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Mio caro pitone
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E� il linguaggio di Cousin, l’io-narrante di questa storia, l’impiegato incolore e solitario di un grande ufficio di statistica, estraneo (quasi quanto un Bartleby) in una società estraniante, generatrice di solitudini, ad essere ironico e surreale, pieno di inventiva e a saltare agli occhi fin dalle prime pagine.
Cousin si adatta a un mondo che non comprende e che non lo comprende usando termini non compresi appieno, creando un lessico che risulta originalissimo e dagli effetti straniatamente buffi. Definito dal capoufficio come “un uomo solo con nessuno dentro�, sente la necessità continua di “fare pseudo-pseudo, come tutti gli altri�, di nascondere la propria vera essenza, la propria identità, “a scopo di speranza�.
La faccenda è che Cousin, come tutti, cerca di riempire il vuoto della sua vita con l’amore. Risulta teneramente patetico quando frequenta “le buone puttane� più in cerca di calore e di abbracci che per sfogo sessuale, e ancora di più quando cerca lo stesso calore nel sentirsi stretto “a scopo affettivo� tra le spire di Gros-Calìn, il pitone che alleva nel suo miniappartamento parigino.
Sarà proprio nella natura animale del serpente, in quelle regole istintive e puramente innocenti dettate da madrenatura, che Cousin troverà anche la propria reale essenza, fino a identificarsi pienamente con il rettile.
La sua apparenza umana non sarà a questo punto che il gioco delle parti che ognuno interpreta per sopravvivere in questa incomprensibile e assurda società dei consumi, delle fredde statistiche, delle regole di buona convenienza. Necessità di nascondersi, di fingere, di apparire diversi da quello che si è per potere essere se stessi e poter continuare a sperare.
Romain Gary non sposa il surrealismo tagliente, un po� dadaista, di Queneau, ma si inventa una lingua personale (che svilupperà ulteriormente nel successivo capolavoro “La vita davanti a sé�) per immedesimarsi in un personaggio, anche se ironicamente metaforico, perchè soffre le sue stesse pene.
Dopo un vasto successo ed un premio letterario come il Goncourt per “Le radici del cielo� di molti anni prima, era stato infatti pressochè dimenticato, e quasi ignorato dagli editori.
Così, come Cousin rinasce serpente, Gary proprio con questo romanzo rinasce sotto il nome di uno sconosciuto Emile Ajar, senza che nessuno sappia che dietro all’uno si nasconde l’altro, e con il nuovo pseudonimo ed un altro romanzo (La vita davanti a sé) riconquisterà il Goncourt (risultando quindi l’unico autore ad averlo vinto due volte), e la popolarità perduta.
Solo dopo il suo suicidio (1980), e la pubblicazione del suo “Vita e morte di Emile Ajar�(1981) si verrà a sapere che si trattava dello stesso scrittore.
Ho trovato il libro divertente, amaro, ricco di invenzione e di spietata capacità di analisi. Non mancano episodi di pura comicità (la fuoriuscita del pitone fuggiasco dalla tazza del gabinetto dell’inquilina del piano di sotto, gli incontri in ascensore con l’amata signorina Dreyfuss, i dialoghi surreali con i poliziotti, o quelli con le “buone puttane� che lo costringono a fare il bidet), ma non c’� vera allegria nelle pagine del libro, se non nelle note di “Boum � la celebre canzone di Charles Trenet, che compare un paio di volte nella storia, l’ultima proprio nel finale (il secondo finale aggiunto), quasi a farne da colonna sonora, in perfetto contrasto con la sua conclusione visionaria e dolce-amara.
Il mio consiglio è di andarla a cercare su You Tube, e di ascoltarla prima di chiudere l’ultima pagina.
Dopodichè il dubbio tra assegnare 4 o 5 stelline è felicemente risolto.
Cousin si adatta a un mondo che non comprende e che non lo comprende usando termini non compresi appieno, creando un lessico che risulta originalissimo e dagli effetti straniatamente buffi. Definito dal capoufficio come “un uomo solo con nessuno dentro�, sente la necessità continua di “fare pseudo-pseudo, come tutti gli altri�, di nascondere la propria vera essenza, la propria identità, “a scopo di speranza�.
La faccenda è che Cousin, come tutti, cerca di riempire il vuoto della sua vita con l’amore. Risulta teneramente patetico quando frequenta “le buone puttane� più in cerca di calore e di abbracci che per sfogo sessuale, e ancora di più quando cerca lo stesso calore nel sentirsi stretto “a scopo affettivo� tra le spire di Gros-Calìn, il pitone che alleva nel suo miniappartamento parigino.
Sarà proprio nella natura animale del serpente, in quelle regole istintive e puramente innocenti dettate da madrenatura, che Cousin troverà anche la propria reale essenza, fino a identificarsi pienamente con il rettile.
La sua apparenza umana non sarà a questo punto che il gioco delle parti che ognuno interpreta per sopravvivere in questa incomprensibile e assurda società dei consumi, delle fredde statistiche, delle regole di buona convenienza. Necessità di nascondersi, di fingere, di apparire diversi da quello che si è per potere essere se stessi e poter continuare a sperare.
Romain Gary non sposa il surrealismo tagliente, un po� dadaista, di Queneau, ma si inventa una lingua personale (che svilupperà ulteriormente nel successivo capolavoro “La vita davanti a sé�) per immedesimarsi in un personaggio, anche se ironicamente metaforico, perchè soffre le sue stesse pene.
Dopo un vasto successo ed un premio letterario come il Goncourt per “Le radici del cielo� di molti anni prima, era stato infatti pressochè dimenticato, e quasi ignorato dagli editori.
Così, come Cousin rinasce serpente, Gary proprio con questo romanzo rinasce sotto il nome di uno sconosciuto Emile Ajar, senza che nessuno sappia che dietro all’uno si nasconde l’altro, e con il nuovo pseudonimo ed un altro romanzo (La vita davanti a sé) riconquisterà il Goncourt (risultando quindi l’unico autore ad averlo vinto due volte), e la popolarità perduta.
Solo dopo il suo suicidio (1980), e la pubblicazione del suo “Vita e morte di Emile Ajar�(1981) si verrà a sapere che si trattava dello stesso scrittore.
Ho trovato il libro divertente, amaro, ricco di invenzione e di spietata capacità di analisi. Non mancano episodi di pura comicità (la fuoriuscita del pitone fuggiasco dalla tazza del gabinetto dell’inquilina del piano di sotto, gli incontri in ascensore con l’amata signorina Dreyfuss, i dialoghi surreali con i poliziotti, o quelli con le “buone puttane� che lo costringono a fare il bidet), ma non c’� vera allegria nelle pagine del libro, se non nelle note di “Boum � la celebre canzone di Charles Trenet, che compare un paio di volte nella storia, l’ultima proprio nel finale (il secondo finale aggiunto), quasi a farne da colonna sonora, in perfetto contrasto con la sua conclusione visionaria e dolce-amara.
Il mio consiglio è di andarla a cercare su You Tube, e di ascoltarla prima di chiudere l’ultima pagina.
Dopodichè il dubbio tra assegnare 4 o 5 stelline è felicemente risolto.
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Mio caro pitone.
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October 12, 2013
– Shelved
Started Reading
June 20, 2014
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Emilio
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Dec 06, 2017 03:14AM

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