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Ci diciamo l'oscuro. La storia d'amore tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan
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”Sono te quando sono io�
“Dalla mano l'autunno mi bruca una sua foglia: siamo amici. Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare: il tempo torna indietro, nel guscio. Nello specchio è domenica, nel sogno c'è chi dorme, la bocca dice il vero. Il mio occhio scende giù al sesso dell'amata: ci guardiamo, ci diciamo l'oscuro, ci amiamo l'un l'altra come papavero e memoria, dormiamo come vino nelle conchiglie, come il mare nel raggio sanguigno della luna. Stiamo abbracciati alla finestra, ci guardano dalla strada: è tempo che si sappia! È tempo che la pietra accetti di fiorire, che l'affanno faccia battere il cuore. È tempo che sia tempo. È tempo�. P.Celan
Il saggio biografico su Paul Celan e Ingeborg Bachmann è molto interessante sul piano storico e esistenziale, risulta invece meno generoso sotto l'aspetto letterario. L'amore impossibile tra i due artisti si consuma nella Vienna multiculturale del 1948 e segnerà il percorso poetico e vitale di entrambi i letterati, trasformandosi per i due amanti nel mondo intero, il tempo di una primavera già un istante eterno. Paul Celan (nato Antschel) veniva dalla vita bohémien di Bucarest, dove aveva frequentato i surrealisti come Tristan Tzara e Luca Gherasim; sopravvissuto alla perdita dei genitori nei campi di sterminio, si esiliò poi a Parigi, dove si sposò con Giséle Lestrange ed ebbe un figlio. La Bachmann studiò filosofia ed ebbe successo nell'ambiente letterario germanofono, viaggiò in Italia e altrove ed ebbe numerose relazioni, tra cui la più significativa con Max Frisch. Vita e poesia si incontrano e si abbandonano, come i due amanti, che mettono distanza e poi nuovamente si dedicano l'uno all'altra; frequentano il Gruppo 47 e producono opere e tormenti, stelle e segreti, successi e sciagure. Si conosce la relazione amorosa tra i due, rimasta segreta fino alla fine, attraverso il loro carteggio (Troviamo le parole. Lettere 1948-1973), e si osserva la costruzione di un'identità parallela nel contesto culturale e editoriale europeo. Paul e Inge si sentono, si cercano; parlano un linguaggio comprensibile solo a loro: ti amo e non ti voglio amare, è scritto tra essi, tra sogno e tensione, si infiammano e poi frenano e si perdono per poi infrangersi senza possibilità di riunirsi. Celan sprofonda nella paranoia, fino all'esito tragico, quando si getta nella Senna. Bachmann scrive che l'estraneità era il suo destino e assiste da testimone silenziosa, nel dolore nascosto di una catastrofe che non riesce a raccontare a nessuno. Nel linguaggio sia Celan che Bachmann hanno cercato la casa dell'essere, insieme, nell'arte che è il solo campo competente su ciò che è indicibile; ma si amarono dietro a una parete, nella consapevolezza della morte indotta dall'isolamento radicale, in quel mondo che è il linguaggio, al tempo stesso rifugio e ombra, in quello scandagliare che genera angoscia e speranza. È un atto migliore scrivere per ricordare, svelare i nessi tra scrittura poetica e pensiero, e la memoria è il terreno da cui sgorga la poesia.
