Fuori il caos di una città sudata e frenetica, dentro la serena penombra e l’aria fresca generata da un piccolo ventilatore. Siam Singapore, anni �20.
Fuori il caos di una città sudata e frenetica, dentro la serena penombra e l’aria fresca generata da un piccolo ventilatore. Siamo nell’ufficio dell� avvocato Joyce.
Una scena alquanto pacata apre questa breve storia. Uno sguardo sui libri di giurisprudenza posati sugli scaffali, un leggero tocco alla porta che introduce Ong Chi Seng, l’impiegato cinese che parla un inglese impeccabile e annuncia l’arrivo di un cliente, Robert Crosbie. Da qualche giorno sua moglie dimora nelle patrie galere di Singapore e lui non si da pace. Si dà il caso che la signora abbia freddato con sei colpi un vicino della loro piantagione, Geoffrey Hammond.
� Singapore è luogo d’incontro di cento popoli� ma, come ben sappiamo, chi arriva da occidente ha sempre una corsia preferenziale su cui viaggiare.
Leslie Crosbie ha davvero sparato per legittima difesa? Allora perché scrivere quelle frasi nella lettera che viene poi ritrovata?
Un racconto fulmineo che tratteggia egregiamente i personaggi in scena poggiandosi su una trama, in realtà, di poca sostanza.
«Il fatto è, suppongo,» rifletté «che non si può mai dire quali istinti selvaggi si celino nella donna più rispettabile del mondo»....more
Questo libro –nella mia ingenua mente- avrebbe dovuto essere la lettura “leggera� per spezzarne una più faticosa (Storia della follia nell'età classicQuesto libro –nella mia ingenua mente- avrebbe dovuto essere la lettura “leggera� per spezzarne una più faticosa (Storia della follia nell'età classica di Michel Foucault).
Il signor Martin , tuttavia, mi ha spiazzata fin dalle prime pagine aggiungendo alla lista già ben nutrita di personaggi altri nomi e altri luoghi. Con un salto magistrale, alcuni protagonisti lasciati sulla scena del precedente volume, sono stati uccisi e ci si ritrova quindi ad avere a che fare con qualcuno di già conosciuto e con molti altri al primo debutto. Insomma, il mondo continua ad essere ”pieno di cose brutte (�)Puoi combatterle, puoi riderne, oppure puoi guardarle senza vederle� puoi ritirarti in altri spazi, dentro di te.
Credo mi prenderò una (piccola?) pausa.. ★★★� ...more
La terza lettura di questa saga è stata molto soddisfacente. Sinceramente ho cominciato questo libro con la mezza convinzione di non continuare (troppiLa terza lettura di questa saga è stata molto soddisfacente. Sinceramente ho cominciato questo libro con la mezza convinzione di non continuare (troppi libri in sospeso per fissarsi con un’unica storia). Mi sono persuasa da subito che, invece, non sarebbe andata così.
La trama qui si arricchisce molto soprattutto grazie alle bande di delinquenti e ai popoli del nord che entrano prepotentemente sulla scena. Le perfide trame di corte alla lunga stufano ed innervosiscono e, diciamo, che i truci personaggi del volgo e di popoli lontani danno una sferzata ad un plot che troppo spesso ammicca alla telecamera attraverso le scene hard che così bene funzionano sullo schermo.
Mi piace la visione poco manichea delle varie fazioni: c’� del buono in tutti coloro che si presentano come i cattivi e viceversa. Questo permette di fare, a volte, il “tifo� per personaggi astuti come Tyron Lannister ed altre storcere il naso verso le scelte avventate di Catelyn Tulli.
Una guerra infame dove amici e nemici cambiano continuamente di posto e dove � Dentro ogni uomo, è in agguato una belva feroce.�
“Storia della follia nell'età classica �(1961) è la tesi di dottorato di Michel Foucalt. Aspettarsi un testo divulgativo ed accessibile a tutti è del t “Storia della follia nell'età classica �(1961) è la tesi di dottorato di Michel Foucalt. Aspettarsi un testo divulgativo ed accessibile a tutti è del tutto errato, ragion per cui, l’aver proposto questo testo al Gruppo di Lettura della Sfida dei Classici è stato un vero e proprio azzardo.
Confesso di essere entrata tra queste pagine in modo spavaldo salvo ricredermi da subito perché ho dovuto fare questa lettura in determinati momenti della giornata in cui ero completamente da sola per potermi concentrare sui molti passaggi contorti. Sì lo so non è invitante ma non posso mentire a riguardo.
Così come non posso ammettere di aver subito anche il fascino di queste pagine. Come ha detto Judith Revel al Festival della Filosofia dello scorso anno: «Un libro affascinante ma difficile da afferrare».
Ho ventiquattro pagine di appunti scritti a penna. In alcuni passaggi, scorgo un certo nervosismo: punti esclamativi e innumerevoli punti interrogativi; note ai margini che chiedono aiuto ma anche piccoli schemi che cercano di ordinare i miei pensieri vaganti.
Tutto questo personale preambolo per dire che mi è impossibile riassumere questa lettura.
Quello che posso fare è tratteggiarne un nucleo, ossia quello di voler tracciare l’evoluzione dello sguardo sociale nei confronti del folle: dal Medioevo alla fine dell’età classica.
