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Lo straniero
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Orsodimondo's review
bookshelves: francia
Jul 05, 2015
bookshelves: francia
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LA DOLCE INDIFFERENZA DEL MONDO

Il film di Visconti è del 1967. Mersault è Marcello Mastroianni.
Già l’incipit è memorabile:
Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: “Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti.� Questo non dice nulla: è stato forse ieri.

Continua tutto così questo librino, non perde un colpo, sarebbe da citare per intero, da mandarlo a mente, Lo straniero non si leva più dalla testa, ritorna a galla nel tempo, anche a distanza di anni, è ipnotico. Ma è anche un tarlo.
L’ho letto venticinque anni fa la prima volta. Da anni ho voglia di riprenderlo, la sua atmosfera e il suo umore mi tornano a galla � la recente lettura di Atti osceni in luogo pubblico mi ha finalmente spinto a farlo.

Il protagonista Mersault non tenta mai di descrivere le proprie sensazioni né di spiegare le proprie azioni, è spiazzante con la sua onestà lucida, è incapace di difendersi, di dire quello che gli altri vorrebbero sentirgli dire: per esempio, che gli dispiace, che è pentito.
Mersault direbbe che in un modo o nell’altro si è sempre un po� in colpa, quindi perché pentirsi e dispiacersi?

Anna Karina con Mastroianni.
Basterebbe poco per evitare la condanna a morte, basterebbe anche una semplice confessione d’angoscia, basterebbe dire, ho sparato ma non volevo farlo, l’arabo era armato, mi ha spaventato, ho solo voluto difendermi � in fondo Mersault è bianco, ha ucciso un arabo, il giudice e i giurati sono pronti a riaccoglierlo nel consesso umano se solo lui mostrasse una traccia di rimorso, qualsiasi cosa che lo restituisca all’umanità, alla presunta normalità, che lo riavvicini al cristo in croce (la scena col giudice istruttore e quella finale col prete in carcere!).

Ma Mersault non sa fingere, neppure per salvarsi la vita riesce a falsificare la sua verità emotiva.
Mersault rifiuta le regole di quel gioco che si chiama vivere, e proprio per questo risulta insopportabile a chi deve giudicarlo: non verrà tanto punito per il suo delitto (che, ripeto, alla fine dei conti è semplicemente quello di un bianco che, per giunta quasi per legittima difesa, uccide un arabo nell’Algeria all’inizio degli anni Quaranta � ma non ho nessuna intenzione di attribuire a Camus tracce di razzismo) � Mersault verrà condannato a morte per come è, perché la sua colpa è quella di non essere un uomo come gli altri.

Il caldo� il sole� L’avvocato difensore di Mersault è interpretato da Bernard Blier.
È stato davvero Mersault a premere il grilletto, è davvero responsabile?
Non si tratta forse di una reazione a catena prodotta dalla natura stessa, dal destino?
Sembra questo il dubbio che Camus vuole insinuarci.
Il taciturno Mersault esplode: prima esplode i colpi contro l’arabo sulla spiaggia infuocata dalla luce accecante del sole, e poi esplode in urla nella cella contro il prete.
Così come dopo gli spari, così dopo le urla, alla fine della prima parte e alla fine del libro, Mersault liberato dalla speranza, torna a vivere le ore senza nome, ritrova la calma, e ritrova la dolce indifferenza del mondo.

L’indifferenza che ha reso celebre il personaggio di Mersault: quell’assenza di sentimenti che deriva dalla presa di coscienza dell’insensatezza, dell’assurdo, del vuoto che caratterizzano la condizione dell’uomo (l’esistenzialismo).
Ho risposto che non si cambia mai di vita, che del resto tutte le vite si equivalgono e che la mia, così com’era, non mi dispiaceva affatto. Lui mi è parso scontento, mi ha detto che rispondevo sempre a metà, che non avevo ambizione e che questo era disastroso, negli affari. Poi sono tornato al lavoro. Avrei preferito non scontentarlo, ma non vedevo una ragione di modificare la mia vita. A pensarci bene, non ero infelice. Da studente, avevo molte ambizioni di quel genere. Ma dopo che ho dovuto abbandonare gli studi ho capito molto presto che tutte queste cose non avevano una reale importanza.
La sera Maria è venuta a prendermi e mi ha domandato se volevo sposarla. Le ho detto che la cosa mi era indifferente, e che avremmo potuto farlo se lei voleva.

