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Antonio Ippolito's Reviews > The Stand

The Stand by Stephen        King
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bookshelves: english, fantasy, science-fiction

“L’ombra dello scorpione: la risposta di Stephen King al Signore degli Anelli�.
Ecco un bel titolone acchiappa-like! Ma prima di considerarlo una completa cretinata, provate a prenderlo come una provocazione intellettuale.
“The stand�
(ovvero “La resistenza�, ma in italiano non si sono sentiti di tradurlo letteralmente; e dov’� poi questo scorpione?)
“The stand�, appunto, come noto è piuttosto diverso dagli altri libri di King: molta più fantascienza che horror all’inizio, per poi virare a un weird, è una summa del catastrofismo anni �70, specialmente urbano: Andromeda di Crichton ibridato con I guerrieri della notte al suono della musica di Springsteen (inteso come Born to run: una strofa è citata per esteso nel testo; e il personaggio di Larry Underwood è un po� Bruce).
(ma non era questo romanzo una metafora dell’AIDS? Ci arriviamo)
Avviciniamoci un passo alla volta a questo monumento letterario, il romanzo più lungo di uno scrittore già di suo non sintetico (la Complete and Uncut version è qualche decina di pagine più lunga di It; completa il podio Tommyknockers, con cui però il rapporto qualità/pagine crolla ai minimi della produzione kinghiana: di conseguenza Le creature del buio è una delle sue opere meno lette).
Nella prefazione del 2000 King sostiene che è il suo romanzo su cui i fan più lo interrogano; a giudicare da quanto sento, almeno in Italia è surclassato da It. Di sicuro è un King di una fase precedente: a mio parere ognuno dei due romanzi racchiude molto bene il decennio di cui è figlio.
Come It, alcune centinaia di pagine sono dedicate alla preparazione dell’azione principale; ma sono forse le pagine più belle. L’esplodere della pestilenza con l’emergere di Stu Redman, la fuga di Underwood da Los Angeles a New York e le scene di terrore urbano, l’indomita Frannie che, nel verdeggiante Maine, scopre di essere incinta del suo fidanzato e scopre anche che non vuole saperne di lui..
Lo stile di King è più che mai iperrealistico, tutto citare marchi e brand e brani di canzoni, con un effetto tra Hopper e Warhol; per chi non è cresciuto negli US e non conosce la tale marca di cioccolatini o di sigarette è quasi fastidioso, ma al tempo stesso è di un realismo palpitante.
Un elemento straniante è che King ha rimaneggiato più volte questo romanzo: pubblicato nel �78 con ambientazione nell�80 (quindi nel presente), è stato ripubblicato negli anni �80 con ambientazioe nel �90 (quindi in teoria fantascienza); ma la nuova edizione non si è limitata a recuperare 400 pagine tagliate dalla precedente: ha anche comportato una serie di riscritture e di dettagli per “datare in avanti� la storia: di conseguenza una ragazza ha in camera il poster di Love Story (icona anni �70) ma un altro personaggio quello di Madonna (icona anni �80). Si citano classici degli anni �70 come La collina dei conigli e Il signore degli Anelli, Bob Dylan e i terroristi Weathermen; ma anche Reagan, Tom Cruise, Roger Rabbit, Predator, l’AIDS, addirittura le Tartarughe Ninja.
(quindi può il romanzo essere una metafora dell’AIDS, vhe negli anni �70 era ignoto?
Direi di no. Forse della tossicodipendenza)
Ma il nucleo duro del romanzo è decisamente anni �70: una New York in preda a criminalità, inflazione e recessione, senza nessuna elaborazione futuribile; con un odio razziale palpabile (l’ossessione dei bianchi contro la musica e le vocalità dei “niggers�: pensavo fossero polemiche dei tempi di Elvis. Proprio non ci rendiamo conto di quanto siano profonde..).
