Avete presente quando non si vede l'ora di riprendere in mano l’avvincente thriller che si sta leggendo? QuandL’enigma della camera 622 di Joel Dicker
Avete presente quando non si vede l'ora di riprendere in mano l’avvincente thriller che si sta leggendo? Quando nulla, ma davvero nulla può distrarvi dalla lettura e siete disposti a notti in bianco pur di non mollare il libro? Ecco questo è ciò che non mi è capitato leggendo “L’enigma della camera 622�. Il tomone di Dicker ha stuzzicato il mio appetito di lettrice come una pastina da ospedale. Lo ho trovato interessante come una puntata di Pomeriggio 5 e la curiosità di sapere l’identità del colpevole (ma anche quella del morto, che viene dichiarata solo dopo ben 400 pagine) è stata per me pari a quella di sapere chi sia l’ultima fiamma di Belen. Insomma, nonostante gli stratagemmi dello scrittore svizzero per complicare la storia, le digressioni, i mille colpi (o pseudocolpi) di scena profusi a piene mani dal campione mondiale di triplo salto mortale carpiato (abbiamo avuto prova già nei libri precedenti delle sue abilità ) la noia mi ha accompagnato per tutto il corso della lettura. Qualcuno ha detto che la trama è assurda, contorta e inverosimile, io dico sì, ma penso anche che un bravo scrittore, uno che sa fare bene il suo mestiere può davvero osare qualunque cosa, deve però essere in grado di supportare il tutto con una scrittura e una padronanza di quello che racconta magistrali. Dicker queste qualità non le ha: i suoi personaggi non hanno spessore e spesso si rivelano macchiette (penso al trio delle nobildonne russe decadute che ricordano matrigna e sorellastre di Cenerentola); i dialoghi sono stucchevoli o improbabili (come quelli tra persone di servizio e datori di lavoro); le descrizioni sono iperboliche. È tutto “più�, l’albergo più esclusivo, la villa più lussuosa, i ristoranti più costosi, i personaggi dell’alta società sono i più eleganti, i più belli... Alla fine, Dicker calca la mano al punto che si passa dal poco convincente, all’imbarazzante e al grottesco. Insomma mi è parso un libro scritto da un ragazzotto, figlio di videogiochi e cartoni giapponesi, che non si ferma davanti ad alcuno ostacolo, lasciando briglia sciolta a qualunque fantasia, con l’intento di stupire il lettore, anche se poi questa fantasia lo porta ad approntare soluzioni che ricordano più le avventure mirabolanti e improbabili di Diabolik o di Lupin III. A un certo punto ho addirittura immaginato che non mi sarei stupita se fosse entrato in scena l’Ispettore Clouseau, che con la sua famosa parlata fronscese esclamasse “Presto mi dia la chiave della stonza 622, si sbrighi vecchio idiota! Devo smascherare l’assassino!�. L’unico a cui dire “Giù la maschera� è però lo stesso Joel Dicker che forse dovrebbe darsi ad altro genere di romanzi....more
Non per dire, ma: 1. Per scrivere un gialletto così, sciapito e noioso, occorre tutta quella erudita bibliografia? 2. È il caso di metterla tutta, ‘sta Non per dire, ma: 1. Per scrivere un gialletto così, sciapito e noioso, occorre tutta quella erudita bibliografia? 2. È il caso di metterla tutta, ‘sta bibliografia, in calce al romanzo? 3. Non è che a mettercela tutta, ‘sta bibliografia, si fa un po� gli spocchiosi? Be�, questo romanzo giallo, ricalcando lo schema straconsolidato del giallo all’italiana, è il pretesto per dar voce a tutte quelle conoscenze, a quelle curiosità e spigolature sulla propria città che i giallisti amano sfoggiare quando raccontano dei loro investigatori, a caccia di criminali di crimini insulsi. Ma soprattutto, era necessario parlare del Boscoincittà , il più bel parco di Milano, di giorno e di notte, come di un luogo abietto, “un salone cosmopolita dell’erotismo con merce di ogni tipo, colore, larghezza, peso e orientamento sessuale.� Caro Lunardini non mi sei piaciuto per niente.