Mersault non sa, questa è spesso la sua risposta, “non so�: non sa esattamente quando è morta la madre, quanti anni avesse, non sa perché ha ucciso l’arabo sulla spiaggia�
Il non sapere di Mersault nasce dalla sua incolmabile distanza dalla vita, dalla sua estraneità al mondo, l’essere straniero del titolo: le cose succedono senza che il pensiero umano possa coglierne motivi e significati logici, e anche i comportamenti umani non riescono ad avere razionalità, e quindi giustificazione. Perciò, si può anche uccidere senza saper dire perché lo si è fatto.
Perciò, si può vivere il proprio processo e la propria condanna in modo inerte e distaccato, con atonia, senza partecipare, come se tutto stesse accadendo a qualcun altro, perché quello che accade non ha senso, e se anche lo avesse, noi non siamo in grado di comprenderlo.

E così Mersault mi ricorda il ‘preferirei di no� di Bartleby, molto più che Joseph K o Raskol’nikov, secondo me avvicinati con troppa fretta, più per assonanza che per ragion veduta.
In questo libro il mondo esterno è più importante del mondo interno, il mondo delle cose conta più del mondo dei pensieri.
È un libro immerso nel silenzio, e nella luce.

Il film del 1967 è sicuramente opera minore di Visconti, un insuccesso, già dalla sua genesi: perché la vedova Camus pretese per contratto che il libro fosse rispettato alla lettera, e per essere sicura che così fosse impose un suo supervisore di fiducia alla sceneggiatura, Emmanuel Roblès.
Visconti voleva rifiutare, ma fu costretto dal produttore Dino De Laurentiis a realizzare il film rispettando l’accordo con Mme Camus.
Il risultato è un film fin troppo fedele al testo, un adattamento alla lettera, rigido, imbalsamato, che finisce con il tradire sia l’atmosfera che il significato del romanzo.

Durante le riprese, il regista Luchino Visconti accanto alla macchina da presa.
Nel film Mersault non è un uomo che cerca l’ombra e il silenzio, non è annichilito dall’intensità della luce (succede solo nella maldestra scena dell’omicidio), non è indifferente distante apatico, sembra più che altro vittima del caldo, menefreghista e pigro, forse anche a causa dell’interpretazione non convincente di Mastroianni, già troppo agé per fare Mersault.
Nonostante Visconti sia stato maestro del film in costume, questo risulta invece di ambientazione incerta, a volte troppo moderna, gli attori sono spesso vestiti con eccessiva eleganza per il ruolo che interpretano e le situazioni che attraversano, la qualità della recitazione lascia a desiderare.
Esiste anche un altro adattamento del 2001, Yazgi, del regista turco Zeki Demirkubuz, ma non sono ancora riuscito a vederlo.

Luchino Visconti e Marcello Mastroianni aspettano che il set sia pronto.
Avrei voluto trattenerlo, spiegargli che desideravo la sua simpatia non per essere meglio difeso, ma per un sentimento naturale, se così posso dire�. Desideravo dire che ero come tutti gli altri, assolutamente come tutti gli altri. Ma tutto questo, in fondo, non aveva una grande utilità, e per pigrizia ho rinunciato.

Luchino Visconti curava scrupolosamente ogni singolo dettaglio d'arredo e costume.

Il film di Visconti è del 1967. Mersault è Marcello Mastroianni.
Già l’incipit è memorabile:
Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: “Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti.� Questo non dice nulla: è stato forse ieri.

Continua tutto così questo librino, non perde un colpo, sarebbe da citare per intero, da mandarlo a mente, Lo straniero non si leva più dalla testa, ritorna a galla nel tempo, anche a distanza di anni, è ipnotico. Ma è anche un tarlo.
L’ho letto venticinque anni fa la prima volta. Da anni ho voglia di riprenderlo, la sua atmosfera e il suo umore mi tornano a galla � la recente lettura di Atti osceni in luogo pubblico mi ha finalmente spinto a farlo.

