"Perché molti di loro hanno l’anima affamata di sorrisi."
Mi piace molto la scrittura di Alba de Céspedes anche se, mi rendo conto, che occorre far"Perché molti di loro hanno l’anima affamata di sorrisi."
Mi piace molto la scrittura di Alba de Céspedes anche se, mi rendo conto, che occorre farsi affascinare da un certo sapore antico.
Seppur brevi, i racconti sono tanti (ben diciotto) e variano per genere di personaggi ed ambientazioni, eppure, più leggi, più senti un sapore uniforme un sapore agrodolce.
Le storie narrate da una giovanissima scrittrice alle prime armi (aveva soli 24 anni) sono sentimentali nel senso più ampio. Ci raccontano un ventaglio di emozioni che possono essere quelle del marito tradito tanto quanto di un'adolescente preda delle sue passioni o di una madre che si strugge per il definitivo taglio del cordone ombelicale.
L'agro è dato dal muro di tristezza che si erige davanti a chi si rende conto di non avere più speranze.
Il dolce è, invece, la felice sensazione di una porta aperta sul domani.
A differenza, di molte altre raccolte di racconti qui le storie non lasciano insoddisfatti sul finale. C'è poco di sospeso e c'è molto di definito. Sono piccole cornici che ci raccontano di un'italia di ieri (la raccolta è del 1935) quando facevi un numero telefonico per sapere l'ora esatta oppure quando le ragazze si stendevano al sole "mostrando la peluria delle ascelle.. Il tutto combinato con una grande abilità descrittiva che ci accompagna negli interni di case abitate da spose che oggi definiremmo bambine e nelle osterie dove gli avventori cercavano il calore domestico.
Uno sguardo, insomma, di una penna, sì ancora acerba ma palesemente indirizzata a raccontare l'essenza umana, l'anima degli altri.
"Ronzano le vespi battagliere, ostinate, insistenti, calano infine sui papaveri rossi, la corolla trema ed esse fanno l’altalena sugli steli sottilissimi. Le case sono trasparenti. Attraverso le pareti s’immaginano letti disfatti, donne discinte e uomini sudati, spoetizzanti. Le cucine attirano invece perché avanti all’acquaio le serve cantano sottovoce e lo zampillo rimbalza sul marmo e rinfresca la vista e il sangue nelle vene. A quell’ora Mariella esce di casa. Scavalca sulla porta il cane sdraiato, che non la degna neppure d’uno sguardo, e si siede nel giardino. Preferisce affrontare la caldura piuttosto di restare ancora nella casa silenziosa, dov’� d’obbligo dormire."...more
L’etologia che osserva, indaga, deduce non solo dal comportamento animale ma anche da quello umano, come il fine sia sempre quello della conservazioneL’etologia che osserva, indaga, deduce non solo dal comportamento animale ma anche da quello umano, come il fine sia sempre quello della conservazione della specie.
Ma quindi la corsa agli armamenti, la cieca follia dell’odio Uomo vs Uomo, la cecità di fronte al palese sgretolarsi del pianeta terra, come possono essere inquadrati? Quelle che Lorenz chiama «disfunzioni di meccanismi comportamentali» vanno inserite in un quadro d’insieme dove l’istinto umano è simile a quello animale.
Pubblicato nel 1973 (lo stesso anno in cui ricevette il Nobel per la medicina) questo breve saggio raccoglie un insieme di interventi che lo scienziato fece a vari convegni.
Gli otto peccati capitali sono:
1. La sovrappopolazione della Terra. 2. La devastazione dell'habitat umano. 3. L'accelerazione di tutte le dinamiche sociali a causa della competizione fra uomini. 4. Il bisogno di soddisfazione immediata di tutte le esigenze, primarie o secondarie che siano. 5. Il deterioramento genetico causato dalla scomparsa della selezione naturale. 6. La graduale scomparsa di antiche tradizioni culturali. 7. L'indottrinamento favorito dal perfezionamento dei mezzi di comunicazione. 8. La corsa agli armamenti nucleari.
Lorenz analizza questi punti con uno sguardo scientifico nuovo. L’accusa che muove alla scienza è, difatti, quella di essere disumanizzante.