Non una storia della psichiatria ma della follia stessa da un’epoca in cui ragione e follia non erano separati dalla società con un dialogo mediato dalla figura del medico.
”Il linguaggio della psichiatria, che è monologo della ragione sopra la follia, non ha potuto stabilirsi se non sopra tale silenzio. Non ho voluto fare la storia di questo linguaggio; piuttosto l’archeologia di questo silenzio.�
Follia o Non Follia dipendono da uno sguardo ( e fin qui ci siamo) e lo sguardo da cui si parte è quello Medioevale che partendo dal concetto di espiazione (la colpa di essere malati è dei folli come dei lebbrosi) ne fa una lettura morale che considera quasi un favore isolare coloro che ne sono affetti.
Sarà proprio l’arte (letteraria e figurativa) a cambiare i termini di giudizio:
� Nelle farse e nelle soties il personaggio del Folle, del Grullo, o dello Sciocco, prende sempre maggiore importanza. Non è più soltanto la sagoma ridicola e familiare che resta ai margini: occupa il centro del teatro, come colui che detiene la verità.�
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France Verbeek, Il commercio di stolti o il ridicolo della follia umana, XVI secolo
Una verità ricca di simboli, allusioni, metafore esistenziali di cui il Folle sembra esserne il custode. C’� un sovraccarico di significati che avvicina le follie ai sogni.
Per capirci: quando sogniamo la ragione si dissolve. Non ci sono limiti fisici, temporali e tutto ciò che durante la veglia è razionale. Succedono cose che quando ci svegliamo vogliamo interpretare come fossero dei moniti su ciò che ci sta accadendo o dovrà accadere. Questo era l’atteggiamento verso il folle e la follia.
L’immagine del demente è quella, pertanto, di un custode di un sapere inaccessibile a chi vive di puro raziocinio. Questo sapere, tuttavia, nel tempo diventa sempre più qualcosa che dovrà essere punito.
Nel 1656 nasce l’Hôpital général, a Parigi. Non un manicomio come lo intendiamo oggi ma neppure un istituto medico. Si tratta di un primo ricovero che si allargherà mano a mano a varie regioni francesi per decollare poi in altre nazioni europee.
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Francisco Goya, La casa dei matti, 1808/1812, olio su tavola, cm 45×72, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid
Sono luoghi, questi, che rispecchiano una nuova sensibilità sociale condivisa che porta ad internare soggetti molto differenti tra loro ma che hanno come comune denominatore la povertà.
La miseria è cresciuta tantissimo e diventa una minaccia dell’ordine pubblico. Nella mentalità borghese tra XVII° e XVIII° secolo, il lavoro è un dovere sociale e l’ozio un segno di rivolta oltre che un peccato morale. Chi mendica si trova così a condividere l’internamento assieme ai folli e il cammino sarà lungo: dalle prime classificazioni di alienazione (secondo le quali quasi la totalità degli odierni abitanti del pianeta terra dovrebbero essere rinchiusi!) alla sperimentazione di medicamenti che nulla hanno a che fare con la farmacopea come la intendiamo noi proprio perché lo sguardo non è ancora medico ma ancora morale.
Interessante il bivio a cui si arriva distinguendo la follia giuridica da quella sociale. La prima sentenzia la perdita di diritti, la nomina di un curatore e quindi l’assegnazione nelle mani di Altri. La seconda è la condanna sociale in seguito a comportamenti scandalosi per cui si viene colpevolizzati e, in questo caso, il soggetto diventa l’Altro, l’Escluso.
Come dicevo, la strada è lunga e passa attraverso salassi, infusi, tisane, docce e/o bagni freddi e/o caldi, inoculazioni di cose tremende come la rogna per i maniaci (sic!).
Si può attingere a piene mani per scrivere un horror fatto a dovere anche perché alla base c’� l’idea che il folle non sia una persona da proteggere, anzi, probabilmente non è neppure una persona, infatti, pensano che non senta niente ergo gli si può fare di tutto.
La coscienza della follia segue un percorso frammentario che vi risparmio. Basterà dire che Foucault denomina queste forme di coscienza come “irriducibili� (sono quattro: coscienza critica, pratica,enunciativa ed analitica) autonome e, al tempo stesso solidali nel riconoscere la sragione, ossia � cioè il rovescio semplice, immediato della ragione; questa forma vuota, senza contenuto né valore, puramente negativa, in cui non troviamo che la traccia di una ragione che è appena sfuggita ma che resta sempre per la sragione la ragione d’essere ciò che essa è.�
Insomma, è folle chi non usa la ragione. Ciò è visibile dalle parole, dalle azioni o semplicemente dallo sguardo.
L’età classica reputa la follia una malattia degli organi del cervello ma rimane legata a considerazioni più morali che organiche.
La lettura introduce elenchi, classificazioni e quant’altro esponga le idee circolanti riguardo origini, cause ed rimedi alla follia.
Riguardo alla storia dell’internamento bisogna arrivare alla fine del �700 perché si inizi un po� a scremare isolando i folli in luoghi appositi.
Un piccolo seme che dovrà aspettare ancora molto tempo perché germogli con la nascita dei manicomi veri e propri. Quello che nel tempo cambia è lo sguardo: il folle non è più (solo) un problema di ordine pubblico, un osceno essere da nascondere perché dà scandalo ma un individuo che deve trovare il suo spazio per ritrovare se stesso.
