Oriana Fallaci was born in Florence, Italy. During World War II, she joined the resistance despite her youth, in the democratic armed group "Giustizia e Libertà ". Her father Edoardo Fallaci, a cabinet maker in Florence, was a political activist struggling to put an end to the dictatorship of Italian fascist leader Benito Mussolini. It was during this period that Fallaci was first exposed to the atrocities of war.
Fallaci began her journalistic career in her teens, becoming a special correspondent for the Italian paper Il mattino dell'Italia centrale in 1946. Since 1967 she worked as a war correspondent, in Vietnam, for the Indo-Pakistani War, in the Middle East and in South America. For many years, Fallaci was a special correspondent for the political magazine L'Europeo and wrote for a number of leading newspapers and Epoca magazine. During the 1968 Tlatelolco massacre prior to the 1968 Summer Olympics, Fallaci was shot three times, dragged down stairs by her hair, and left for dead by Mexican forces. According to The New Yorker, her former support of the student activists "devolved into a dislike of Mexicans":
The demonstrations by immigrants in the United States these past few months "disgust" her, especially when protesters displayed the Mexican flag. "I don't love the Mexicans," Fallaci said, invoking her nasty treatment at the hands of Mexican police in 1968. "If you hold a gun and say, 'Choose who is worse between the Muslims and the Mexicans,' I have a moment of hesitation. Then I choose the Muslims, because they have broken my balls."
In the late 1970s, she had an affair with the subject of one of her interviews, Alexandros Panagoulis, who had been a solitary figure in the Greek resistance against the 1967 dictatorship, having been captured, heavily tortured and imprisoned for his (unsuccessful) assassination attempt against dictator and ex-Colonel Georgios Papadopoulos. Panagoulis died in 1976, under controversial circumstances, in a road accident. Fallaci maintained that Panagoulis was assassinated by remnants of the Greek military junta and her book Un Uomo (A Man) was inspired by the life of Panagoulis.
During her 1972 interview with Henry Kissinger, Kissinger agreed that the Vietnam War was a "useless war" and compared himself to "the cowboy who leads the wagon train by riding ahead alone on his horse".Kissinger later wrote that it was "the single most disastrous conversation I have ever had with any member of the press."
She has written several novels uncomfortably close to raw reality which have been bestsellers in Italy and widely translated. Fallaci, a fully emancipated and successful woman in the man's world of international political and battlefront journalism, has antagonized many feminists by her outright individualism, her championship of motherhood, and her idolization of heroic manhood. In journalism, her critics have felt that she has outraged the conventions of interviewing and reporting. As a novelist, she shatters the invisible diaphragm of literariness, and is accused of betraying, or simply failing literature.
Fallaci has twice received the St. Vincent Prize for journalism, as well as the Bancarella Prize (1971) for Nothing, and So Be It; Viareggio Prize (1979), for Un uomo: Romanzo; and Prix Antibes, 1993, for Inshallah. She received a D.Litt. from Columbia College (Chicago). She has lectured at the University of Chicago, Yale University, Harvard University, and Columbia University. Fallaci’s writings have been translated into 21 languages including English, Spanish, French, Dutch, German, Greek, Swedish, Polish, Croatian and Slovenian.
Fallaci was a life-long heavy smoker. She died on September 15, 2006 in her native Florence from breast cancer.
1) Le ripetizioni infinite; credo che tutte, TUTTE le frasi pronunciate almeno una volta in questo romanzo siano poi state ripetute in un numero variabile da due a cinque volte. In ogni pagina ci sono richiami continui a concetti espressi pagine prima, ripetuti spesso e volentieri con le stesse identiche parole, nello stesso ordine. Chiaramente una scelta stilistica, altrettanto chiaramente una scelta stilistica estenuante. Non smetterò mai di immaginare la Fallaci china sulla sua scrivania a scrivere su fogli sciolti che va a scavare fra gli appunti per recuperare pagina TOT del manoscritto per ricopiare la stessa frase usata in quella pagina anche a pagina TOT #2, e poi, dopo qualche settimana, anche a pagina TOT #3. Una roba che se non avesse contribuito a gonfiare il volume fino al ridicolo e non fosse stata utilizzata così tante volte da diventare snervante avrebbe potuto forse essere piacevole, ma l'abuso è l'antitesi della piacevolezza, per cui.
