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HUCK IL SELVAGGIO


Il film più recente è del 1993 diretto da Stephen “La Mummia�� Sommers. Huck è un giovanissimo Elijah Wood, otto anni prima della Trilogia dell’Anello, e suo padre nella foto è Ron Perlman.

Romanzo d’avventure, romanzo di formazione, Huckleberry Finn è forse il Grande Romanzo Americano, come e più di Moby Dick.
È così almeno per Hemingway che del libro di Twain scrisse:
Tutta la letteratura moderna americana deriva da un libro di Mark Twain intitolato Huckleberry Finn. La scrittura americana arriva da lì. Non c’era mai stato niente del genere prima. E non c’�� più stato più niente del genere dopo.
Viene infatti da dire che è così almeno nella lingua: ben più ‘sporca��, ben più quotidiana, ‘moderna�� e impregnata della terra di quella di Melville.


Huck e lo schiavo in fuga Jim.

L’avventura c’�� eccome, la formazione non saprei, forse no: perché Huck fugge per essere libero, per vivere come vuole, e alla fine è costretto a tornare indietro e rientrare in quella civiltà che rifiuta, dalla quale voleva allontanarsi e separarsi. Alla fine è sconfitto, ma non domo.

Me ne stavo all’aria tutto il giorno, felice e contento, fumavo e pescavo e non studiavo mai. Così sono passati un paio di mesi e i miei vestiti sono tornati gli stracci sozzi di sempre, e io non riuscivo più a capire come mai m’era piaciuto dalla vedova, dove bisognava lavarsi, mangiare nel piatto, pettinarsi, andare a letto e alzarsi regolare e starsene sempre con un libro in mano con Miss Watson che rompeva tutto il tempo. Non volevo più tornarci. Avevo smesso di dire parolacce perché alla vedova non gli piaceva, ma adesso avevo ricominciato perché papà non aveva niente in contrario. Lassù nei boschi, tutto sommato, me la spassavo proprio.


La versione di Michael “Casablanca�� Curtiz del 1960. Sulla zattera insiem a Huck e Jim il Duca e il Re.

Nella sua fuga il ragazzino naviga per il grande fiume Mississippi ed è istintivo pensare al fiume Congo, a Conrad e il suo Marlow, a quel cuore di tenebra che sembra riverberare in questo lungo e maestoso fiume americano dove anche Huck incontra gente ben selvaggia, più selvaggia di lui stesso.
Fa poca differenza se il viaggio di uno è a risalire il corso d’acqua verso la sorgente e il suo cuore nero, quello dell’altro è invece a scendere verso la foce.

E quando sull’isola deserta del fiume incontra lo schiavo nero Jim, che è fuggito alle catene, e lo porta con sé sulla zattera, come non pensare a Robinson Crusoe e Venerdì?
In un mondo di adulti da evitare, sorta di feccia umana, violenti truffaldini lestofanti oppure bigotti e oppressivi, l’unico adulto che si salva è proprio lo schiavo nero Jim.
Nella violenza del padre ubriacone che tiene chiuso e sequestrato il figlio come non ritrovare le figure di padri e tutori e maschi adulti che mettevano i brividi nei romanzi di Dickens?


Nel film di Michael Curtiz del 1960 Buster Keaton nella parte di Lion Tamer.

Romanzo d’avventura e (forse) di formazione, dicevo: ma anche romanzo picaresco per ragazzi e per adulti, pagine che parlano a grandi e piccini. Romanzo sulla fuga. Sulla libertà.
Tom Sawyer, l’amico di sempre e delle altre avventure negli altri romanzi, uno prima e uno dopo questo, è un monello che alla fine accetta la civiltà e impara le regole: non così Huck, che rimane selvaggio �� il suo viaggio nella civiltà è in realtà un viaggio attraverso la moderna inciviltà.


Nell’edizione originale del 1884 ecco l’incontro tra Huck e Jim.

Ci sono ovviamente altri livelli di lettura, meno diretti ai ragazzi e più agli adulti, come si addice a un grande romanzo: Huck mette in scena la sua morte, rinuncia alla sua identità per essere libero, dalla morte nasce la sua vita. E quindi una partenza ben nera.
Come nero è Jim, nero il fiume percorso soprattutto di notte sotto le stelle, nero il mondo degli adulti (bianchi), nera la civiltà da cui è meglio tenersi alla larga, fuggire, nera la modernità, a cominciare proprio dagli Stati Uniti. Nera è la morale e nere sono le regole di questi adulti, del loro mondo ‘civile�� e ‘moderno’��


Huckleberry Finn in un disegno di E.W. Kemble dell'edizione originale 1884 del libro.

È bello vivere su una zattera. Il cielo, lassù, era tutto tempestato di stelle, e noi ci sdraiavamo sulla schiena a guardarle e discutevamo se le aveva fatte qualcuno o se erano capitate lì per caso: Jim pensava che le aveva fatte qualcuno, io invece che erano capitate lì per caso �� ci voleva troppo tempo per fare tutte quelle stelle. Jim ha detto che forse le aveva covate la luna, e a me mi sembrava sensato, così non ho detto niente anche perché avevo visto una rana covare altrettanti ranocchi e perciò era possibile. Guardavamo anche le stelle cadenti e le scie che si lasciavano dietro. Jim diceva che erano guaste e così le buttavano fuori dal nido.


Huck e Jim sulla zattera, illustrazione dell'edizione del 1884.