Il protagonista Mersault non tenta mai di descrivere le proprie sensazioni né di spiegare le proprie azioni, è spiazzante con la sua onestà lucida, è incapace di difendersi, di dire quello che gli altri vorrebbero sentirgli dire: per esempio, che gli dispiace, che è pentito.
Mersault direbbe che in un modo o nell’altro si è sempre un po� in colpa, quindi perché pentirsi e dispiacersi?

Anna Karina con Mastroianni.
Basterebbe poco per evitare la condanna a morte, basterebbe anche una semplice confessione d’angoscia, basterebbe dire, ho sparato ma non volevo farlo, l’arabo era armato, mi ha spaventato, ho solo voluto difendermi � in fondo Mersault è bianco, ha ucciso un arabo, il giudice e i giurati sono pronti a riaccoglierlo nel consesso umano se solo lui mostrasse una traccia di rimorso, qualsiasi cosa che lo restituisca all’umanità, alla presunta normalità, che lo riavvicini al cristo in croce (la scena col giudice istruttore e quella finale col prete in carcere!).

Ma Mersault non sa fingere, neppure per salvarsi la vita riesce a falsificare la sua verità emotiva.
Mersault rifiuta le regole di quel gioco che si chiama vivere, e proprio per questo risulta insopportabile a chi deve giudicarlo: non verrà tanto punito per il suo delitto (che, ripeto, alla fine dei conti è semplicemente quello di un bianco che, per giunta quasi per legittima difesa, uccide un arabo nell’Algeria all’inizio degli anni Quaranta � ma non ho nessuna intenzione di attribuire a Camus tracce di razzismo) � Mersault verrà condannato a morte per come è, perché la sua colpa è quella di non essere un uomo come gli altri.

Il caldo� il sole� L’avvocato difensore di Mersault è interpretato da Bernard Blier.
È stato davvero Mersault a premere il grilletto, è davvero responsabile?
Non si tratta forse di una reazione a catena prodotta dalla natura stessa, dal destino?
Sembra questo il dubbio che Camus vuole insinuarci.
Il taciturno Mersault esplode: prima esplode i colpi contro l’arabo sulla spiaggia infuocata dalla luce accecante del sole, e poi esplode in urla nella cella contro il prete.
Così come dopo gli spari, così dopo le urla, alla fine della prima parte e alla fine del libro, Mersault liberato dalla speranza, torna a vivere le ore senza nome, ritrova la calma, e ritrova la dolce indifferenza del mondo.

L’indifferenza che ha reso celebre il personaggio di Mersault: quell’assenza di sentimenti che deriva dalla presa di coscienza dell’insensatezza, dell’assurdo, del vuoto che caratterizzano la condizione dell’uomo (l’esistenzialismo).
Ho risposto che non si cambia mai di vita, che del resto tutte le vite si equivalgono e che la mia, così com’era, non mi dispiaceva affatto. Lui mi è parso scontento, mi ha detto che rispondevo sempre a metà, che non avevo ambizione e che questo era disastroso, negli affari. Poi sono tornato al lavoro. Avrei preferito non scontentarlo, ma non vedevo una ragione di modificare la mia vita. A pensarci bene, non ero infelice. Da studente, avevo molte ambizioni di quel genere. Ma dopo che ho dovuto abbandonare gli studi ho capito molto presto che tutte queste cose non avevano una reale importanza.
La sera Maria è venuta a prendermi e mi ha domandato se volevo sposarla. Le ho detto che la cosa mi era indifferente, e che avremmo potuto farlo se lei voleva.

Mersault non sa, questa è spesso la sua risposta, “non so�: non sa esattamente quando è morta la madre, quanti anni avesse, non sa perché ha ucciso l’arabo sulla spiaggia�
Il non sapere di Mersault nasce dalla sua incolmabile distanza dalla vita, dalla sua estraneità al mondo, l’essere straniero del titolo: le cose succedono senza che il pensiero umano possa coglierne motivi e significati logici, e anche i comportamenti umani non riescono ad avere razionalità, e quindi giustificazione. Perciò, si può anche uccidere senza saper dire perché lo si è fatto.
Perciò, si può vivere il proprio processo e la propria condanna in modo inerte e distaccato, con atonia, senza partecipare, come se tutto stesse accadendo a qualcun altro, perché quello che accade non ha senso, e se anche lo avesse, noi non siamo in grado di comprenderlo.