Il percorso delineato da Foucault ci parla quindi di nuove prospettive ma, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad una storia di predominio dove qualcuno dice non solo come deve comportarti ma anche chi sei.
”� nell’esperienza classica, la sua follia può essere nello stesso tempo un po� criminale, un po� simulata, un po� immorale e, anche, un po� ragionevole. Non si tratta di una confusione nel pensiero o di un grado minore di elaborazione; non è che l’effetto logico di una struttura assai coerente: la follia è possibile solo a partire da un momento lontanissimo ma necessario in cui si strappa a se stessa nello spazio libero della sua non-verità costituendosi con ciò stesso come verità.�
� Una cosa che succede quando scrivi un libro è che tieni la morte al suo posto; l'ideale è continuare ininterrottamente a scrivere. �
In una Brook� Una cosa che succede quando scrivi un libro è che tieni la morte al suo posto; l'ideale è continuare ininterrottamente a scrivere. �
In una Brooklyn in piena trasformazione edilizia, uno dopo l’altro si sbriciolano palazzi del primo novecento per far posto a nuove abitazioni che significano altri soldi per gli speculatori. Non è così per Levenspiel, proprietario di un condominio che proprio non riesce a tirar giù. L’ostacolo è umano ed ha un nome e cognome: Harry Lesser.
Forte di un contratto che lo difende da ogni sfratto, Harry è l’ultimo inquilino rimasto. Fa lo scrittore e si rifiuta di lasciare l’appartamento finchè non avrà terminato il suo libro: una creatura che ha in gestazione da ben dieci anni.
Tutto sembra procedere con un’assodata routine finchè un giorno tornando dall’alimentari sente echeggiare nei corridoi un ticchettio familiare: il battere sui tasti di una macchina da scrivere. Scopre subito che, in uno degli appartamenti abbandonati, uno scrittore afroamericano sta scrivendo il suo romanzo, il suo nome è Willie Spearmint...
Ecco che l’intreccio della storia inizia ad inerpicarsi su una spirale metaforica e metaletteraria.
Innanzitutto le dicotomie della scrittura: Willie che trasporta sulla carta tutte le brutture della sua vita di afroamericano povero nel paese in cui è nato e cresciuto ma che lo tratta come nemico. Scrive pagine che “puzzano�; un odore di marcio scaturito da tutta la violenza rappresentata e dalla rabbia che lo scrittore cova verso il mondo bianco.
La scrittura è per entrambi salvezza. Mentre per Willie è la sublimazione dell’odio razziale, per Harry, invece, la scrittura diventa una nicchia dove travestire la propria capacità di amare inventando un ”personaggio che in un certo senso amerà per lui, e in un certo senso lo amerà; come dire, poiché le parole salgono e scendono in tutte le direzioni, che in questo libro lo scrittore di Lesser, creando l'amore meglio che può, portandolo alla luce con l'immaginazione, espanderà il proprio io e il proprio spirito; e così con un po' di fortuna potrà amare la sua ragazza reale come vorrebbe amarla, e qualunque altro essere umano in un mondo folle..�
Un destino non facile quello della scrittore: spesso non compreso e, soprattutto, dilaniato da un continuo tormento.
Quarto romanzo che leggo di Malamud: uno più bello dell’altro per me.
Consigliato a chi ama riflettere sulla letteratura e la sua annosa lotta tra forma e contenuto.
� La casa è dov'è il mio libro. Davanti al cadente edificio dipinto di scuro - una volta una casa decente, ora la casa di piacere di Lesser, era lui che la animava - c'era un solitario bidone ammaccato che conteneva quasi esclusivamente la sua spazzatura, migliaia di urlanti parole strappate e torsoli di mela marci, fondi di caffè e gusci d'uovo, un bidone di spazzatura letteraria, rifiuti del linguaggio diventati linguaggio dei rifiuti.�
�...per una prosa ricca ed intensa, che con la pietà trattenuta forma una visione mutevole della vulnerabilità dell'uomo�
Questo il nocciolo della �...per una prosa ricca ed intensa, che con la pietà trattenuta forma una visione mutevole della vulnerabilità dell'uomo�
Questo il nocciolo della motivazione per cui allo scrittore Camilo José Cela (1916-2002), nel 1989, venne assegnato il Premio Nobel della Letteratura.
A distanza di parecchi anni, è il secondo romanzo che leggo di questo autore e posso dire di aver ritrovato questa ricchezza nella prosa così come mi ritrovo nella rimarcare questa tematica della vulnerabilità dell’Uomo (ma non chiedetemi cosa s'intenda per "pietà trattenuta"!).
Pubblicato a Buenos Aires nel 1951 dopo la censura in patria, L'alveare (“La colmena�) è un romanzo con una coralità espressa ai massimi livelli.
Partendo da Doña Rosa � matrona e padrona del Caffè da cui prende avvio il romanzo- ho contato la bellezza di trentadue personaggi fermandomi ad una certa perchè sono tanti di più.