”La sovrappopolazione con le inevitabili conseguenze della perdita d'individualità e del livellamento, l'alienazione dalla natura che provoca la scomparsa dell'attitudine dell'uomo ad aver rispetto di qualche cosa, la competizione economica che, in omaggio al principio utilitaristico, considera il mezzo come fine a se stesso e fa dimenticare l'obiettivo originale, e, non da ultimo, il generale appiattimento dei sentimenti: tutti questi mali si manifestano nei fenomeni di disumanizzazione della scienza, ma ne sono la causa, non la conseguenza.�
Testo � ahimé- profetico tranne nella nota d’introduzione che attenua alcune tesi e vuole essere più ottimistica. Pare che la realtà odierna ci dica tutt’altro.. ...more
Prima volta che leggo una silloge di Franco Arminio. Un’urgenza, un bisogno costante di scrivere: qu"La poesia è una lucciola alle due di pomeriggio
Prima volta che leggo una silloge di Franco Arminio. Un’urgenza, un bisogno costante di scrivere: questa la prima impressione.
Suddivisa in sette sezioni, la raccolta è una geografia non solo di paesaggi montani in cui la vista coglie la forma di una pianta o la sagoma di un animale, qui l’autore scava negli animi di persone ed oggetti e ci consegna immagini che appartengono ad impressioni profonde ed intime.
Operazione non certo facile. Tutti possiamo avere un attimo in cui la visione di una scena così come di un singolo oggetto ci riporta a sensazioni apparentemente slegate ma cogliere, decifrare e condividere questi momenti è il dono prezioso del poeta.
In queste pagine sono custodite immagini veramente preziose. Una gamma di emozioni di ogni colore.
La gioia colta in quei momenti in cui è più viva (”La gioia è un fatto), l’amore come continua meraviglia ma anche l’ansia, la paura di morire e la nostalgia (tanta) per un tempo in cui la vita era più semplice.
Un tema fondamentale è quello dell’emigrazione che ha creato un�"anoressia demografica� e nei paesini regna ora "il silenzio di chi se n’� andato".
Un fantasy avventuroso ed epico del premio Nobel (2017) Kazuo Ishiguro che trasporta il lettore in un’Inghilterra pervasa da gelide nebbie.
Siamo in uUn fantasy avventuroso ed epico del premio Nobel (2017) Kazuo Ishiguro che trasporta il lettore in un’Inghilterra pervasa da gelide nebbie.
Siamo in un’epoca successiva alle famose gesta di re Artù e i suoi cavalieri dove sassoni e britanni convivono pacificamente. E� un mondo magico dove orchi, folletti e altre creature sembrano essere l’unico male da cui difendersi.
Protagonisti principali sono una coppia di anziani coniugi: Axl e Beatrice. La loro memoria, da un po�, fa acqua da tutte le parti ma sembra che, quello della dimenticanza, sia un male diffuso.
Un’amnesia collettiva fa sì che cose e persone si dissolvano da un momento all’altro.
Axl e Beatrice, tuttavia, si convincono di dover fare un viaggio per raggiungere il loro unico figlio. Inizia cosi un cammino pieno d’imprevisti che porterà le loro strade ad incrociarsi con guerrieri, cavalieri e il Male stesso.
Un romanzo veramente bello e coinvolgente che al di là dell’intrattenimento, ci porta a riflettere sul valore del ricordo e la brama di vendetta..
� Ma siete proprio certa, mia buona signora, di volervi liberare di questa nebbia? Non è forse meglio che le cose rimangano nascoste alle nostre menti?�...more
Emma Doucet ha una brutto vizio: fuma tantissimo nonostante abbia più di ottant’anni. Un bel giorno Annie, la giovane governante, le naCarpe Mortem
Emma Doucet ha una brutto vizio: fuma tantissimo nonostante abbia più di ottant’anni. Un bel giorno Annie, la giovane governante, le nasconde le sigarette sopra un armadio. Ma un tabagista, si sa, non si ferma di fronte a nulla e la baldanzosa signora si arrampica su una scala per recuperare la refurtiva.