“Come Orfeo io suono la morte sulle corde della vita e fin dentro la bellezza della terra e dei tuoi occhi, che governano il cielo, so dire solo l'oscuro. Non dimenticare che anche tu, all’improvviso, quel mattino in cui il tuo giaciglio grondava ancora rugiada e il garofano dormiva sul tuo cuore, vedesti il fiume oscuro che ti passava accanto. Tesa la corda del silenzio sull’onda di sangue, afferrai il tuo cuore vibrante. Tramutati furono i tuoi riccioli nella capigliatura d’ombra della notte, i fiocchi neri delle tenebre caddero come neve sul tuo volto. E io non ti appartengo. Di entrambi ora è il dolore. Ma come Orfeo io so la vita dalla parte della morte e mi diventa azzurro l’occhio tuo chiuso per sempre�. I.Bachmann
“Dalla mano l'autunno mi bruca una sua foglia: siamo amici. Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare: il tempo torna indietro, nel guscio. Nello specchio è domenica, nel sogno c'è chi dorme, la bocca dice il vero. Il mio occhio scende giù al sesso dell'amata: ci guardiamo, ci diciamo l'oscuro, ci amiamo l'un l'altra come papavero e memoria, dormiamo come vino nelle conchiglie, come il mare nel raggio sanguigno della luna. Stiamo abbracciati alla finestra, ci guardano dalla strada: è tempo che si sappia! È tempo che la pietra accetti di fiorire, che l'affanno faccia battere il cuore. È tempo che sia tempo. È tempo�. P.Celan
Il saggio biografico su Paul Celan e Ingeborg Bachmann è molto interessante sul piano storico e esistenziale, risulta invece meno generoso sotto l'aspetto letterario. L'amore impossibile tra i due artisti si consuma nella Vienna multiculturale del 1948 e segnerà il percorso poetico e vitale di entrambi i letterati, trasformandosi per i due amanti nel mondo intero, il tempo di una primavera già un istante eterno. Paul Celan (nato Antschel) veniva dalla vita bohémien di Bucarest, dove aveva frequentato i surrealisti come Tristan Tzara e Luca Gherasim; sopravvissuto alla perdita dei genitori nei campi di sterminio, si esiliò poi a Parigi, dove si sposò con Giséle Lestrange ed ebbe un figlio. La Bachmann studiò filosofia ed ebbe successo nell'ambiente letterario germanofono, viaggiò in Italia e altrove ed ebbe numerose relazioni, tra cui la più significativa con Max Frisch. Vita e poesia si incontrano e si abbandonano, come i due amanti, che mettono distanza e poi nuovamente si dedicano l'uno all'altra; frequentano il Gruppo 47 e producono opere e tormenti, stelle e segreti, successi e sciagure. Si conosce la relazione amorosa tra i due, rimasta segreta fino alla fine, attraverso il loro carteggio (Troviamo le parole. Lettere 1948-1973), e si osserva la costruzione di un'identità parallela nel contesto culturale e editoriale europeo. Paul e Inge si sentono, si cercano; parlano un linguaggio comprensibile solo a loro: ti amo e non ti voglio amare, è scritto tra essi, tra sogno e tensione, si infiammano e poi frenano e si perdono per poi infrangersi senza possibilità di riunirsi. Celan sprofonda nella paranoia, fino all'esito tragico, quando si getta nella Senna. Bachmann scrive che l'estraneità era il suo destino e assiste da testimone silenziosa, nel dolore nascosto di una catastrofe che non riesce a raccontare a nessuno. Nel linguaggio sia Celan che Bachmann hanno cercato la casa dell'essere, insieme, nell'arte che è il solo campo competente su ciò che è indicibile; ma si amarono dietro a una parete, nella consapevolezza della morte indotta dall'isolamento radicale, in quel mondo che è il linguaggio, al tempo stesso rifugio e ombra, in quello scandagliare che genera angoscia e speranza. È un atto migliore scrivere per ricordare, svelare i nessi tra scrittura poetica e pensiero, e la memoria è il terreno da cui sgorga la poesia.
“Come Orfeo io suono la morte sulle corde della vita e fin dentro la bellezza della terra e dei tuoi occhi, che governano il cielo, so dire solo l'oscuro. Non dimenticare che anche tu, all’improvviso, quel mattino in cui il tuo giaciglio grondava ancora rugiada e il garofano dormiva sul tuo cuore, vedesti il fiume oscuro che ti passava accanto. Tesa la corda del silenzio sull’onda di sangue, afferrai il tuo cuore vibrante. Tramutati furono i tuoi riccioli nella capigliatura d’ombra della notte, i fiocchi neri delle tenebre caddero come neve sul tuo volto. E io non ti appartengo. Di entrambi ora è il dolore. Ma come Orfeo io so la vita dalla parte della morte e mi diventa azzurro l’occhio tuo chiuso per sempre�. I.Bachmann
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September 7, 2019
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September 7, 2019
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September 8, 2019
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Leka
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Sep 10, 2019 11:07AM

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