Dunque, si parte:
”«Non facciamo confusione, ormai sono stufa di dirlo, è la sola cosa che importi». Doña Rosa va e viene fra i tavoli del Caffè, urtando i clienti con il suo enorme sedere. Doña Rosa dice spesso «cacchio» e «siamo fottuti». Per lei, il mondo è il suo Caffè e, attorno al suo Caffè, tutto il resto...�
La pletora di personaggi che anima il Caffè di doña Rosa e quelli che mano a mano incontriamo, rispecchia la spaccatura sociale degli anni raccontati, ossia quelli dove la seconda Guerra Mondiale incendia l’Europa e non solo. La Spagna non partecipa ma rinsalda il regime franchista che risente comunque delle disastrose conseguenze economiche mondiali. Lo scenario del Caffè sembra un palcoscenico dove l’occhio di bue illumina a rotazione questi disparati personaggi. Dal nobile decaduto e squattrinato che ostenta e padroneggia valendosi solo dei titoli, alla signorina Elvira che passa le giornate leggendo romanzi e andando al Caffè sperando di trovare qualcuno che la salvi dalla miseria. E poi c’� Martín Marco, scrittore e poeta perennemente squattrinato.
E� un romanzo in cui notiamo innanzitutto il continuo movimento fisico che si scontra con la paralisi culture del Paese.
Se il Caffé sembra un palcoscenico su cui alcuni personaggi si presentano, aperte le porte cominciamo seguirli per le strade fin negli interni domestici dove scopriamo legami che restringono la capitale tanto da ammettere:
"«E dire che Madrid è così grande!». Julita continua a parlare. «Oh, è un fazzoletto..."
Veniamo a conoscenza di segreti e i ritratti si accumulano restituendo un quadro composito dove le voci si sovrappongono formando un brulichìo proprio come in un alveare..
"Il mattino avanza, a poco a poco, insinuandosi come un verme nel cuore degli uomini e delle donne della città; battendo, quasi carezzevole, sugli occhi da poco aperti, quegli occhi che non scoprono mai orizzonti nuovi, paesaggi nuovi, decorazioni nuove. Il mattino, quel mattino che si ripete eternamente, gioca un po�, tuttavia, a cambiare la faccia della città, quel sepolcro, quella cuccagna, quell’alveare �" ...more
«Il potere risiede dove un uomo crede che risieda. Nulla di più, nulla di meno.»
Secondo appuntamento nel fantastico mondo dei Sette regni.
Rimane l«Il potere risiede dove un uomo crede che risieda. Nulla di più, nulla di meno.»
Secondo appuntamento nel fantastico mondo dei Sette regni.
Rimane la struttura corale aumenta il sangue, la perfidia, la violenza e l’eccesso di personaggi che non si risolve neppure con i soliti post-it salva memoria. Se il primo volume ci fa conoscere personaggi e luoghi principali, questo secondo allarga entrambe le maglie. Alla morte del re Robert Baratheon scoppia una guerra per la conquista del Trono di Spade. Nel cielo ognuno può vedere una cometa rosso sangue presagio evidente di morte. Dopo dieci anni di estate, l’inverno è ormai alle porte così come una terribile guerra che scompaginerà tutto e tutti..
"«I veri cavalieri proteggono i deboli.» Clegane grugnì: «Non esistono veri cavalieri, così come non esistono dei. Se non sei in grado di proteggerti da solo, allora muori e cedi il passo a quelli che ci riescono. Duro acciaio e braccia forti, ecco quello che domina il mondo. E farai meglio a non credere a nulla di diverso».
"Ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare."
Un padre ed un figlio che camminano in un mondo des"Ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare."
Un padre ed un figlio che camminano in un mondo desolato. Tutto è morto. La vita non è altro che una ripetitiva battaglia quotidiana per sopravvivere.
Camminare, muoversi, mai stare in un posto: questo uno degli insegnamenti che il Padre deve impartire. [image]
Poi ci sono gli Altri, i cattivi che si cibano di altri esseri umani e quindi la seconda lezione è non fidarsi di niente e nessuno..
Tavole grigie e nere che ben rappresentano l’angoscia di questa storia. Un’ottima rielaborazione del romanzo cult di Cormac Mc Carthy forse ancora più “incattivita�.....more
" Sembrava ed era l’agnello sacrificale, il bersaglio perpetuo, vittima indifesa di ogni sorta di tiri mancini, tranelli e scherzi spietati."
Parti" Sembrava ed era l’agnello sacrificale, il bersaglio perpetuo, vittima indifesa di ogni sorta di tiri mancini, tranelli e scherzi spietati."
Partiamo da una precisazione: per me Carrie è Sissy Spacek (Brian de Palma- 1976) nulla potrà togliermi dalla mente il suo viso e quella determinata versione cinematografica. Non potrà né il remake del 2013 � se mai lo vedrò- ma neppure la descrizione originale fatta dal creatore stesso di questo personaggio, ossia Stephen King che così ce la presenta:
�..non era per niente brutta. Aveva la faccia più rotonda che ovale, e gli occhi erano così scuri che sembravano gettare un’ombra sotto. I capelli erano biondo scuro, un po� crespi, tirati indietro in uno chignon che non le donava. Le labbra erano piene, quasi tumide, i denti di un bianco naturale. Il corpo era impossibile da giudicare: un maglione informe le nascondeva i seni;�
Una fisionomia così differente non toglie certo valore all’essenza di questa mitica protagonista né al nocciolo stesso della storia che King narra al suo esordio letterario avvenuto esattamente 50 anni fa (1974).