Sarà per quello che Emma muore? Oppure è stato quel foro sul petto che sembra tanto dovuto allo sparo di una pistola? Ma chi la vorrebbe morta e soprattutto come può essere possibile se cammina, si muove ed interagisce ancora con gli altri?
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Accompagnata da disegni accattivanti una bella storia. Tra riflessioni sulla vecchiaia, sul passato e s’un presente che sembra sfuggire di mano, una storia molto coinvolgente in bilico tra il paranormale e la concretezza del malaffare della politica�
"In fondo siamo come vecchi dischi, un po' consumati ma incapaci di deviare dal nostro solco"
Il fine sarcasmo è, notoriamente, la cifra stilistica di Sciascia. Un� ironia che procede a stilettate mettendo in tavola grandi temi della Storia. Il Il fine sarcasmo è, notoriamente, la cifra stilistica di Sciascia. Un� ironia che procede a stilettate mettendo in tavola grandi temi della Storia. Il suo procedere ha una base erudita che utilizza una sintassi intricata e questo può sconcertare il lettore. Insomma, seppur breve, questa lettura � come quasi tutte le sue opere- non deve essere sottovalutata. Richiede molta concentrazione per poi esserne ripagati con moneta preziosa.
Lo spunto nasce da un fatto di cronaca nera. Siamo a Palermo nel 1937, un impiegato, dopo essere licenziato uccide la moglie, il collega che doveva prendere il suo posto e il capoufficio noto gerarca fascista palermitano.
A dieci anni, circa della reintroduzione della pena di morte (Codice Rocco), la condanna alla pena capitale dopo un omicidio così efferato è data per scontata da tutti.
Tutti tranne il giudice (detto a latere) che moralmente si oppone ad una logica da Legge del Taglione. Se nel 1829 Victor Hugo s’immedesimo nei pensieri di un condannato a morte (L'ultimo giorno di un condannato a morte), in questo breve romanzo del 1987, Sciascia ci accompagna nei pensieri di chi ha potere di comminare tale pena.
Oltre alle riflessioni di chi che sa di andare controcorrente al pensiero dominante, l’autore inquadra ’iDzٳܰ generale in cui la storia si colloca. La menzogna parte dalla stampa imbavagliata dal regime. I giornali, infatti, avevano il divieto di riportare i fatti di sangue. La realtà così edulcorata serviva a confermare quell’immagine di sicurezza di un’Italia in buone mani.
Un’Italia dove chiunque poteva dormire con le porte aperte ...
� Non era soltanto un problema di giustizia, di amministrarla secondo la legge o di affermarla contro la legge; era anche un problema di interiore libertà, comunque dovuta a chi è chiamato a giudicare.�...more
"Vedi, dolcezza, noi gente di colore siamo alberi senza radici, e allora le cose vanno per uno strano verso. Per te specialmente. Io sono nata ai t"Vedi, dolcezza, noi gente di colore siamo alberi senza radici, e allora le cose vanno per uno strano verso. Per te specialmente. Io sono nata ai tempi degli schiavi, sicché non era destino che realizzassi i miei sogni su come dovrebbe essere e cosa dovrebbe fare una donna. È una delle catene della schiavitù. Ma a te, niente può impedire di avere desideri. Nessuno può essere calpestato al punto da rubargli la volontà. Io non volevo essere adoperata come bue per lavorare o come scrofa per figliare, né volevo che succedesse a mia figlia. Non è stato per mia volontà che le cose sono andate in un certo modo"
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Zora Neale Hurston (1891- 1960) fu una delle scrittrici principali dell�”Harlem Renaissance� (movimento artistico afroamericano sorto negli anni �20). Si laureò in antropologia intraprendendo con successo la carriera letteraria. Le sue produzioni furono tuttavia, oggetto di duri attacchi proprio da parte di alcuni intellettuali afroamericani.
In sostanza le si imputava la colpa di scrivere a favore del un pubblico bianca razzista dato che i suoi personaggi si esprimono con forme di slang dialettale venendo così a rafforzare secondo i suoi detrattori, l’immagine stereotipata del “nero�.
