblicazione di questo. Knausgård e sua moglie Linda abitano al sesto piano di un appartamento nel centro di Malmö. Con loro i tre figli piccoli, Vanja, Heidi e John. Ogni giorno Karl Ove tenta di preservare il tempo per la scrittura mentre fa doverosamente colazione con i figli, li accompagna alla scuola materna, fa shopping. Sappiamo di ogni pannolino cambiato, ogni sigaretta fumata sul balcone, ogni tazza di caffè versata, della spesa al supermercato descritta in ogni sua minuscola fase, compreso il codice della carta di credito.
(3) È il momento in cui Knausgård ha inviato il manoscritto del suo primo libro a tutti coloro che ha citato e inizia a temere le loro reazioni. Alcune saranno furiose, in particolare quella dello zio Gunnar che vuole portarlo in tribunale e bloccare la pubblicazione del libro, al punto da mandarlo in crisi, travolto dal nervosismo e dalla vergogna. Cresce in lui il dubbio che la sua memoria sia inaffidabile, che se Gunnar è così certo che le cose siano andate diversamente, forse ha ragione. Nel frattempo i momenti estatici del suo rapporto con Linda hanno lasciato il posto all’irritazione per il disequilibrio nella divisione dei doveri familiari. Linda stessa dovrà leggere quello che ha scritto su di lei nel secondo volume, e non sarà così semplice.
(4) Molto ha a che fare con la colpa, con la morale, con l’identità umana e letteraria. Con la relazione tra letteratura e realtà, tra verità e soggettivo. Knausgård è spesso incapace di affrontare i problemi che lo travolgono e questo lo fa arrabbiare con se stesso. Si sente sempre inferiore agli altri e ha l'impressione di annoiarli. Nell’attesa di avere delle risposte dalle persone a cui ha inviato i suoi manoscritti controlla ossessivamente la posta elettronica. E quando arriva una mail ha paura di leggerla, cammina per casa o va a fumare in veranda. I giornali scrivono di lui che non ha amici, che beve fino a perdere il controllo, che grida contro i figli. Sono tutte cose che lui ha scritto, ma che pubblicate in un articolo hanno un sapore diverso rispetto alla sfera intima del romanzo, e lo fanno star male.
(5) Papà non era più nelle vicinanze, ma la paura della sua ira era stata trasferita su tutti gli altri: avevo vent’anni ed ero terrorizzato all’idea che altre persone potessero arrabbiarsi con me. Non scomparve mai. Quando tagliai i ponti e mi trasferii a Stoccolma, all’età di trentotto anni, quella paura era ancora dentro di me. Linda, che avevo conosciuto in quel periodo e con cui avevo messo al mondo dei figli, aveva un bel temperamento e spesso scattava in modo irrazionale, le sue esplosioni mi soggiogavano completamente riempiendomi di terrore perché alzava la voce per un nonnulla, e tutto quello a cui riuscivo a pensare era di fare in modo che le passasse. Anche all’età di quarant’anni, seduto in veranda una mattina d’agosto del 2009, temevo che qualcuno si arrabbiasse con me. Dato che ero io a fornirne il movente, ero così terrorizzato, disperato e pieno di dolore che non capivo come sarei riuscito a sopravvivere.
(6) Poi, a caso ma non del tutto, c’� una digressione sostanziale di 400 pagine che narra gli anni formativi di Hitler, la scrittura del Mein Kampf, la natura dell'antisemitismo nazista e l’Olocausto. È una parte forzata, sovradimensionata, estenuante.
Lessi degli ultimi giorni di Hitler, dell’atmosfera folle che si respirava laggiù, sottoterra, dove viveva con i suoi attendenti e le persone a lui più care, mentre la città sopra di loro, distrutta dai bombardamenti russi, era avvolta nelle fiamme che sembravano levarsi dall’inferno. Una volta Hitler era salito in superficie per passare in rassegna alcuni soldati della Gioventù hitleriana, avevo visto il filmato che era stato girato per l’occasione, Hitler è malato, cerca di controllare il tremolio della mano mentre passa da un ragazzo all’altro, doveva soffrire di Parkinson. Eppure, nei suoi occhi brilla un guizzo, qualcosa di inaspettatamente caloroso.
Com’era possibile?