La scelta stilistica si pone come sorta di collage che cita deposizioni, reportage giornalistici, interviste, libri di memorie dei testimoni sopravissuti. Fin da subito quindi siamo avvisati della tragedia. Ne conosciamo i contorni, o meglio, le micce che negli anni sono già posizionate attorno alla cittadina di Chamberlain ma questo non toglie un crescendo di tensione.
Carrie è una ragazzina di sedici anni emarginata da tutti cresciuta con una madre palesemente malata di fanatismo religioso che ha fatto terra bruciata attorno a lei.
"Aveva cercato di inserirsi. Aveva sfidato gli ordini di sua madre in cento piccoli modi, cercando di rompere il cerchio rosso d’isolamento in cui l’avevano chiusa come un’appestata fin dal giorno in cui aveva lasciato la casetta in Carlin Street per entrare nella Grammar School di Barker Street con la sua Bibbia sotto il braccio."
Il momento clou sarà il ballo scolastico. Un evento che in Italia non conosciamo direttamente ma che abbiamo assorbito talmente bene da film e serie tv da rendercelo familiare.
Carrie è una sorta di Cenerentola horror che dopo le umiliazioni conosce il potere della vendetta..
"A sedici anni l’impronta elusiva del dolore era già chiaramente stampata nei suoi occhi."...more
”Caro Lettore Ipotetico, oggi ti parlerò del mio mondo. L’Istituto Gloriosa Alba è un edificio di titanio e vetro che si innalza per otto piani sul ma”Caro Lettore Ipotetico, oggi ti parlerò del mio mondo. L’Istituto Gloriosa Alba è un edificio di titanio e vetro che si innalza per otto piani sul mare. Se lo guardi dalla spiaggia sembra un gioiello luccicante abbandonato tra le rocce da un gigante distratto. La facciata a specchio è un pezzo di cielo ricurvo disegnato su una griglia a quadretti e poggiato su una spiaggia bianchissima bagnata dal Mediterraneo. Ai lati della facciata non si va da nessuna parte: ci sono solo pareti verticali di basalto rosato e i nidi di una varietà particolarmente lamentosa di gabbiani. Sono i sopravvissuti alla fine del mondo. Gli unici vertebrati che abbiamo ritrovato al ritorno sono gli uccelli, i rettili e i pesci, ma nemmeno un mammifero. Noi umani in questo mondo di ovipari siamo gli invasori. Forse è per questo che i gabbiani si lamentano.�
Così scrive Anna Malva, undici anni e capacità intellettive e fisiche sopra la norma così come la maggior parte degli alunni di questa bizzarra scuola. La singolarità sta nel fatto che questi ragazzini (dai 5 ai 12 anni) sono gli unici umani rimasti sul pianeta terra dopo una misteriosa ecatombe che ha sterminato anche tutti i mammiferi. Questa nuova generazione è stata concepita nei laboratori di alcuni navi spaziali chiamate, per l’appunto, NaviSeme e destinati a far rinascere l’Umanità. Della loro istruzione se ne occupano dei robot di ultimissima generazione. Ma l’Umanità merita davvero una seconda occasione?
Un romanzo per ragazzi ma non solo: ben scritto, scorrevole, intrigante e coinvolgente.
Non avrei mai detto di poter entrare così in empatia con un’I.A anche se con un intreccio che mi è parso un pelino troppo aggrovigliato verso il finale ma comunque una lettura che mi ha sorpreso.
⭐⭐⭐� pieno
«Sai, Anna? Quello che ti parla nella testa è un raffinato lettore. È alla ricerca del finale migliore. In fondo tutti i finali felici si assomigliano mentre quelli tragici sono uno diverso dall’altro. Chi non li preferirebbe?» ...more
«Perché la pasta cresca ci vuole il lievito. Datemi una bambina a un’età influenzabile e sarà mia per la vita».
Chi non subisce il fascino dell’ins«Perché la pasta cresca ci vuole il lievito. Datemi una bambina a un’età influenzabile e sarà mia per la vita».
Chi non subisce il fascino dell’insegnante ribelle alzi la mano. Il docente che scalza ritmi e metodi della didattica tradizionale mettendo in discussione il concetto stesso dell’educare: ecco quello che ci vorrebbe! La capacità di guidare lo sguardo verso gli angoli nascosti della conoscenza cancellando quell’immagine degli allievi come contenitori in cui riversare le nozioni. Questo è l’insegnante ribelle.
Siamo negli �30 a Edimburgo. Miss Brodie impenitente zitella, ama l’Arte e si presenta con tutte carte in regola per essere un’insegnante ribelle. Sceglie di proposito di insegnare alla scuola elementare femminile Marcia Blaine di stampo conservatore il che l’etichetta come sovversiva. Peccato che il suo amore per la cultura sia cieco a tal punto da lodare Mussolini prima ed Hitler, poi, dimostrando una meschina capacità di analisi politica e storica.