Huston, inoltre si discostava, dalla linea principale della letteratura di quegli anni dettata, in particolar modo da Richard Whright (uno dei suoi avversari) e che, in sostanza, richiedeva che ogni opera contenesse chiari messaggi politici di lotta. Forse per questo motivo e forse anche per una posizione apertamente repubblicana e conservatrice, le opere della Hurston hanno faticato ad avere dei riconoscimenti.
Their Eyes Were Watching God (scritto in sole settimane durante un viaggio di studio ad Haiti) fu pubblicato da Frassinelli per la prima volta in Italia nel 1938 (e stranamente dato che si era in pieno fascismo e censura!) con il titolo: “I loro occhi guardavano Dio� mentre Bompiani nel 1998, lo ripubblica col titolo� “Con gli occhi rivolti al cielo� .
� I desideri degli uomini viaggiano a bordo di navi lontane. Per alcuni arrivano in porto con la marea. Per altri navigano in eterno all’orizzonte, mai fuori vista, mai in porto, finché chi sta di vedetta non distoglie gli occhi rassegnato, i suoi sogni sbeffeggiati a morte dal tempo. Tale è la vita degli uomini.
Le donne� Be�, le donne dimenticano tutto quello che non vogliono ricordare, e ricordano tutto quello che non vogliono dimenticare. Il sogno è la verità. E si comportano di conseguenza.�
Così prende l’avvio il racconto che la protagonista Janie Crawford fa all’amica Pheoby. Janie è appena ritornata a Eatonville dopo essere fuggita assieme ad un giovane ragazzo. Cosa è successo? Così il racconto va a ritroso raccontandoci una storia d’amore popolata da una comunità apparentemente coesa ma in realtà pronta a colpire laddove qualcuno stia facendo qualche passo falso. I portici che troneggiano davanti alle case sembrano i naturali raduni perché le lingue si uniscano a spettegolare, criticare anche aspramente tutti coloro che non fanno parte del “cerchio�:
� Vedere la donna com’era fece loro ricordare l’invidia che avevano accumulato da altri tempi. Perciò rimasticarono la parte oscura della mente e inghiottirono di gusto. Espressero giudizi arroventati con le domande, e fecero delle risate strumenti di morte. Crudeltà di massa. Personificazione di un umore. Parole a spasso senza il padrone; parole in armonia in una canzone.�
Janie, però, non è interessata ai giudizi altrui e riserva il suo racconto all’amica del cuore. Una storia di sogni e desideri.
Nata da uno stupro ed abbandonata alla nascita dalla madre, Janie è cresciuta dalla nonna che cerca di metterla in guardia dalle insidie dell’amore (� Eccolo, il chiodo dove tutte noi donne nere restiamo impigliate: l’amore!�) indirizzandola verso un matrimonio di convenienza.
"L’amore è qualcosa che viene col tempo�, le dice, ma dopo essersi sposata a diciassette anni con un uomo agiaoa e più vecchio di lei capisce che non è proprio così che funziona.
Fuggire per ricostruirsi una vita diversa e vedere i propri sogni infranti un’altra volta: è proprio questo il destino di Janie?
La storia di una donna che impara, giorno dopo giorno, ad essere autonoma e a credere nei suoi sogni, si accompagna a quella di una comunità che si assomiglia un po� dovunque con quel suo accumulo di invidia e rabbia.
Un destino che pare ineluttabile e gli occhi rivolti al cielo in cerca di una risposta o forse anche solo di un po� di pietà per chi ha già sofferto abbastanza�
� Scrutò intensamente il cielo, per vedere se qualcosa si muovesse lassù, da prendere come un segno. Una stella di giorno, magari, o un grido del sole, o il balbettio di un tuono. Levò le braccia in un gesto di supplica disperata. No, non di supplica, di domanda rivolta al cielo. Il cielo rimase fermo, duro e silenzioso, e Janie rientrò in casa. Dio avrebbe fatto meno di quello che aveva in mente.�
Grande classico da riscoprire (e ripubblicare!)....more
”Un ostaggio viscido e iridescente come un pesce, che raccattava polvere dalle piastrelle in pvc mentre si dimenava e ”Prima di tutto, sono nato.�
”Un ostaggio viscido e iridescente come un pesce, che raccattava polvere dalle piastrelle in pvc mentre si dimenava e dibatteva perché ancora imprigionato in quel sacco in cui galleggiano i bambini prima di nascere (�) Come un piccolo pugile bluastro (�) nel nostro universo di case mobili �
Basterebbero queste poche frasi, estrapolate dall’incipit di questo romanzo-fiume, a farvi capire di cosa stiamo parlando.
