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Uno dei primi romanzi femministi comparsi in Italia.
Quanto è amaro questo libro, quanto ha sofferto Sibilla negli anni.
Comincia col padre, che la incoraggia verso l'indipendenza, la sprona a essere una donna che non si sottomette alle regole comuni della società. Poi però quell'uomo le volta le spalle.
Poi un uomo la stupra.
Poi Sibilla si sposa con un uomo che, ben presto se ne rende conto, non le dà amore, né la intriga intellettualmente.
Unica gioia di Sibilla è il figlio. Lei che da giovane non voleva sposarsi, non voleva essere relegata al ruolo di moglie e madre, ora è proprio quello: una madre, e il figlio è l'unica sua fonte di felicità.
Poi arriva la scrittura: Sibilla riesce a dare spazio all sue idee di donna, e sembra rinascere.
Fino a un certo punto: fino a quando non si rende conto che essere sposati con quell'uomo meschino non le permetterà di essere mai davvero indipendente.
Vorrebbe andarsene, scappare col figlio, ma ehi, sei una donna, non sei padrona di niente, niente è davvero tuo, manco tuo figlio, che hai cresciuto per nove mesi, che hai fatto uscire dal tuo corpo. Il figlio è del marito, dell'uomo; la casa è del marito, dell'uomo; i soldi sono del marito, dell'uomo. Tutto è dell'uomo. Solo le idee, i pensieri, rimangono davvero tuoi, se sei donna.
E allora Sibilla se ne va, abbandona il figlio che ama perché è l'unico modo che ha per continuare a vivere.
Il prezzo per essere una donna è davvero troppo caro.