2) Il multilinguismo ostentato e INUTILE che attraversa tutta l'interezza della storia. Ci sono pagine e pagine (a volte anche in blocchi di 3-5) di dialoghi che si svolgono contemporaneamente in tre dialetti diversi, o in un dialetto e una lingua straniera, o in italiano e tre lingue straniere diverse, e per ognuna delle battute in dialetto o in lingua straniera la Fallaci offre la traduzione integrale all'interno della battuta stessa. Lo schema era tipo "'Ah!, such a beautiful day, Ah!, che bella giornata,' disse il colonnello", ripetuto all'infinito, per pagine e pagine e pagine, tant'è che dialoghi che avrebbero potuto benissimo essere contenuti in due facciate finivano invariabilmente per occuparne sei, costringendo il lettore a barcamenarsi all'interno di lingue sconosciute (e alle volte illeggibili) per andare a scovare la traduzione senza mai sapere quando esattamente sarebbe arrivata. Una roba da farsi venire la nausea.
3) La quantità spaventosa di personaggi, un buon 50% dei quali totalmente inutili. Il modus operandi della Fallaci è stato per tutto il romanzo il seguente: inserisci nuovo personaggio -> raccontane tutto il passato -> raccontane vita, morte e miracoli nel presente -> fallo morire a un certo punto, o fagli capitare qualcosa di agghiacciante, sperando che la full-immersion nella sua descrizione biografica abbia contribuito a generare nel lettore un po' di empatia. Il problema è che quando presenti un personaggio a pagina, fai, 50 raccontandone vita, morte e miracoli, poi lo fai apparire randomicamente a pagina 130 e di nuovo a pagina 500 e poi gli fai accadere qualcosa di atroce a pagina 700 il lettore ha già avuto tutto il tempo di rimuoverlo integralmente dalla propria memoria non una, non due ma TRE volte, e l'empatia, se pure s'era creata sul momento, quando dovrebbe contare è sparita del tutto.
Con la metà dei personaggi, un uso più parsimonioso delle ripetizioni e senza la traduzione simultanea dei duecento dialetti e venti lingue straniere inutili che hanno ammazzato la scorrevolezza della narrazione, forse avrei potuto trattare questo romanzo come un libro e giudicarlo per quello che è o si proponeva di essere; nei fatti, però, è stato un peso, una tortura e uno strazio (certi giorni mi è capitato di mettermi seduta e macinare un centinaio di pagine in tre ore solo per la disperazione assoluta di volere arrivare quanto prima alla fine), e pertanto giudicarlo in qualsiasi altro modo mi è impossibile. Sono solo contenta di essermelo tolto di torno.
Un libro bellissimo, commovente! un libro che parla di una città , Beirut nel Libano, accecata dalla guerra fratricida, di un popolo, in parte cristiano e in parte mussulmano, dimentico dell'amore, della pietà , della solidarietà umana; nel contesto di questa città che "scompare" sotto un incessante, assurdo bombardamento, si muovono i protagonisti del romanzo: il distaccamento militare italiano con i suoi numerosi eroi carichi di umanità , la popolazione inerme di Beirut e le combriccole di vario stampo religioso/politico sempre in guerra gli uni contro gli altri! La Fallaci ha composto una straordinaria epopea sulla vita e sulla morte, sull'odio e sull'amore, sulla guerra e sulla pace che mi ha commosso e conquistato: un libro che tanto a lungo ha atteso di essere letto da me (l'ho acquistato nel 1997) ma che ora so che difficilmente potrò dimenticare.
Ho amato Lettera ad un bambino mai nato, ho pianto e ho sofferto leggendo un uomo, a vent'anni mi sono persa nella storia della famiglia della scrittrice in un cappello pieno di ciliege ma che enorme delusione per me questo Insciallah.
Questo libro è stato impossibile da finire, ho saltato interi capitoli o paragrafi, una fatica e tedio infinito. Sarà la guerra; tema a me sempre ostico noioso lontano che non riesco a capire, oppure i personaggi decisamente troppi, o sarà la lunghezza che non è mai un problema di per se ma a volte è controproducente. Mi spiace quasi dire che non sono stata ne coinvolta ne emozionata, veramente un peccato.