Romanzo con venature politiche come mai nella produzione del Re. L’esercito, con i suoi esperimenti segreti ecc, non fa mai bella figura nei romanzi horror: ma qui King sembra quasi antimilitarista, considerando che ci mostra ufficiali veloci a reprimere nel sangue un atto di disobbedienza di un gruppo di coraggiosi giornalisti (che cercano di denunciare la pestilenza a cui gli stessi ufficiali presto soccomberanno), alti comandi che “per non saper né leggere né scrivere� fanno in modo che l’epidemia scoppi anche nel resto del mondo, in una specie di infame “muoia Sansone con tutti i Filistei�, soldati che dopp la catastrofe tengono un harem di donne schiavizzate da uccidere via via quando non servono più,.. e chi avrebbe detto che King mostrasse una rivolta guidata da studenti maoisti come quella che cerca di aprire gli occhi alla gente (parimenti repressa nel sangue)? Non manca un brano apertamente derisorio sulla religione..
King si toglie anche lo sfizio di riassumere tante sue passioni in altrettante strizzatine d’occhio, come per ricapitolare un’epoca: il sergente Carella dei romanzi dell�87° Distretto (di Ed McBain) è addirittura un protagonista minore; c’� un paragrafo su Thomas Wolfe, autore di culto già amato da Bradbury; ci si riferisce all� “occhio di Sauron�..
Ma il romanzo è soprattutto un fiorire continuo di personaggi: primari, secondari e minori; tutti traboccanti di umanità e con ampie sottotrame, come nella tradizione di King; dagli eroici protagonisti, personaggi che come nei migliori romanzi crescono nel corso della storia (Stu, Frannie, Larry, gli altri del governo della “città del bene�, Denver; le donne sfuggite alla schiavitù sessuale e ormai pronte a difendere a ogni costo la loro libertà, dovesse durare solo un altro giorno) ai pazzi furiosi come The Kid e Trashcan Man, che dànno al romanzo toni grotteschi in mezzo alle scene apocalittiche di città abbandonate e autostrade intasate da auto cariche di morti putrefatti per la malattia; passando per i cattivi, che non sono solo il mefistofelico Randall Garrett alias Walking Dude, ma soprattutto i mediocri rancorosi come la giovane ninfomane. E poi ci sono i personaggi ambigui: bellissimi personaggi come Harold e Nadine, quelli che i casi della vita (o un’influenza sovrannaturale) hanno resi tali, ma avrebbero potuto essere molto migliori.
In estrema sintesi, la storia è quella della “Resistenza� (“The Stand�, appunto) che i sopravvissuti alla pestilenza cercano di organizzare nella “Città del bene� (termine mio), Denver, guidati dalla anziana veggente Abagail; sapendo che al di là delle Montagne Rocciose, a Las Vegas, lo spirito del Male sta organizzando la sua città, e presto verrà a distruggerli.
Un tema apocalittico e biblico, profondamente americano; che porta a molte intelligenti riflessioni su cosa siano il bene e il male; King, da vero scrittore, lascia che siano i protagonisti e la storia a rispondere per lui.
Ma il Male è troppo forte per essere sconfitto con le sue stesse armi in campo aperto (è la sua natura): per farlo servono hobbit deboli ma puri e pronti al sacrificio, senza calcoli di convenienza. I migliori elementi della Città del Bene partono a piedi, disarmati, per Las Vegas: innocenti nelle fauci del drago in una missione suicida non solo per sé stessi ma anche per Denver.. e ci sarà anche un Boromir, ovvero un impensabile traditore, nelle loro fila..
A questo punto è evidente il parallelismo con Tolkien: con la differenza stilistica che l’inglese, da vero credente, nasconde i simboli cristiani abbastanza in profondità nella sua storia perchè li trovi solo chi li vuole trovare; l’americano, in quanto tale e probabilmente non credente, li esibisce come strumenti narrativi (le visioni di Abagail, ecc.).
PS: facendo un po� di ricerca prima di chiudere queste note, ho letto che King stesso ha spiegato che questo romanzo voleva essere una risposta al SdA: e va bene, niente scoop; del resto era piuttosto evidente..
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Reading Progress

July 21, 2023 – Started Reading
July 21, 2023 – Shelved
July 21, 2023 –
page 30
2.26%
July 28, 2023 –
page 200
15.08%
August 1, 2023 –
page 320
24.13%
August 15, 2023 –
page 600
45.25%
August 20, 2023 –
page 800
60.33%
August 22, 2023 –
page 900
67.87%
August 30, 2023 –
page 1050
79.19%
September 4, 2023 – Shelved as: english
September 4, 2023 – Shelved as: fantasy
September 4, 2023 – Shelved as: science-fiction
September 4, 2023 – Finished Reading

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