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Patria
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“chiedere perdono richiede più coraggio che sparare, che azionare una bomba�
Tre stelle e mezzo, ancora indecisa se arrotondare a tre o quattro.
Ne meriterebbe quattro, intanto perché è senza dubbio una lettura gradevole, e poi (soprattutto) per il coraggio e l’onestà nell’affrontare un tema importante e non facile, quello del terrorismo dell’ETA. Ed è bravo Aramburu, infilandosi nelle case, nelle vite private e nelle dinamiche familiari, e in quelle di un piccolo paese omertoso, è bravo a farci capire cosa succede quando le idee astratte diventano più importanti delle persone, delle loro vite e delle loro famiglie, quando diventano fanatismo, quando vengono strumentalizzate. O quando non si ha il coraggio delle proprie idee e si cerca di proteggersi con il silenzio, guidati dal conformismo e dalla paura (in effetti, è curioso che mi sia rimbalzata spesso in testa la parola omertà, quando il contesto non è la mafia ma l’indipendentismo/nazionalismo basco).
Ecco, non è che si capisca benissimo cosa sia l’indipendentismo basco e quali siano le sue ragioni, sempre che ne abbia, e se ne volete sapere di più bisogna andare a documentarsi. Ma questo non era forse tra gli scopi del romanzo, ed è giusto/giustificabile che sia così. Si capisce comunque come Aramburu questo tipo di nazionalismo lo ritenga soltanto una piaga, un’ideologia vuota e pericolosa e forse ha ragione. Nostra patria è il mondo intero.
Allora perché tolgo mezza stella? Alcuni hanno criticato l’eccessiva lunghezza del romanzo, ma in effetti la lettura è gradevole, procede spedita e senza intoppi, con uno stile originale e accattivante. A me è parso piuttosto che a volte l’autore tenda a “caricare un po� i toni�, a calcare la mano fino a sfiorare lo stucchevole, ad esempio quando indulge nel raccontare episodi poco rilevanti della vita sentimentale di alcuni personaggi, e nel complesso alcune cose sparse qua e là mi sono parse eccessive, il che unito ai capitoli brevi che continuano a singhiozzare da una situazione all’altra, me l’hanno fatto sembrare un po� una telenovela. Ed è un peccato, perché Aramburu ha anche saputo creare dei bei personaggi, che rimangono in mente.
Infatti voi non vi fidate, leggetelo lo stesso, che io, cattivissima me.
Tre stelle e mezzo, ancora indecisa se arrotondare a tre o quattro.
Ne meriterebbe quattro, intanto perché è senza dubbio una lettura gradevole, e poi (soprattutto) per il coraggio e l’onestà nell’affrontare un tema importante e non facile, quello del terrorismo dell’ETA. Ed è bravo Aramburu, infilandosi nelle case, nelle vite private e nelle dinamiche familiari, e in quelle di un piccolo paese omertoso, è bravo a farci capire cosa succede quando le idee astratte diventano più importanti delle persone, delle loro vite e delle loro famiglie, quando diventano fanatismo, quando vengono strumentalizzate. O quando non si ha il coraggio delle proprie idee e si cerca di proteggersi con il silenzio, guidati dal conformismo e dalla paura (in effetti, è curioso che mi sia rimbalzata spesso in testa la parola omertà, quando il contesto non è la mafia ma l’indipendentismo/nazionalismo basco).
Ecco, non è che si capisca benissimo cosa sia l’indipendentismo basco e quali siano le sue ragioni, sempre che ne abbia, e se ne volete sapere di più bisogna andare a documentarsi. Ma questo non era forse tra gli scopi del romanzo, ed è giusto/giustificabile che sia così. Si capisce comunque come Aramburu questo tipo di nazionalismo lo ritenga soltanto una piaga, un’ideologia vuota e pericolosa e forse ha ragione. Nostra patria è il mondo intero.
Allora perché tolgo mezza stella? Alcuni hanno criticato l’eccessiva lunghezza del romanzo, ma in effetti la lettura è gradevole, procede spedita e senza intoppi, con uno stile originale e accattivante. A me è parso piuttosto che a volte l’autore tenda a “caricare un po� i toni�, a calcare la mano fino a sfiorare lo stucchevole, ad esempio quando indulge nel raccontare episodi poco rilevanti della vita sentimentale di alcuni personaggi, e nel complesso alcune cose sparse qua e là mi sono parse eccessive, il che unito ai capitoli brevi che continuano a singhiozzare da una situazione all’altra, me l’hanno fatto sembrare un po� una telenovela. Ed è un peccato, perché Aramburu ha anche saputo creare dei bei personaggi, che rimangono in mente.
Infatti voi non vi fidate, leggetelo lo stesso, che io, cattivissima me.
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October 19, 2017
– Shelved
October 19, 2017
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desiderata
January 4, 2018
– Shelved as:
leggimi-leggimi
February 9, 2018
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Started Reading
February 9, 2018
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18.0%
"Lo vedi, le vittime danno fastidio. Ci vogliono spingere con la scopa sotto il tappeto. Non dobbiamo farci vedere e, se scompariamo dalla vita pubblica e loro riescono a tirare fuori dal carcere i detenuti, be', questa è la pace e tutti contenti, qui non è successo niente."
February 9, 2018
– Shelved as:
iberici
February 21, 2018
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message 1:
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Come
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rated it 4 stars
Feb 22, 2018 02:06PM

reply
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Lo metto nei "forse" perchè è vero che hai incuriosito anche me ma è altrettanto vero che mi fido del tuo giudizio e quindi.... 😉




@gattalucy il titolo è una citazione dal libro!


Ha colpito molto anche me questa "massa silenziosa" che si allineava al nazionalismo per puro conformismo (quantomeno questo aspetto viene mostrato, e questo è già qualcosa). E infine, è vero, perdonare richiede tantissimo coraggio. Grazie @Laura per la riflessione!



A qualche mese di distanza dalla lettura confermo l'impressione di buon romanzo e lo ricordo in modo vivido, ma sono ancora dell'idea che alcune parti siano troppo frivole (le vicende sentimentali di Nerea) o poco legate alla trama principale (la disabilità di Arantxa) - solo per fare degli esempi.