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Jesus' Son
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FUOCO DENTRO

In copertina una foto del 1978 di Mimmo Jodice: Bruciatura.
Stavo all’Holiday Inn da tre giorni, sotto falso nome, in compagnia della mia ragazza, sinceramente la donna più bella che avessi mai conosciuto, a farmi di eroina. Facevamo l’amore a letto, mangiavamo bistecche al ristorante, ci bucavamo al cesso, vomitavamo, piangevamo, ci accusavamo, ci imploravamo, perdonavamo, promettevamo e ci portavamo in paradiso a vicenda.
Fortunata chiusura delle letture di quest’anno con questo librino smilzo assolutamente magistrale di un autore mai sentito prima che per la qualità e potenza dei suoi racconti in molti affiancano a Hemingway e Carver - del quale fu allievo all’Iowa Writers� Workshop, da molti considerata la migliore scuola di scrittura creativa del mondo.
Qui ci sono undici racconti in novantatre pagine. Il protagonista è sempre lo stesso, lo stesso io narrante, “ubriaco di una tristezza che non gli bastava mai�, il nome di battesimo non viene mai fuori, il soprannome è Fuckhead, che nella traduzione italiana diventa Testadicazzo.
Ma oltre che una raccolta di racconti, è un romanzo breve, una novella: undici episodi, undici momenti della vita di Testadicazzo.

Padri e figli: un’altra foto di Mimmo Jodice.
L’epigrafe sono due versi di Heroin, la canzone dei Velvet Underground scritta da Lou Reed:
When I’m rushing on my run // And I feel just like Jesus� son�
che si possono tradurre in:
Quando mi sto godendo la mia pera // e mi sento come il figlio di Gesù�
Fuckhead/Testadicazzo racconta quello che gli succede, e un po� anche quello che invece non succede: racconto che è come “una trasmissione radio con frequenze disturbate, interferenze che schizzano sulla scena alimentando un corto-circuito temporale�.
Ha un’esistenza geograficamente movimentata come nella migliore tradizione a stelle-e-strisce: si racconta a Seattle, nell’Iowa, a Phoenix in Arizona, Missouri, Texas, altrove. Ogni luogo sembra un’interminabile periferia: così come periferiche, marginali, delocalizzate sembrano la sua e le vite che incrocia.
Più che vivere, Fuckhead/Testadicazzo sembra esserci, esistere, riempire il tempo tra una sbronza e un altro tipo di sballo, con un po� di sesso negli intervalli e momenti di un assurdità esilarante.
Per descrivere Fuckhead/Testadicazzo, un giovane uomo che vive il giorno in attesa della notte e della perdita di coscienza di sé, non trovo parole più appropriate di quelle che Johnson riserva alla coppia mennonita nell’ultimo racconto-vignetta: “fuori al buio con una grande solitudine e il terrore di un’intera vita non ancora vissuta�.

Ancora una foto di Mimmo Jodice.
L’umanità che s’incontra in queste pagine oscilla tra i disgraziati, i ladruncoli, gli strafatti, gli alcolizzati, i feriti a morte, i paralitici e i paralizzati, gli amputati, gli storpi nel corpo e/o nell’anima, i vigliacchi e gli eroinomani, i traditori, i bestemmiatori.
Non esiste luce e non esiste gloria in nessuna delle storie dei personaggi che qui s’incontrano, soltanto cuori squarciati e infelici che procedono per inerzia e perché non c’� alternativa.
Il Dio in cui voglio credere ha la voce e il senso dell’umorismo di Denis Johnson. Parole di Jonathan Franzen.

Indimenticabile l’episodio del film proiettato nel drive in deserto perché è in arrivo una tormenta. Si ride e contemporaneamente si prova un senso di solitudine così forte che schiaccia i polmoni, il cuore e tutto il resto
Il film, del 1999, è una commedia bittersweet indie che prende tutte le singole storie, le cuce insieme, realizza una narrazione più compatta che nelle pagine: ma rispetto alla potenza della scrittura non può far nulla, né sceneggiatori né regista sono all’altezza pur se il risultato complessivo è dignitoso.
Azzeccatissimo il protagonista, Billy Crudup, attore che trovo oltremodo sottovalutato (senza la sua presenza, come avrei fatto ad arrivare in fondo all’orrida seconda stagione di The Morning Show?), e gli cuce intorno un cast davvero interessante: Samantha Morton, Michael Shannon, Jack Black, Dennis Hopper, Will Patton, Miranda July, Holly Hunter, lo stesso Denis Johnson in un divertente cammeo
Al Vine ce n’erano tanti di momenti come quello, in cui ti capitava di pensare che oggi fosse ieri, e ieri fosse domani, e così via. perché eravamo tutti convinti della nostra tragicità, e bevevamo. Provavamo un senso di impotenza, di predestinazione. Saremmo morti con le manette ai polsi. Avremmo fatto una brutta fine, e non per colpa nostra. Così immaginavamo. Eppure venivamo sempre giudicati innocenti per motivi assurdi.

Jack Black con un paziente del pronto soccorso interpretato dallo stesso Denis Johnson.