(Piccolo appunto: la scrittura di Oriana è sempre potentissima, ma in questo caso meno incisiva, più retorica.)
Sono fermamente convinto che in questo romanzo ci sia tutta l'umanità . Ogni personalità , ogni tratto di carattere, ogni ambizione, ogni desiderio: e non un solo personaggio è noioso, stancante, di troppo. Un romanzo su chi fa la guerra, su chi la subisce, e su chi la fa e la subisce insieme; e sulle piccole guerre che ognuno di noi affronta quotidianamente: la guerra per diventare uomini e quella per restare bambini; la guerra per trovare il proprio posto nel mondo e quella per fuggirne; la guerra per scappare da casa e quella per tornarci. Da leggere assolutamente.
“Ti auguro di trovare la formula che cerchi. La formula della Vita. Esiste, caro, esiste. Io la conosco. E non sta in un termine matematico, non è una sigla o una ricetta da laboratorio: è una parola. Una semplice parola che qui si pronuncia ad ogni pretesto. Non promette nulla, t’avverto. In compenso spiega tutto ed aiuta.�
Una parola che indica la fatalità della vita, il destino che condiziona la vita dei personaggi di questo libro e che da loro può essere, dopotutto, cambiato. “Come a Dio piaceâ€�, “Come Dio vuoleâ€�. â€Àá²Ô²õ³¦¾±²¹±ô±ô²¹³óâ€�.
Cosa io pensi della signora Fallaci, l’ho già ampiamente espresso nel corso del mio commento a Niente e così sia. Di conseguenza, mi soffermerò brevemente solo su questo romanzo.
This book is one of my absolute favourites - describing the war in Beirut, Lebanon, none knowing who is really the enemy; only one is known exactly: the war itself. A fantastic book, but a long story and if I wanted to understand it REALLY, I would have to read it once again. And I will.
"Questo romanzo vuole essere un atto d'amore per loro e per la Vita."
questo libro DEVE essere letto, non sono in grado di scrivere una recensione decente in quanto finirei con lo sminuire la bellezza di questo capolavoro, di questa piccola Iliade moderna, la formula della Vita.
"eppure mi hai dato più di quanto potesse darmi una persona che esiste. che la solitudine sia l'unica compagnia che abbiamo per non sentirci soli? che la vera realtà sia la fantasia? che nascere e vivere e morire sia un sogno come il sogno dei sogni cioè quel Dio al quale chiediamo disperatamente di esistere anche quando pensiamo che non esista, sia stato inventato da noi?"
È uno dei libri più belli che abbia mai letto. Un lavoro assurdo, ancora non riesco a credere che un’autrice italiana nel 1990 fosse in grado di reggere una struttura così gigantesca. Lo stile è esattamente come lo amo (ripetizioni VOLUTE = bravura), i personaggi sono più di 50 (e non capisco chi pensa possa essere un difetto dato come sono resi perfettamente), il messaggio è pacifista (ti mette nei panni di TUTTI), la struttura è PERFETTA.
“Inshallah� by Oriana Fallaci just didn’t do it for me. I had previously read and enjoyed her “A Man� and thought this offering might also be of interest but it just didn’t fire. Inshallah is set in Beirut, Lebanon in 1983 during the Lebanese Civil War. The tale begins with a brief on the terrorist bombing and destruction of the U.S. Marine barracks and the French mission which resulted in the deaths of over 300 of the international peacekeeping force. Since it was a multinational peacekeeping group in Lebanon, there were other nations represented…the largest untouched force being Italians. With that background, Fallaci goes into a fictional description of the activities and angst of the Italian mission after the bombings…would they be the next target, should they quit the peacekeeping force and get out of Beirut, and other moments that undoubtedly preoccupied the mission.
Fallaci takes about a dozen different fictional characters � from a three-star general to a lowly Jeep driver � and paints a portrait of the Italians� anxiety over their predicament…and this is where I parted ways with her tale. While I don’t know if the activities described actually happened, I suspect it was mostly her imagination and not actual research. There was no discussion of the bombers or who they might be…no additional talk of the Americans or French…it was just a focus on the remaining Italian mission.