Alle materie tradizionali preferisce i racconti dei propri amori e delle vacanze italiane nei musei nazionali dichiarando alle piccole di essere negli anni di suo maggior splendore:
«Vi ho ripetuto sovente, e le vacanze appena trascorse me ne hanno dato la certezza, che per me sono davvero iniziati gli anni del mio fulgore. Ma quello del fulgore è un momento sfuggente e voi bambine, quando sarete grandi, dovrete stare all’erta per riconoscerlo, in qualunque periodo della vita si presenti».
Analessi e prolessi sono le strade narrative che procedono parallele lasciando chi legge in una nicchia ad osservare passato e future del gruppo delle Brodie come venivano chiamate le sue piccole allieve.
A dirla tutta è proprio la proiezione nel futuro a rendere interessante una lettura che, altrimenti, per quanto mi riguarda, sarebbe stata completamente noiosa.
Trama ★★� Personaggi ★★� Ritmo ★★ Stile ★★� Complessivo ★★� ...more
Siamo alla vigilia della grande svolta mondiale. E� il 1936 ad Ostenda quando un nutrito gruppo di rifugiati si ritrova non a passare le vacanze e riprendere fiato dall’ostracismo nazista.
Al centro del racconto questa immagine
[image] Stefan Zweig e Josef Roth a Ostenda, Belgio nel 1936.
Una decina d’anni di differenza, due personalità contrapposte ma legati dall’amore per la Letteratura. L’amicizia tra i due attraversa il tempo e lo spazio. Si ritrovano, per l’appunto ad Ostenda, dove si esplicitano i ruoli.
Entrambi censurati dal governo nazista ma mentre Zweig è uno scrittore di grande successo mondiale, Roth arranca per farsi apprezzare dal pubblico. Nei giorni di Ostenda il suo alcoolismo è ormai conclamato. Dividerà la bottiglia con Irmegard Kleun (l’unica ariana della compagnia ma anch’essa censurata) verso un declino palese.
Zweig , assieme alla segretaria ed amante Lotte Altmann lo sostiene economicamente e moralmente. Ci prova ma Roth:
”� un uomo infelice, perspicace e incattivito. Cerca la propria salvezza nel passato. Nella vecchia Austria e nella monarchia.�.
1936 è anche l’anno in cui scoppia la Guerra civile spagnola.
”Si ritrova di nuovo al Flore, la nostra compagnia in caduta libera, che quest’estate si sforza ancora una volta di sentirsi come una congrega di villeggianti. Si sforza ancora una volta di fingere spensieratezza. Che cos’� se non una lunga vacanza, quella che stanno vivendo da anni? Lontano dalla patria, in giro con gli amici, a Parigi, Nizza, Sanary-sur-Mer, Amsterdam, Marsiglia, Ostenda. E prima o poi ci sarà il viaggio di ritorno. Ma quando? Tanto più pressante si fa questa domanda, tanto meno se ne parla. Ogni giorno che si aggiunge a questa vacanza, rende più improbabile il ritorno. Tutti lo sanno. Ma non se ne fa parola. C’� l’obbligo dell’ottimismo. La corda è in valigia, ma non si dice.�
Lettura con ritmo un po' altalenante ma comunque piacevole e stimolante. ...more
� alcuni conoscono bene le varie specie Delle piante altri quelle dei pesci Io conosco le separazioni Alcuni enumerano a memoria i nomi delle stelle i � alcuni conoscono bene le varie specie Delle piante altri quelle dei pesci Io conosco le separazioni Alcuni enumerano a memoria i nomi delle stelle io delle nostalgie�
[image] Joyce Lussu incontra per la prima volta Nazim Hikmet a Stoccolma.
E� il 1958 e l’occasione è un Congresso per il disarmo e la cooperazione internazionale. Tra i due c’� subito intesa e ben presto si accordano perché lei traduca i suoi versi in italiano.
Nonostante non conosca la lingua turca trovano altre lingue e modi per capirsi. Nasce quindi una traduzione che sovverte i canoni e si basa, invece, su una reciproca collaborazione; un metodo che la Lussu adotterà con altri poeti (Tradurre poesia).
I componimenti di Hikmet sono totalmente autobiografici.
Mi ha colpito leggere nell’introduzione di Maurizio Cucchi che Hikmet, in realtà, fosse un poeta che voleva cantare l’amore ma, suo malgrado si ritrova a parlare di lotta politica. Conoscerà ben presto il carcere dove certamente non scompare l’immagine della donna amata che diventa un ricordo talmente vivo da far male perché impedito dalle sbarre.
L’amore nella poesia di Hikmet non è puro erotismo ma una componente importante nella sua vita di ogni giorno e dovunque anche nel suo continuo peregrinare a causa dell’esilio forzato.
Una lirica che a volte sconfina nella prosa forse un riflesso del suo essere così attento alla concretezza della vita più che alle metafore.
Un aneddoto significativo in questo senso lo riporta Silvia Ballestra nel prezioso testo che mi ha ha fatto conoscere questo poeta: La Sibilla. Vita di Joyce Lussu.