In copertina una foto del 1978 di Mimmo Jodice: Bruciatura.
Stavo all’Holiday Inn da tre giorni, sotto falso nome, in compagnia della mia ragazza, sinceramente la donna più bella che avessi mai conosciuto, a farmi di eroina. Facevamo l’amore a letto, mangiavamo bistecche al ristorante, ci bucavamo al cesso, vomitavamo, piangevamo, ci accusavamo, ci imploravamo, perdonavamo, promettevamo e ci portavamo in paradiso a vicenda.
Fortunata chiusura delle letture di quest’anno con questo librino smilzo assolutamente magistrale di un autore mai sentito prima che per la qualità e potenza dei suoi racconti in molti affiancano a Hemingway e Carver - del quale fu allievo all’Iowa Writers� Workshop, da molti considerata la migliore scuola di scrittura creativa del mondo.
Qui ci sono undici racconti in novantatre pagine. Il protagonista è sempre lo stesso, lo stesso io narrante, “ubriaco di una tristezza che non gli bastava mai�, il nome di battesimo non viene mai fuori, il soprannome è Fuckhead, che nella traduzione italiana diventa Testadicazzo.
Ma oltre che una raccolta di racconti, è un romanzo breve, una novella: undici episodi, undici momenti della vita di Testadicazzo.

Padri e figli: un’altra foto di Mimmo Jodice.
L’epigrafe sono due versi di Heroin, la canzone dei Velvet Underground scritta da Lou Reed:
When I’m rushing on my run // And I feel just like Jesus� son�
che si possono tradurre in:
Quando mi sto godendo la mia pera // e mi sento come il figlio di Gesù�
Fuckhead/Testadicazzo racconta quello che gli succede, e un po� anche quello che invece non succede: racconto che è come “una trasmissione radio con frequenze disturbate, interferenze che schizzano sulla scena alimentando un corto-circuito temporale�.
Ha un’esistenza geograficamente movimentata come nella migliore tradizione a stelle-e-strisce: si racconta a Seattle, nell’Iowa, a Phoenix in Arizona, Missouri, Texas, altrove. Ogni luogo sembra un’interminabile periferia: così come periferiche, marginali, delocalizzate sembrano la sua e le vite che incrocia.
Più che vivere, Fuckhead/Testadicazzo sembra esserci, esistere, riempire il tempo tra una sbronza e un altro tipo di sballo, con un po� di sesso negli intervalli e momenti di un assurdità esilarante.
Per descrivere Fuckhead/Testadicazzo, un giovane uomo che vive il giorno in attesa della notte e della perdita di coscienza di sé, non trovo parole più appropriate di quelle che Johnson riserva alla coppia mennonita nell’ultimo racconto-vignetta: “fuori al buio con una grande solitudine e il terrore di un’intera vita non ancora vissuta�.

Ancora una foto di Mimmo Jodice.
L’umanità che s’incontra in queste pagine oscilla tra i disgraziati, i ladruncoli, gli strafatti, gli alcolizzati, i feriti a morte, i paralitici e i paralizzati, gli amputati, gli storpi nel corpo e/o nell’anima, i vigliacchi e gli eroinomani, i traditori, i bestemmiatori.
Non esiste luce e non esiste gloria in nessuna delle storie dei personaggi che qui s’incontrano, soltanto cuori squarciati e infelici che procedono per inerzia e perché non c’� alternativa.
Il Dio in cui voglio credere ha la voce e il senso dell’umorismo di Denis Johnson. Parole di Jonathan Franzen.

Indimenticabile l’episodio del film proiettato nel drive in deserto perché è in arrivo una tormenta. Si ride e contemporaneamente si prova un senso di solitudine così forte che schiaccia i polmoni, il cuore e tutto il resto
Il film, del 1999, è una commedia bittersweet indie che prende tutte le singole storie, le cuce insieme, realizza una narrazione più compatta che nelle pagine: ma rispetto alla potenza della scrittura non può far nulla, né sceneggiatori né regista sono all’altezza pur se il risultato complessivo è dignitoso.
Azzeccatissimo il protagonista, Billy Crudup, attore che trovo oltremodo sottovalutato (senza la sua presenza, come avrei fatto ad arrivare in fondo all’orrida seconda stagione di The Morning Show?), e gli cuce intorno un cast davvero interessante: Samantha Morton, Michael Shannon, Jack Black, Dennis Hopper, Will Patton, Miranda July, Holly Hunter, lo stesso Denis Johnson in un divertente cammeo
Al Vine ce n’erano tanti di momenti come quello, in cui ti capitava di pensare che oggi fosse ieri, e ieri fosse domani, e così via. perché eravamo tutti convinti della nostra tragicità, e bevevamo. Provavamo un senso di impotenza, di predestinazione. Saremmo morti con le manette ai polsi. Avremmo fatto una brutta fine, e non per colpa nostra. Così immaginavamo. Eppure venivamo sempre giudicati innocenti per motivi assurdi.

Jack Black con un paziente del pronto soccorso interpretato dallo stesso Denis Johnson.
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Lo avevo sulla scaffale dei "forse"; lo sposto tra i WTR 😏
Buona fine buon inizio, Orso 💓"
E Denis Johnson ha convinto me: ho chiesto in prestito il suo romanzo premiato, e messo in wl altri titoli.
Buon 2022 anche a te!


No no, non occorre che mi ringrazi: percepisco che ti costa molto, lascia perdere.

Io l'ho scoperto grazie al libro sulla scrittura di Palahniuk (dove osanna la brutalità di Johnson e l'abilità della Hempel)

Io l'ho scoperto grazie al libro sulla scrittura di ..."
Ah, la Hempel, altra meraviglia.

Mi sa che hai ragione, oltretutto credo sia prematuro: prima lo leggo.

Grazie a te, e anche a te auguri buon 2022!


Quel Lou Reed e quei Velvet sono eterni.
I collegamenti potrebbero allargarsi: Hemingway e Carver sono citatissimi dai critici innamorati di Johnson, io potrei aggiungere Bukowski e Shepard.

Lo avevo sulla scaffale dei "forse"; lo sposto tra i WTR 😏
Buona fine buon inizio, Orso 💓