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“Tutto ciò che fa a Worcester, a casa o a scuola, lo porta a credere che l’infanzia non sia nient’altro che un periodo in cui bisogna stringere i denti e resistere.��


”Viene da una famiglia anomala della quale vergognarsi, dove non solo non si picchiano i bambini, ma ci si rivolge agli anziani chiamandoli con il nome di battesimo, e dove nessuno va in chiesa e le scarpe si portano tutti i giorni.��

Ecco il racconto dell’infanzia del futuro Nobel Coetzee, dal momento in cui si trasferì con la famiglia da Città del Capo in quel di Worcester (oggi Western Cape).
Un’infanzia vissuta nella vergogna per non essere come la maggioranza.
Un mondo segreto di pensieri, sensazioni, pulsioni soffocate che nessuno deve conoscere.
Le difficoltà comuni del crescere, dunque, sommate ad un contesto sociale complicato per le tensioni di una convivenza difficile: afrikaner, inglesi, meticci, nativi.
Lingue e religioni che si sfidano; stili di vita che chiudono i recinti in un sistema d’inclusione ed esclusione.

Una scrittura a denti stretti.
La distanza della terza persona che narra crea un clima di freddezza: algido l’autore, diffidente chi legge che fatica a sintonizzarsi.

«Chissà perché Coetzee lo ha fatto?» mi chiedevo leggendo.
La scrittura autobiografica �� si sa- comporta lo sforzo della confessione. Quello spogliarsi a volte impudico davanti a tutti. Certo c’�� chi ha bisogno di esibirsi per narcisismo congenito ma c’�� anche chi lo ritiene un compito arduo ma necessario come percorso di auto-analisi.
Ma Coetzee perché lo ha fatto quando si sente chiaramente che non c’�� nessuno di questi bisogni?
Il tono è sforzato. Forse �� ipotizzo- gli gravava fare quell’ammissione di aver provato gli estremi dell’amore e su cui verte un po�� tutto lo scritto: l’odio profondo per il padre e il legame morboso con la madre.
La mia lettura è, pertanto, proseguita con imbarazzo: come presentarsi a casa di qualcuno senza essere invitati.
Coetzee bambino sperimenta una scrittura che costruisce una corazza s’una personalità già di per sé introversa:
“Scrivere per lui non è come dispiegare le ali; al contrario, è come raggomitolarsi, farsi piú piccolo e inoffensivo possibile��

Cercavo tracce che guidassero le mie future letture e/o rischiarissero le passate di quest’autore che ammiro tantissimo. Ciò che ho trovato è l’origine di ciò che si dice e si è detto di lui: uomo schivo e riservato.
Testimoni lo hanno avuto come vicino a delle cene ufficiali (ad una delle poche che ha presenziato) dicono di non aver avuto il piacere di sentire mai la sua voce per tutta la serata.
Riluttante al pubblico tanto che avere un suo libro autografato è di tale rarità da poter sistemare economicamente una famiglia.
Un po�� asociale dunque.
Ma che importa di fronte al fatto che è lo scrittore di opere che hanno descritto in modo così preciso lo stato d’animo di una società dilaniata dai contrasti?