We see the Italian servicemen…with names such as Pistoria, Falcon, Condor, Crazy Horse, Sugar, Rambo, Gigi the Candid, the Professor, Eagle, and the like� get a blow-up female to make up for their lack of female company, make contact with and become infatuated with a group of nuns, drive their M113 armored personnel carrier into a ravine, divide their few forces over too many guard towers to safely protect, have affairs with various street women, negotiate with a 14 year old who carries a Kalashnikov AK-47, and every once in a while do actual military things. All-in-all her narrative seemed to make the Italians out to be buffoons.
Weighing in at just about 600 pages, the narrative was overblown and not very interesting. It is not a fast-paced story but rather a slow slog…I barely finished.
Purtroppo devo dire che il libro non mi è piaciuto. La presenza di troppi personaggi lo rende confusionario e non permette di seguire il filo conduttore della storia; spesso non si capisce quanto tempo è passato da un evento ad un altro o come si è arrivati ad un determinato punto. Di ogni personaggio viene raccontata la vita passata, cosa che all'inizio può sembrare utile per capirli meglio. Il probema è che anche oltre metà libro vengono introdotti personaggi nuovi e non ci si ricorda più degli altri. Solo uno o due personaggi ti rimangono impressi.
Una millantatrice. Una ignorante che ha reso la massa italiana ancora più provinciale di quelllo che era già . Un caso da studiare, Fallaci: come si possa avere il talento del sapere scrivere, utilizzandolo per turpi scopi. Per questo la scienza è in crisi: si ostina a studiare il cervello degli animali, quando invece dovrebbe vivisezionare quello di certi non- umani. La copia che avevo ho cercato perfino di regalarla ad un libraio di remainders di Venezia: niente da fare: "No, guarda, mi dispiace, non me la sento, e poi non va... non la posso soffrire, non posso." Almeno, la sera una soluzione l' ho trovata: è stata utile per fare del fuoco, pur misero, nel camino. Che soddisfazione: così finisce l' opera di chi tuona contro chi brucia bandiere di... oppressori. La vita è una ruota.
Oriana Fallaci riesce a farmi leggere 800 pagine di Insciallah, un “romanzo che racconta gli uomini attraverso la guerra�. E se è vero che i personaggi sono tantissimi così come le formule ripetitive, rendendo questo racconto della Fallaci (di cui solitamente sono avida) più lento e difficile di tanti altri, è anche vero che ognuno dei personaggi “� un mio alter ego, un aspetto o un possibile aspetto di me stessa�. E che, comunque, alcuni capitoli sono opere magistrali che valgono la lettura di tutte le 800 pagine.
Maalesef kitabı yarım bıraktım. Hiç huyum olmamasına rağmen, daha önce aynı yazarın Bir İnsan ve Doğmamış Çocuğa Mektuplar kitaplarını severek okumuş olmama rağmen, 600 sayfa boyunca hep aynı yaşam ve savaş arasındaki fark ve anlamları anlamak bana uzun geldi bu sefer.
Sorta di Iliade moderna che è il completo capovolgimento dell'Iliade omerica, di cui vengono demistificati e abbattuti tutti i miti fondativi: la gran madre degli eroi in realtà è una matrigna perfida insensibile e dedita al meretricio, l'onore non è nemmeno un privilegio per pochi ma una merce avariata e priva di valore, il militarismo non nobilita ma abbrutisce, la buona morte non è per niente quella in battaglia perchè di buono nella morte non c'è nulla, specie da giovani, e una morte buona non può esistere perchè non c'è mai nulla di buono nella fine della vita. Qui, infatti, c'è solo disincanto, impotenza, sfiducia e un profondo nichilismo - ma un nichilismo critico, un nichilismo subìto controvoglia e contestato da cui scaturisce un'invettiva contro il nichilismo stesso, contro ciò (e chi) che vuol rendere l'essere umano una bestia cancellando i concetti di Bene e Male e la Beirut devastata è, forse, l'immagine rappresentativa di quali possano essere i risultati. Efficaci le crudissime immagini (e se le si trova troppo enfatizzate non bisogna dimenticare che a scrivere è la giornalista di Saigon quindi c'è poco di inverosimile - e c'è da dire che è sempre stata, lei, una che colpisce dritta allo stomaco quando bisogna farlo, niente mezze misure perchè l'orrore infiocchettato di rosa resta sempre orrore quindi tanto vale mostrarlo per com'è davvero) non tanto delle esplosioni e delle sparatorie quanto degli effetti delle esplosioni e delle sparatorie; del peggio di una guerra, di una battaglia, ci si accorge quando le armi tacciono. Eccessivo l'uso dei vernacoli regionali e delle lingue straniere, personalmente per quanto apprezzi il realismo trovo che questo espediente appesantisca troppo la lettura arrivando perfino a renderla ostica. Ed eccessivo è anche il numero di personaggi di volta in volta in scena, troppi nomi e troppi punti di vista narrativi tra i quali il lettore viene continuamente sballottto con l'effetto di disorientarlo. Un po' fastidiose, inoltre, le numerose ripetizioni di cui è infarcito il testo. Già evidentissime, comunque, le opinioni dell'autrice sul variegato popolo della mezzaluna attraverso brani, parole, espressioni disseminate ovunque e che poco lasciano ai dubbi; chiara e diretta smentita verso chi, per ipocrisia, perbenismo o semplicemente malafede, addebita la sua crociata negli anni finali di vita solo all'influenza dell'alieno.