� Joyce e Nazim si incontrano in giro per il mondo, durante i convegni per la pace a cui entrambi partecipano e continuano le loro traduzioni. Diverse volte Nazim viene in Italia, dove conosce Emilio a casa di Joyce, e gira per Roma con la sua traduttrice, visitando sezioni di partiti e quartieri popolari. Non gli interessano monumenti e musei e ancor meno i salotti letterari o gli ambienti culturali: racconta Joyce che una sera, a cena con Monica Vitti e Michelangelo Antonioni, polemizzò con il regista, a cui imputava di essere interessato solo ai problemi borghesi di ricchi borghesi annoiati che avevano già risolto tutti i loro problemi pratici, mentre di sé rivendicava il fatto di cantare chi aveva fame; così gli recitò la sua poesia "Lo stomaco sacro", scritta nel �29 prima di entrare in prigione:
”…e in tutte le cose arriva sempre un momento in cui non ne puoi più e allora dici: No.�
Non facile tradurre in parole il ventaglio di emozioni pr”…e in tutte le cose arriva sempre un momento in cui non ne puoi più e allora dici: No.�
Non facile tradurre in parole il ventaglio di emozioni provocate da questa lettura. Inés Cagnati mi ricorda molto Agota Kristov. Una scrittura rude, senza virtuosismi di sorta. Una capacità istantanea di ricreare geografie umane.
Galla (che nome strano!) voce narrante e protagonista di questo breve romanzo del 1973, trasporta il lettore nella crudezza della sua esistenza di quindicenne. La povertà estrema e la fame sono la cornice che racchiude senza vie di scampo un mondo di relazioni anafettive . Un mondo contadino scandito dai ritmi della natura ed obbediente a regole ferree che anestetizzano ogni sentimento. Galla fa parte di un mondo di reietti. La sua intelligenza è la chiave per fuggire e liberare la sua famiglia dal crudele destino di un’esistenza spietata. La scuola è la salvezza ma il marchio che si porta addosso è difficile da cancellare� Inès Cagnati anche in questo romanzo dipinge un quadro straziante scuramente molto vicino ai suoi stessi ricordi. Cresciuta in campagna da immigrati italiani che mai riuscirono ad inserirsi pagando questo fallimento con l’esclusione sociale di cui Inés patì molto. Colpisce l’umanizzazione degli oggetti quasi a voler sostituire le figure umane con cui non si riesce a stabilire un rapporto. La bicicletta malandata, l’impermeabile della zia morta, il grembiule verde che la distingue tra tutte le altre alunne che lo portano rosa,. Scudi che etichettano ma dietro ai quali è anche possibile aggrapparsi come uniche certezze. Dicevo che mi ricorda Agota Kristov e lo ribadisco: quanta disperazione trasudano le pagine lasciate da queste scrittrici�
Un assaggio- Incipit
"Ho appoggiato la bicicletta al muro del fienile e l’ho lasciata lì. Avrei potuto trascinarla fin davanti a casa, come al solito. Saranno al massimo cinquanta metri. Ma ne avevo abbastanza della mia bicicletta. Di pedalare. Di spingerla. Di pedalare. Di spingerla. E, per finire, di portarla in spalla. Ne avevo davvero abbastanza, sì. Perché da tre o quattro ore, se non di più, non facevo altro, e in tutte le cose arriva sempre un momento in cui non ne puoi più e allora dici: No. Per giunta, e come per caso, in tutte quelle ore, mentre penavo con la mia bicicletta, era caduta una pioggia da fine del mondo. Quando sono arrivata a casa, non pioveva più. Ci sono cose che succedono così, l’ho notato spesso, sempre a sproposito. Quanto alla pioggia, in poche ore era caduta tanta di quell’acqua in terra che le nuvole dovevano ormai essere completamente a secco. Non c’era da stupirsi, quindi, se quello schifo di pioggia era cessata. Il che, del resto, mi lasciava indifferente. Quando sono a casa mi piace ascoltare la pioggia che viene giù a dirotto. Da quando vado al liceo, mi piace stare a casa, che piova o sia bel tempo"
Isabella Rei e Ugo Tognazzi in un fotogramma nel film omonimo del 1968 con la regia di Franco Girardi
Ho un debole per la narrativa italiQuanto?
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Isabella Rei e Ugo Tognazzi in un fotogramma nel film omonimo del 1968 con la regia di Franco Girardi
Ho un debole per la narrativa italiana degli anni �50/60. Mi piacciono le atmosfere, il modo di parlare con parole ormai cadute in disuso così come certe opinioni (e per fortuna!) di stampo reazionario; fastidiose sì ma che dicono tanto. Questo romanzo del �67 è già un po� al limite ma ancora racchiude il clima di questa Italia ancora bigotta e maschilista.
Così Giulio, protagonista di questo romanzo è il tipico professionista che si arroga il diritto di possedere tutto ciò che vuole forte della sua posizione sociale e del patrimonio.
Questo cuscinetto di cui si fa scudo è qualcosa che reputa naturale e giusto così come la spinta erotica verso una ragazzina di diciassette anni è per lui uno sfizio che deve e vuole togliersi.
de Céspedes, ha costruito un romanzo con un climax che gradualmente accompagna il lettore attraverso la fanatica ossessione che arriva persino ad essere allucinatoria.
Sono gli anni del cosiddetto boom italiano: la proprietà, il posto fisso, l’ostentazione del benessere. Un mondo di consumatori dove � � non ci sarebbe nemmeno una puttana, se non ci fosse il porco che la compra
� Le piace pensare a se stessa come a una dei buoni. A parte il fumo, ovviamente.
