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Patria
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Un romanzo contemporaneo che è riuscito a coinvolgermi in pieno, che mi ha fatto pensare, riflettere, entrare nelle vicende e partecipare. Nelle mie letture capita raramente, e dunque ne sono soddisfatta.
La prima cosa che colpisce del romanzo è lo stile della scrittura: dialoghi laconici, frasi spezzate, repentini passaggi dal discorso indiretto della narrazione al discorso in prima persona dei pensieri dei protagonisti. Una novità , che porta nel romanzo l’immediatezza del modo di esprimersi nella quotidianità . Non so quanto mi sia piaciuto veramente, ma non importa. Ho pensato che le parole rispecchiano l’antropologia e la natura di una terra, i paesi baschi, che geograficamente rappresentano una minima parte del territorio della penisola iberica, un pezzetto di terra che si affaccia sull’Oceano all’estremo nord, con pochi più abitanti delle Marche, ma che storicamente sono sempre stati chiusi al resto del paese, dediti alla lotta per l’indipendenza e alla rivendicazione tenace ed irriducibile della loro autonomia politica, linguistica e culturale. Non ci sono mai stata ma dalle fotografie in rete si vede una terra che assomiglia di più ai paesi nordici che alla Spagna che conosciamo, non una terra solare, bollente, mediterranea, ma un territorio aspro, battuto dal vento dell’Oceano, piovoso. Anche la copertina del romanzo rappresenta una figura umana con un basco in testa sotto un ombrello rosso –come il sangue che viene versato- sotto una fitta pioggia. Ed in un giorno di pioggia incessante si compie l’evento intorno al quale si incentra la storia, l’assassinio di un imprenditore basco da parte dell’ETA, colpevole di non adempiere alle richieste del “pizzo� (quante sono le assonanze con le dinamiche omertose della mafia!) che l’organizzazione richiede a chi pensa si sia arricchito troppo e a spese dei lavoratori.
Il romanzo è corale, nel senso che parlano tutti i protagonisti, uno per ogni capitolo, cosicchè vi è una certa confusione in corso di lettura mancando un criterio cronologico alla narrazione, mentre alla fine la visuale è completa per quanto riguarda gli avvenimenti che si sono susseguiti negli oltre vent’anni in cui si svolge il romanzo, dagli anni ottanta del novecento fino all’attualità . I protagonisti sono due fronti contrapposti: la famiglia del terrorista dell’ETA (forse non l’assassino che ha premuto il grilletto, ma sempre assassino) e quella della vittima. In particolare sono le due madri a tenere le redini della storia, a far sì che il lettore comprenda (sia chiaro, comprenda ma non condivida) gli argomenti di chi soffre per la violenza subita da chi sta in carcere convinto di lottare per la libertà contro l’oppressore e le ragioni di chi soffre per l’assassinio brutale del familiare, del marito, del padre amato e per la distruzione conseguente della propria esistenza. Così, attraverso le vicende di due microcosmi familiari che si compattano intorno alle due madri, si ripercorre la storia del terrorismo basco degli ultimi trenta anni, si vive l’atmosfera omertosa e complice della intera comunità basca, -compresa la Chiesa cattolica-, che anziché essere unita nel dolore si chiude alle vittime, isolandole.
La Patria –ci dice Aramburu-, anziché essere il valore comune che unisce un popolo, si manifesta nella divisa dei guerriglieri, in quel cappuccio bianco che copre il viso e in quei vestiti neri che coprono anche le mani, in un pugno alzato che gronda sangue e dolore.
La prima cosa che colpisce del romanzo è lo stile della scrittura: dialoghi laconici, frasi spezzate, repentini passaggi dal discorso indiretto della narrazione al discorso in prima persona dei pensieri dei protagonisti. Una novità , che porta nel romanzo l’immediatezza del modo di esprimersi nella quotidianità . Non so quanto mi sia piaciuto veramente, ma non importa. Ho pensato che le parole rispecchiano l’antropologia e la natura di una terra, i paesi baschi, che geograficamente rappresentano una minima parte del territorio della penisola iberica, un pezzetto di terra che si affaccia sull’Oceano all’estremo nord, con pochi più abitanti delle Marche, ma che storicamente sono sempre stati chiusi al resto del paese, dediti alla lotta per l’indipendenza e alla rivendicazione tenace ed irriducibile della loro autonomia politica, linguistica e culturale. Non ci sono mai stata ma dalle fotografie in rete si vede una terra che assomiglia di più ai paesi nordici che alla Spagna che conosciamo, non una terra solare, bollente, mediterranea, ma un territorio aspro, battuto dal vento dell’Oceano, piovoso. Anche la copertina del romanzo rappresenta una figura umana con un basco in testa sotto un ombrello rosso –come il sangue che viene versato- sotto una fitta pioggia. Ed in un giorno di pioggia incessante si compie l’evento intorno al quale si incentra la storia, l’assassinio di un imprenditore basco da parte dell’ETA, colpevole di non adempiere alle richieste del “pizzo� (quante sono le assonanze con le dinamiche omertose della mafia!) che l’organizzazione richiede a chi pensa si sia arricchito troppo e a spese dei lavoratori.
Il romanzo è corale, nel senso che parlano tutti i protagonisti, uno per ogni capitolo, cosicchè vi è una certa confusione in corso di lettura mancando un criterio cronologico alla narrazione, mentre alla fine la visuale è completa per quanto riguarda gli avvenimenti che si sono susseguiti negli oltre vent’anni in cui si svolge il romanzo, dagli anni ottanta del novecento fino all’attualità . I protagonisti sono due fronti contrapposti: la famiglia del terrorista dell’ETA (forse non l’assassino che ha premuto il grilletto, ma sempre assassino) e quella della vittima. In particolare sono le due madri a tenere le redini della storia, a far sì che il lettore comprenda (sia chiaro, comprenda ma non condivida) gli argomenti di chi soffre per la violenza subita da chi sta in carcere convinto di lottare per la libertà contro l’oppressore e le ragioni di chi soffre per l’assassinio brutale del familiare, del marito, del padre amato e per la distruzione conseguente della propria esistenza. Così, attraverso le vicende di due microcosmi familiari che si compattano intorno alle due madri, si ripercorre la storia del terrorismo basco degli ultimi trenta anni, si vive l’atmosfera omertosa e complice della intera comunità basca, -compresa la Chiesa cattolica-, che anziché essere unita nel dolore si chiude alle vittime, isolandole.
La Patria –ci dice Aramburu-, anziché essere il valore comune che unisce un popolo, si manifesta nella divisa dei guerriglieri, in quel cappuccio bianco che copre il viso e in quei vestiti neri che coprono anche le mani, in un pugno alzato che gronda sangue e dolore.
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Patria.
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December 15, 2018
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Started Reading
December 15, 2018
– Shelved
January 2, 2019
– Shelved as:
letteratura-straniera
January 2, 2019
– Shelved as:
spagna
January 2, 2019
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Grazia
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rated it 4 stars
Jan 02, 2019 10:29AM

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