As always, Fallaci skillfully writes about reality, although this time it's fictional. In this book she introduces a very diverse group of Italian soldiers in mid-eighties Beirut. She explores why they enlisted and the way this experience changes them. I love Fallaci's work, but I wasn't convinced by this book. I still found many parts showing her skill. There were however too many interludes, too many philosophical contemplations for my taste; while I usually like them. It hampered the flow of the story and I even skipped some small parts. I doubted to give three stars, but in the end landed on two. Mainly because I struggled to finish the book, although I like large parts of it and am happy to have finished it.
Inshallah significa destino. Traduce algo asà como “lo que Dios quieraâ€� e indica la imposibilidad de liberarse del destino trazado. Este libro habla sobre el destino de un contingente de soldados italianos que están en Beirut durante la guerra del LÃbano. Sin embargo no es un libro bien escrito. Le sobra páginas y personajes, y la escritora parece construir la trama a partir de un fórmula que consiste en narrar un hecho y describir la historia de su protagonista (lleno de clishes) luego otro hecho, otro personaje y asà sucesivamente, de tal forma que no hay un hilo conductor sólido, los personajes no se delinean y no se genera ningún tipo de tensión.
Insjallah is a book I just did not wanted to finish. From the first page on I was entranced. How Fallaci describes the war in Lebanon from the perspectives of a group of Italian soldiers is amazing. These characters are fascinating, so real, so funny, so sad and so incredibly human. The story of Insjallah is not only about the war in Lebanon but every single person’s struggles in life. Not only this Italian unit, but also the Lebanese muslims (sunni, shi’ah), Christians and Druze play important roles in this epic novel. The journalist and war correspondent Oriana Fallaci is considered as one of the greatest authors of the 20th century� and I agree completely.
Me ha tomado buen tiempo leerlo y no porque sea un mal libro o porque no me atrape. Por el contrario, a menudo tenÃa que parar para recordarme que no estaba en Beirut, que esa guerra no me iba a afectar. TenÃa que respirar hondo y ver como cada personaje aceptaba su destino o se le imponÃa, como a todos los afectaba la fórmula de la vida, o de la muerte que según el libro en cierto momento se vuelven una misma cosa: algo irrevocable, irremediable, un inquebrantable destino ante el cual solo somos briznas en la hierba.
La Fallaci giornalista ha uno stile tutto suo, molto agguerrito e perentorio, che si ama o si odia. Resta una figura di grande importanza nella storia del giornalismo italiano. Però ecco, come scrittrice di romanzi è mediocre. I personaggi sono inconsistenti e a tratti irritanti, le donne sono spesso dei contorni frivoli alla vicenda incentrata sul maschio alfa, si salvano le descrizioni storiche che hanno molto della prosa giornalistica della Fallaci.
Recensione disponibile su richiesta. Colonna sonora: E.C. 24 nights 2cd, Lee Scratch Perry - Arkology 3 cd, Miles Davis Bitches Brew - legacy edition 2cd Ah, quattro stelle vogliono dire cinque con alcune parti da due. Come le decorazioni di zucchero vetrificato in certe torte, si possono gettare senza alcun timore.