(7) Contiene disquisizioni più o meno interessanti da saggio di critica letteraria su Hölderlin, Dostoevskij, la funzione dei nomi propri nei romanzi di Thomas Mann, Proust, Kafka, L�Ulisse di Joyce, in cui la storia risiede nei personaggi, a differenza di quanto avveniva prima. La mancanza di mediazione nello sguardo dei personaggi di Faulkner. L’elemento sociale in Rilke. Le poesie di Paul Celan. l’Antico testamento. L’interpretazione dell’Olocausto di Adorno e Horkheimer nella Dialettica dell’Illuminismo. Didone costruisce Cartagine di Turner. L�Eneide. Omero. Gli studi anatomici del Medioevo. Leonardo. Marx ed Engels. I diari di Gombrowicz. Handke. Il sublime.
(8) Da quelle parti parecchia gente si chiama Geir.
(9) La mia vita era terribile, era così che la percepivo, vivevo un’esistenza terribile e non ero abbastanza forte, non avevo il fegato per abbandonarla e per viverne una nuova. Spesso pensavo di andarmene, ogni tanto più volte al giorno, ma non potevo, non era possibile, non sopportavo il pensiero delle conseguenze che quella scelta avrebbe avuto per Linda e la sua vita, perché se c’era qualcosa che temeva era proprio quello, che io me ne andassi o morissi. Avevo anche paura della sua rabbia. E avevo paura di quella di sua madre. Non ero in grado di affrontare le enormi accuse che avrei ricevuto, il tradimento che con quel gesto compivo ai danni di Linda e dei nostri figli. Fu questo che mi portò a scrivere un romanzo dove me ne fregavo di tutto e raccontavo semplicemente come stavano le cose. Soltanto quando il libro fu pronto per essere pubblicato mi resi conto di quello che avevo fatto e così rividi il manoscritto cancellando il peggio. Non su Linda, ma sulle persone che le ruotavano intorno. E così inclusi la nostra storia d’amore, perché era grazie a quella che mi trovavo dove ero. Come era possibile che due persone che si amavano in modo così forte e chiaro, i cui cuori ardevano l’uno per l’altra, piombassero in un tale buio, in una tale miseria? (�) Linda offese mia madre, offese mio fratello e offese i miei amici e sapeva essere così sgradevole nei loro confronti che mi sentivo lacerare dentro dai conflitti di lealtà. Ma la vera follia era che l’immagine che aveva di quanto avveniva era l’esatto opposto di quella reale, e noi vivevamo partendo da quello.
(10) Come fai a sapere che danno ti è stato fatto e che danno stai facendo?
Dopo 4000 pagine totali(zzanti) posso dire che Knausgård è tra gli autori che hanno contribuito a formare l’idea di letteratura che ho oggi. Fine è una specie di resa dei conti, sia a livello pratico - le conseguenze della pubblicazione, la depressione di Linda - sia a livello letterario. È un progetto che impressiona per il senso di libertà mentale. Autofiction estrema e spigolosa. A tratti splendido, a tratti una mattonata. Lascia un senso di vertigine. Se l’idea di opera d’arte totale ha un senso, credo potrebbe trovarsi da queste parti.
[78/100]
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Reading Progress

March 19, 2020 – Shelved
March 19, 2020 – Shelved as: to-read
March 21, 2020 – Started Reading
March 22, 2020 –
page 100
7.82%
March 23, 2020 –
page 230
17.98%
March 23, 2020 –
page 330
25.8%
March 24, 2020 –
page 460
35.97%
March 25, 2020 –
page 600
46.91%
March 26, 2020 –
page 750
58.64%
March 27, 2020 –
page 900
70.37%
April 1, 2020 – Finished Reading

Comments Showing 1-3 of 3 (3 new)

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message 1: by Susanna (new)

Susanna Bellissima analisi del libro. Davvero molto interessante.


Emmapeel Non vedo l’ora di leggerlo, anche grazie al tuo bel commento.


message 3: by Silvia (new) - added it

Silvia Bello, grazie. "Da quelle parti parecchia gente si chiama Geir" :)


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