Marcello S's Reviews > Austerlitz
Austerlitz
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Il mio “want to read� più vecchio. Lacuna colmata. Soddisfazione.
Malgrado ingombranti aspettative non sono rimasto deluso.
Sebald ha una scrittura fortemente tedesca, o comunque mitteleuropea, anche se ha vissuto per gran parte della vita in Inghilterra. Mi ha riportato a Bernhard - per la mancanza di “a capo� e per cose tipo Ogni tanto Maximilian raccontava, così� ricordò Věra, disse Austerlitz, di quella volta all’inizio dell’estate del 1933� - e a Modiano, per il lavoro di scavo nei ricordi e il tentativo di mettere uno dietro l’altro i tasselli di una storia piena di foschie.
Austerlitz, anche quando non vi si fa diretto riferimento, trasuda disastro. Ha una prosa ossessiva, ostinata, intrisa di malinconia. Il ritmo del racconto potenzialmente potrebbe non finire mai, inossidabile. Come se si dovesse ricostruire da zero, da qui, la possibilità di una narrazione che mira a qualcosa di definitivo.
Ci sono di mezzo la memoria e l’Olocausto, ma anche molte altre cose, tipo architettura, biblioteche, affetti. Forse a volte c’� troppa accumulazione, troppe parentesi che si aprono, che comunque non ne intaccano più di tanto l’essenza.
Adatto a chi non piace arrivare subito al dunque.
[76/100]
Mai nella mia vita mi ero addormentato così� bene come in quella prima notte trascorsa con Marie. Udivo il suo respiro regolare. Al bagliore dei lampi, che di quando in quando attraversavano il cielo, il suo bel viso appariva per brevissimi istanti accanto a me, e fuori si sentiva lo scroscio regolare della pioggia, le tende bianche si agitavano nella stanza e, mentre mi addormentavo, il lieve allentarsi della pressione dietro la fronte mi faceva credere o sperare di essere finalmente salvo. Nei fatti però le cose non andarono così�.
Verso mezzogiorno arrivammo a Norimberga, e non appena vidi su una cabina di manovra quel nome scritto in gotico, grafia a me poco familiare, mi tornò alla memoria quanto Věra mi aveva riferito del resoconto di mio padre sul congresso nazionalsocialista del 1936, del travolgente entusiasmo del popolo làˆ convenuto. Forse fu per questo, disse Austerlitz, che io - pur non avendo in mente se non le successive coincidenze - uscii, senza essermelo prima riproposto, dalla stazione di Norimberga e mi inoltrai in quella cittàˆ a me sconosciuta. Mai in vita mia avevo messo piede sul suolo tedesco, avevo sempre evitato di acquisire anche solo la minima nozione in merito alla topografia tedesca, alla storia tedesca o alle attuali condizioni di vita dei Tedeschi, e perciò la Germania, disse Austerlitz, era per me il paese più sconosciuto di tutti, addirittura più estraneo dell’Afghanistan o del Paraguay.
Malgrado ingombranti aspettative non sono rimasto deluso.
Sebald ha una scrittura fortemente tedesca, o comunque mitteleuropea, anche se ha vissuto per gran parte della vita in Inghilterra. Mi ha riportato a Bernhard - per la mancanza di “a capo� e per cose tipo Ogni tanto Maximilian raccontava, così� ricordò Věra, disse Austerlitz, di quella volta all’inizio dell’estate del 1933� - e a Modiano, per il lavoro di scavo nei ricordi e il tentativo di mettere uno dietro l’altro i tasselli di una storia piena di foschie.
Austerlitz, anche quando non vi si fa diretto riferimento, trasuda disastro. Ha una prosa ossessiva, ostinata, intrisa di malinconia. Il ritmo del racconto potenzialmente potrebbe non finire mai, inossidabile. Come se si dovesse ricostruire da zero, da qui, la possibilità di una narrazione che mira a qualcosa di definitivo.
Ci sono di mezzo la memoria e l’Olocausto, ma anche molte altre cose, tipo architettura, biblioteche, affetti. Forse a volte c’� troppa accumulazione, troppe parentesi che si aprono, che comunque non ne intaccano più di tanto l’essenza.
Adatto a chi non piace arrivare subito al dunque.
[76/100]
Mai nella mia vita mi ero addormentato così� bene come in quella prima notte trascorsa con Marie. Udivo il suo respiro regolare. Al bagliore dei lampi, che di quando in quando attraversavano il cielo, il suo bel viso appariva per brevissimi istanti accanto a me, e fuori si sentiva lo scroscio regolare della pioggia, le tende bianche si agitavano nella stanza e, mentre mi addormentavo, il lieve allentarsi della pressione dietro la fronte mi faceva credere o sperare di essere finalmente salvo. Nei fatti però le cose non andarono così�.
Verso mezzogiorno arrivammo a Norimberga, e non appena vidi su una cabina di manovra quel nome scritto in gotico, grafia a me poco familiare, mi tornò alla memoria quanto Věra mi aveva riferito del resoconto di mio padre sul congresso nazionalsocialista del 1936, del travolgente entusiasmo del popolo làˆ convenuto. Forse fu per questo, disse Austerlitz, che io - pur non avendo in mente se non le successive coincidenze - uscii, senza essermelo prima riproposto, dalla stazione di Norimberga e mi inoltrai in quella cittàˆ a me sconosciuta. Mai in vita mia avevo messo piede sul suolo tedesco, avevo sempre evitato di acquisire anche solo la minima nozione in merito alla topografia tedesca, alla storia tedesca o alle attuali condizioni di vita dei Tedeschi, e perciò la Germania, disse Austerlitz, era per me il paese più sconosciuto di tutti, addirittura più estraneo dell’Afghanistan o del Paraguay.
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Grazia
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Aug 19, 2019 02:16AM

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