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Otaku. La cultura che ci ha trasformato in animali accumuladati
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Scritto affascinante che mette in evidenza la cultura otaku, analizzandola, e riflettendo attraverso essa sul postmodernismo. L'opera, tuttavia, datata e pubblicata nel 2001, è anacronistica. In primis, per il suo approccio nippocentrico: non tiene conto di come la cultura otaku abbia avuto diverse declinazioni in diverse parti del mondo, e questo è abbastanza grave considerando che l'eredità statunitense che si porta dietro tale "subcultura".
Infine, il concetto di uomo accumulato - definizione utilizzata per indicare individui che, anziché vivere esperienze autentiche, tendono ad accumulare simulacri e frammenti di non-narrazione, concentrandosi solo sulla forma delle emozioni, spersonalizzandole - penso sia stato poco approfondito, a stento sfiorato, soprattutto nella sua relazione con il suo mimetismo in epoca digitale; ma questo è figlio del suo tempo, nel 2001, il web era agli albori, siamo ancora lontani dalla società memetica e iperdigitalizzata. Oserei dire anche che tale concetto, correlato al postmodernismo, sia comunque superato: oggi esperiamo il mondo non più accumulando dati e simulacri fisici, conservandone le forme, ma tendiamo a considerare l'accumulo come utile alle relazioni sociali che sono andate via via a digitalizzarsi. Questo ci ha portati anche a riconsiderare il nostro modello di consumo: pensiamo semplicemente all'accumulo di meme, non lo si fa più per creare una non-narrazione, come accadeva con i dati fisici, ma tendiamo a veicolarne anche il significato per contribuire all'universo digitale. Questo porta anche ad accumulare dati, in esempio ai meme, più velocemente che in passato come del resto si estinguono tanto più rapidamente possibile, inghiottiti in qualche angolo di deep-web. Questo modello di consumo ha aperto le porte anche a una discarica di dati, in cui una volta accumulati vengono poi trasformati in rifiuti che non fanno neppure parte di una non-narrazione. L'uomo quindi ora si trova a prendere parte al ruolo di spazzino, individuo memetico che cinicamente getta via ogni cosa posseduta, anche sé stesso.
Infine, il concetto di uomo accumulato - definizione utilizzata per indicare individui che, anziché vivere esperienze autentiche, tendono ad accumulare simulacri e frammenti di non-narrazione, concentrandosi solo sulla forma delle emozioni, spersonalizzandole - penso sia stato poco approfondito, a stento sfiorato, soprattutto nella sua relazione con il suo mimetismo in epoca digitale; ma questo è figlio del suo tempo, nel 2001, il web era agli albori, siamo ancora lontani dalla società memetica e iperdigitalizzata. Oserei dire anche che tale concetto, correlato al postmodernismo, sia comunque superato: oggi esperiamo il mondo non più accumulando dati e simulacri fisici, conservandone le forme, ma tendiamo a considerare l'accumulo come utile alle relazioni sociali che sono andate via via a digitalizzarsi. Questo ci ha portati anche a riconsiderare il nostro modello di consumo: pensiamo semplicemente all'accumulo di meme, non lo si fa più per creare una non-narrazione, come accadeva con i dati fisici, ma tendiamo a veicolarne anche il significato per contribuire all'universo digitale. Questo porta anche ad accumulare dati, in esempio ai meme, più velocemente che in passato come del resto si estinguono tanto più rapidamente possibile, inghiottiti in qualche angolo di deep-web. Questo modello di consumo ha aperto le porte anche a una discarica di dati, in cui una volta accumulati vengono poi trasformati in rifiuti che non fanno neppure parte di una non-narrazione. L'uomo quindi ora si trova a prendere parte al ruolo di spazzino, individuo memetico che cinicamente getta via ogni cosa posseduta, anche sé stesso.
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January 28, 2025
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