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La mia autobiografia by Charlie Chaplin
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bookshelves: 1900, biografie, letteratura-inglese

Voglio essere critico, perché la delusione è stata progressiva. La lettura scorre via senza fatica. In prosa discorsiva, lineare. Le descrizioni d'ambiente, soprattutto all'inizio, sono molto interessanti. Illustrano un mondo che è difficile per noi raffigurare, perché lontano, poco rappresentato (diciamo "tra Dickens e la IGM"): i sobborghi poveri di Londra all'inizio del '900; l'abitudine a una precarietà esistenziale epidemica; poi, Los Angeles degli anni 10, ancora circondata da una natura vergine; il vero pionierismo del cinema ("forma espressiva" tutta da inventare, di cui concepire una poetica. Non ancora un'arte); la nascita del divismo, e dell'opulenza, negli USA. Con sguardo disincantato, è interessante ragionare sulle implicazioni di un salto così... iperbolico, tra una marcia povertà da reietti e le più sfavillanti luci di una ribalta ricchissima, famosissima e osannatissima (per meriti indubbi, sia chiaro).

Poi, però, ci si annoia sempre più a sfogliare un mero catalogo di incontri illustri che sembra non avere mai fine, né limite: dai primi ammirati uomini di spettacolo (Valentino, Caruso, Fairbanks, Wells), alle personalità della cultura e del pensiero (Einstein, Mann, Rachmaninof, Horovitz), ai magnati della finanza mondiale (...), ai politici influenti o capi di stato (Churchill, Roosevelt), alle più eminenti vette politico-etico-religiose (il Principe di Galles, Gandhi). Ben presto ci si accorge di avere a che fare con un elenco sconfinato di... credenziali, il cui interesse specifico non consiste tanto nell'approfondire, con curiosità umanistica e culturale, i motivi della grandezza, ma in quello ben più prosaico di apparentarvisi. Un classico medagliere da "parvenu".
Si ragiona un po', a quel punto, e si scopre che non una parola è spesa per chi, al pari con lui, ha contribuito alla grandezza della creatività espressiva del cinema (non sono neanche nominati Buster Keaton, Laurel e Hardy, Langdon); né si va mai oltre alla descrizione superficiale, in qualche caso vagamente pettegola, di quegli incontri e di quelle personalità. Ci si avvede della consumata nonchalance con cui viene sfoggiata a ogni passo la nota-spese di una ricchezza sempre più spropositata. Si nota - dopo avere sorvolato, in attesa di un qualche sentimento - che i tanti rapporti con le donne di cui si parla sono tutti improntati all'acquisto di un' ³ó±ð»å´Ç²Ôè leziosa, passeggera, poco paziente e autoreferenziale; da collezionista. E che quelli taciuti sono la maggioranza. Si nota l'assenza totale di un racconto emotivo della propria paternità; della solitudine monumentale; di una probabile anaffettività, e si capisce, infine, che tutto, davvero tutto, è misurato al metro silenzioso e arido del potere della notorietà, e del denaro. Ciò stride con la profonda umanità che il personaggio Charlot ha introdotto nella narrazione filmica, e che tanto lo rese famoso e apprezzato. Ma, anche qui, una veloce rilettura della genesi dei suoi film non esclude il calcolo, più che l'intento estetico. La vaga delusione umana rende a quel punto insipido il libro. Un po' poco, come frutto di un incommensurabile sorriso del Destino.
Sia chiaro che, come sempre, questa è una semplice opinione. E come tale va presa.
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Reading Progress

February 13, 2013 – Started Reading
February 13, 2013 – Shelved as: 1900
February 13, 2013 – Shelved
February 13, 2013 – Shelved as: biografie
February 13, 2013 – Shelved as: letteratura-inglese
February 13, 2013 –
page 255
49.42%
February 15, 2013 –
page 346
67.05%
February 17, 2013 – Finished Reading

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