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Gauss74's Reviews > The Machine That Changed the World: The Story of Lean Production-- Toyota's Secret Weapon in the Global Car Wars That Is Now Revolutionizing World Industry)

The Machine That Changed the World by James P. Womack
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bookshelves: saggistica, altri-editori, lean-industria-4-0

Una delle tante crisi che ci hanno colpito nel 2022 è stata quella energetica, e probabilmente non è stata neppure la peggiore, come scopriremo presto. La conseguenza ovvia per me è stata che ho avuto ed avrò troppo tempo libero nel senso più drammatico del termine, essendo responsabile di produzione in una azienda energivora. Era evidente che le condizioni produttive peggioreranno per tutti, quindi quale modo migliore di spendere il tempo libero in eccesso che iscriversi ad un master in management? Ed è quello che ho fatto.
Quello che non avevo previsto è quanto sarebbe stato impegnativo: ebbene sì, ci si accorge che i cinquant'anni non sono i venti quando si torna a scuola.
Molte cose sono cambiate, nei ventidue anni che mi separano dalla fine dell'università. Le lezioni interattive, gli appunti telematici, le spiegazioni registrate, internet: tutto da un certo punto di vista è infinitamente più facile, il punto è che quella facilità viene giustamente spesa assegnando un autentico diluvio di testi d'approfondimento a corredo.

Questo "La macchina che ha cambiato il mondo" (ma in italiano è quasi introvabile) è il fondamento unico ed indispensabile per chi decida di migliorare le proprie prestazioni manageriali studiando; giova ricordare che questo non è certo l'unico modo, e forse neanche il migliore. E' un libro vecchio, parla del mondo dell'inizio degli anni 90, quando finiva la sfida del comunismo e cominciava quella dell'estremo oriente e del cosiddetto quarto mondo. Posso dire con certezza che il libro è un capolavoro proprio perchè nonostante il fatto che in mezzo sia capitato di tutto, è rimasto incomparabilmente attuale.

E' rimasto attuale perchè dal punto di vista manageriale la modernità non sta tanto nel punto di vista politico o economico o di marketing (alla fine della fiera il fatto che si parli di automobili è solo un necessario dettaglio); la modernità sta nell'approccio con cui si gestiscono i problemi. Tutto il libro è un parallelismo tra la produzione di massa come è stata impostata da Henri Ford nella sua omonima, leggendaria ditta e la produzione Lean così come è stata impostata da Iichiro Toyoda nella sua quasi omonima, leggendaria ditta. Lasciando da parte i tecnicismi, per chi non fosse interessato professionalmente è un confronto da un punto di vista spettacolare e mai visto prima tra il mondo del novecento (la produzione di massa) e quello del duemila (la produzione snella).

L'umanità. Lo abbiamo visto con le guerre mondiali, lo vediamo anche qui. Nel Novecento il fantaccino, l'operaio, è un costo. Ci credete che per le aziende americane le risorse umane sono un costo variabile persino oggi? Questo vuol dire che se il bisogno di carne da cannone (soldatino o operaietto poco importa) diminuisce, basta licenziare. Carne da cannone appunto, perchè uno degli obiettivi dichiarati della catena di montaggio è diminuire al massimo le competenze richieste al lavoratore, il posto di lavoro a prova di cretino, per dire. Solo che appunto, dopo i primi tempi di apparente agio, chi esegue un mestiere troppo facile e ripetitivo, rincretinisce. Nelle imprese che guardano al futuro, nel Duemila, le risorse umane sono un costo fisso. Perche sono una risorsa preziosa, da sviluppare e custodire gelosamente, come un figlio. E' ben vero che i giapponesi lavorano di più degli occidentali (ci hanno fatto anche un film, negli stessi anni in cui usciva questo libro), ma lavorano di più perchè lavorano meglio. Poi c'è l'Italia, che rincretinisce gli operai, si lamenta che sono rincretiniti, e li considera un costo fisso lo stesso perchè visto che altrimenti gente non formata e non addestrata finirebbe sotto a un ponte, blinda i contratti. Ma l'Italia è un altro discorso, la Fiat è roba da fantascienza: torniamo alla realtà.

Il mondo. Uno dei modi di distinguere il mondo del duemila da quello del novecento, è approcciare il problema da questo punto di vista. La produzione di massa sa diventare competitiva solo producendo sempre di più, tagliando tutto ciò che non è produttività, e dando risorse solo a quella. Scelta strategica che richiede un mercato in perpetua espansione e risorse infinite: il mondo del novecento, appunto. Solo che il mondo attuale è diverso. Il cambiamento climatico e la guerra del gas in Ucraina ci mostrano che le risorse sono finite. Le persone hanno tutto di tutto, tranne che tempo. Affannati nell'ansia di performare sempre di più per avere più soldi per avere più cose (approccio quantitativo quanto mai novecentesco), non abbiamo neppure più il tempo di desiderare. I tempi nostri, di risorse limitate, di mercati saturi, di gente sfinita (ah, caro Dante, eri secoli avanti quando pensavi a gente che spingeva massi in nome della ricchezza, conservata o dilapidata), hanno bisogno di spostare il fuoco. La produzione industriale, con tutta la sua cinica volontà di potenza e di ricchezza, deve tornare a mettere l'uomo al centro. I consumatori sono troppo stanchi per desiderare ancora, ed allora bisogna andare loro incontro. Capire i loro bisogni veri, nella loro diversità, e risolvere solo quelli.

Tutto nel ventunesimo secolo è capovolto. Non si può forzare con la pubblicità chi compra a desiderare quello che a noi conviene produrre. Siamo noi industriali, cambiando radicalmente priorità e mentalità, a dover capire consa gli uomini e le donne realmente vogliono e sono disposti a pagare per avere, e metterglielo a disposizione. Tenendo conto che tra queste priorità ci sono sempre più la sicurezza di chi lavora (non è uno slogan: tra il 2000 ed il 2020 gli infortuni sul lavoro nel mio settore sono calati di almeno 3 volte), ed anche la gestione di un ambiente sempre più privo di risorse e sempre più malato.

Al netto dei tecnicismi che lascio agli ingegneri, quello che questo libro insegna è questo. Che non abbiamo i mezzi per produrre all'infinito, e che neppure serve produrre all'infinito. Se vogliamo far diventare ricca l'impresa, quello che serve è far diventare gli uomini e le donne più felici. Quindi bisogna mettere l'umanità al centro, sia quella che lavora con noi considerandola la risorsa più preziosa, sia quella che compra i nostri prodotti andandole incontro, senza accettare con compiacimento che spinga il suo masso nel quarto cerchio per venirci incontro.

E' difficile? Certo che lo è. E' quasi impossibile: la crisi che ci attanaglia dal 2008 a oggi, contro la quale negli ultimi 3 anni siamo riusciti solo a peggiorare, si spiega benissimo in questi termini.
Il punto è che non abbiamo alternative.

O c'è qualcuno che crede che la pandemia e la guerra in Ucraina siano il risultato di un complotto? Davvero? Davvero davvero?

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Reading Progress

November 29, 2022 – Shelved as: to-read
November 29, 2022 – Shelved
November 29, 2022 – Shelved as: saggistica
November 29, 2022 – Shelved as: altri-editori
December 7, 2022 – Started Reading
December 23, 2022 – Shelved as: lean-industria-4-0
December 31, 2022 – Finished Reading

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