Non sono così assidua da poterlo giurare ma non credo che Holly p� Le piace pensare a se stessa come a una dei buoni. A parte il fumo, ovviamente.
Non sono così assidua da poterlo giurare ma non credo che Holly possa essere annoverato tra le migliori produzioni di Stephen King.
La protagonista del titolo - personaggio già noto per essere apparsa nel romanzo breve Se scorre il sangue- è un’investigatrice privata chiamata ad indagare sulla scomparsa di una giovane ragazza. Il caso porterà alla luce tutta un’altra serie di sparizioni apparentemente slegate�
Lo storia è ambientata durante la seconda ondata di Covid. Sguardi, atteggiamenti, prese di posizione che in quei giorni (dovunque!!) divisero le persone, a volte anche all’interno delle stesse famiglie, qui sono giustamente riportati anche se con un’enfasi ripetitiva alla lunga un po� stancante. I dialoghi introduttivi tra le persone che si qualificano attraverso il tipo di vaccino utilizzato, dopo una prima scena diventano un pochino imbarazzanti seppur –ahimé- realistici perché in quei giorni così era.
In ogni caso, il romanzo ha il grande pregio di portare il lettore sul doppio binario: da un lato Holly con le sue insicurezze che si sfogano dietro il fumo assiduo di una sigaretta, dall’altro lo svelamento della banalità del male e in questo King sappiamo che è il Re..
� Holly scrive un rapporto preliminare, spiegando tutto quello che ha scoperto, in parte attraverso le sue indagini e in parte perché l’universo le ha gettato un paio di funi. Le piace pensare (anche se in realtà ci crede poco) che ci sia una sorta di provvidenza in azione quando si tratta di trovare un equilibrio tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come quella statua della giustizia che tiene in mano una bilancia. Che esista una forza pronta a sostenere gli uomini e le donne che si schierano dalla parte dei deboli e degli innocenti, e contro il male.� ...more
Ho ascoltato l'audiolibro. Francesco Montanari, voce narrante, è perfetto nella sua tonalità così adeguata a questa storia così truce. La scrittura di GHo ascoltato l'audiolibro. Francesco Montanari, voce narrante, è perfetto nella sua tonalità così adeguata a questa storia così truce. La scrittura di Genna rispecchia l'ossessione tipica del nostro mondo contemporaneo per questi scenari delittuosi. La True Crime mania crea un popolo di investigatori che seminano il dubbio.
Penso al dolore delle famiglie e credo che il silenzio sia il minimo che si possa concedere.
Ho ascoltato questo audiolibro e non so ancora perchè... Mi sento disturbata. (non metto stelline..)...more
Sette libri compongono la fortunata serie fantasy de “Le Cronache del ghiaccio e del fuoco�. In un mondo feudale le ”Le tenebre stavano avanzando.�
Sette libri compongono la fortunata serie fantasy de “Le Cronache del ghiaccio e del fuoco�. In un mondo feudale le grandi famiglie (all’incirca otto) dominano sulle terre ereditate dai padri o frutto delle nuove alleanze dopo la sconfitta del re Aerys Targaryen e la conquista del Trono do Spade da parte di Robert Baratheon.
Due sono i continenti principali: Westeros ad ovest è difeso all’estremo Nord dalla Barriera che impedisce ad esseri malvagi di invadere il territorio mentre a Sud si trova Approdo del re. Essos è invece il territorio orientale dove si muove la Principessa Daenerys, chiamata Daenerys "Nata dalla tempesta".
Un romanzo corale che non poche volte confonde il lettore proprio per la quantità di personaggi. La storia è tuttavia avvincente con un susseguirsi di intrighi, tradimenti, vendette e colpi di scena che fanno incollare chi legge alle molte pagine mentre ”l’inverno sta arrivando�
� Il Trono di Spade era pieno di trappole per gli incauti. Le ballate dicevano che c'erano volute mille spade per forgiarlo, arroventate al calor bianco dal respiro di fiamma di Balerion, il Terrore nero, uno dei tre mostruosi draghi di Aegon. Il lavoro di martello era durato cinquantanove giorni. Il risultato era quello scuro orrore di bordi acuminati, spirali taglienti, rostri contorti. Una sedia che poteva uccidere, e che l'aveva fatto, a credere alle leggende.� ...more
Nera la notte. Nera la cornacchia che nella riscrittura del mito, Ali Smith rende testimone oculare. La battaglia appena finita e l Su la testa!!!
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Nera la notte. Nera la cornacchia che nella riscrittura del mito, Ali Smith rende testimone oculare. La battaglia appena finita e l’editto con cui Creonte, nuovo re di Tebe ordina di non dare sepoltura al corpo ancora caldo di Polinice. Sempre la cornacchia che svolazzando sulla città ci riporta il dialogo tra due sorelline Ismene ed Antigone. Il dilemma della prima è certezza nella seconda che è poi la più piccola. Disobbedire al re e rendere onore al fratello caduto. Una lezione di civiltà che urla a tutti noi..
”…ma è anche possibile che ci siano altri modi di vedere le cose e che anche quei modi siano giusti�
Non sempre il re ha ragione.. Illustrazioni di Laura Paoletti da applauso. ...more