E così Mersault mi ricorda il ‘preferirei di no� di Bartleby, molto più che Joseph K o Raskol’nikov, secondo me avvicinati con troppa fretta, più per assonanza che per ragion veduta.
In questo libro il mondo esterno è più importante del mondo interno, il mondo delle cose conta più del mondo dei pensieri.
È un libro immerso nel silenzio, e nella luce.

Il film del 1967 è sicuramente opera minore di Visconti, un insuccesso, già dalla sua genesi: perché la vedova Camus pretese per contratto che il libro fosse rispettato alla lettera, e per essere sicura che così fosse impose un suo supervisore di fiducia alla sceneggiatura, Emmanuel Roblès.
Visconti voleva rifiutare, ma fu costretto dal produttore Dino De Laurentiis a realizzare il film rispettando l’accordo con Mme Camus.
Il risultato è un film fin troppo fedele al testo, un adattamento alla lettera, rigido, imbalsamato, che finisce con il tradire sia l’atmosfera che il significato del romanzo.

Durante le riprese, il regista Luchino Visconti accanto alla macchina da presa.
Nel film Mersault non è un uomo che cerca l’ombra e il silenzio, non è annichilito dall’intensità della luce (succede solo nella maldestra scena dell’omicidio), non è indifferente distante apatico, sembra più che altro vittima del caldo, menefreghista e pigro, forse anche a causa dell’interpretazione non convincente di Mastroianni, già troppo agé per fare Mersault.
Nonostante Visconti sia stato maestro del film in costume, questo risulta invece di ambientazione incerta, a volte troppo moderna, gli attori sono spesso vestiti con eccessiva eleganza per il ruolo che interpretano e le situazioni che attraversano, la qualità della recitazione lascia a desiderare.
Esiste anche un altro adattamento del 2001, Yazgi, del regista turco Zeki Demirkubuz, ma non sono ancora riuscito a vederlo.

Luchino Visconti e Marcello Mastroianni aspettano che il set sia pronto.
Avrei voluto trattenerlo, spiegargli che desideravo la sua simpatia non per essere meglio difeso, ma per un sentimento naturale, se così posso dire�. Desideravo dire che ero come tutti gli altri, assolutamente come tutti gli altri. Ma tutto questo, in fondo, non aveva una grande utilità, e per pigrizia ho rinunciato.

Luchino Visconti curava scrupolosamente ogni singolo dettaglio d'arredo e costume.
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Orsodimondo
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rated it 5 stars
Feb 08, 2016 08:21AM

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Bellissimo davvero. Mi piace la tua recensione. Peccato che non sappia scriverle così. In massimo dieci righe concludo tutto. Mi piace anche il paragone che hai fatto con Bartleby.
Molto bravo davvero.

Bellissimo davvero. Mi piace la tua recensione. Peccato che non sappia scriverle così. In massimo dieci righe concludo tutto. Mi piace ..."
Con tutti questi complimenti finisce che mi abituo male!! :-)) Grazie!!
Contento ti sia piaciuto. Per me è un classico e un capolavoro, un libro che sento dentro profondamente.


Personalmente, ho trovato il libro di notevole livello letterario, ma ho avuto la sensazione di una lettura... arida.
Ti segnalo un recente romanzo, considerato la 'risposta' araba al libro di Camus. E' "Il caso Meursault", di Daud.

Personalmente, ho trovato il libro di notevole livello letterario, ma ho avuto la sensazione di una lettura... arida.
Ti segnalo un recente romanzo, considerato la 'ris..."
Grazie della segnalazione, ne ho letto, e credo che prima o poi lo leggerò.


Grazie, mi fa piacere.
Sai, questo è un libro che adoro.
E anche quel film, visto da ragazzo, forse addirittura bambino, col tempo percepito come non riuscito, mi ha lasciato squarci di scene, immagini, sensazioni che mi accompagnano da allora.

Secondo me, capolavoro assoluto (della narrativa).