La storia di Damon Fields (ma che tutti chiamano Demon Copperhead) è il retelling del celebre David Copperfield di Charles Dickens.
Il lavoro di Barbara Kingsolver è magistrale perché la trasposizione di questa storia avrebbe potuto essere traslata banalmente in una successione di tremende disgrazie e piccole vittorie. Ci troviamo, invece, catapultati, nel profondo sud statunitense a combattere assieme ai protagonisti contro i pregiudizi che da sempre li etichettano e bollano come ubriaconi e zotici(Redneck).
Il realismo di questo romanzo in merito alla moltitudine di bambini abbandonati a se stessi, rei di essere figli delle dipendenze dei genitori, mette in risalto tutte le mancanze e assenze dello stato che preferisce non vedere nascondesi dietro ad una burocrazia sempre più cinica.
Fame, rabbia, odio, disillusione tutti gli ingredienti perché si possa facilmente perdere la strada se mai una strada ci sia stata..
"Io le impronte merdose della vita ce le avevo tatuate addosso: le botte, le bugie, le settimane sballato per l’erba, i mesi di fame. Io non volevo essere come quei ragazzi. Ma non volevo piú nemmeno essere lo strano pesce fuor d’acqua, ero proprio stufo di esserlo. Tutto il tempo in attesa che qualcuno mi urlasse di andarmene, che non c’entravo niente con quel posto e con quelle scarpe nuove di zecca, e dovevo tornarmene in qualsiasi buco di merda dal quale fossi uscito." ...more
� Credo che la sensazione di essere un alieno � ben diversa dal sentirsi semplicemente alienati � tra i pazienti psichiatrici sia piuttosto comune.� Credo che la sensazione di essere un alieno � ben diversa dal sentirsi semplicemente alienati � tra i pazienti psichiatrici sia piuttosto comune.�
"Stella Maris", così è chiamata la stella che guida i marinai. Un astro che richiama il culto mariano e che, metaforicamente, simboleggia la luce che nel buio dell’esistenza, avrebbe la funzione di fare strada, aprire un varco tra le insidie.
E� forse questo che cerca Alice Western, la giovane donna che bussa alla porta di una clinica psichiatrica proprio dal nome Stella Maris?
� 27 ottobre, 1972 Caso 72-118 La paziente è un’ebrea/caucasica di vent’anni. Di bell’aspetto, forse anoressica. Arrivata in questa struttura sei giorni fa apparentemente in autobus e senza bagaglio. Ammissione firmata dal dottor Wegner. La paziente aveva nella borsetta una busta di plastica piena di banconote da cento dollari � poco piú di quarantamila dollari in totale � che ha cercato di consegnare alla receptionist. La paziente è una dottoranda in matematica presso l’Università di Chicago e le è stata diagnosticata una schizofrenia paranoide con presenza ricorrente di allucinazioni visive e uditive. Già residente presso questa struttura in due precedenti occasioni.�
Il romanzo è propriamente il secondo di una dilogĭa che rappresenta anche l’ultima produzione di questo grandissimo scrittore recentemente scomparso.
Il testo è, in sostanza, un dialogo tra lo psichiatra- il dottor Cohen- e la paziente, perlopiù, una forma dialettica che verte su argomenti filosofici e matematici.
A quattordici anni Alice entra all’Università di Chicago uscendone solo due anni dopo laureata (sicuramente a pieni voti) in matematica.
”Di certo non sapeva che la parola prodigio deriva dalla parola mostro in latino.�
Argomentazioni per niente facili che, confesso, di aver capito poco e, per di più, anche graficamente sono difficili da seguire in quanto il botta e risposta tra i due è impaginato tutto di seguito tanto che perdere il segno può essere difficoltoso in tutti i sensi.
Ma c'è un fascino tra queste pagine che, probabilmente, è rappresentato dalla non comprensione.
Sette incontri per entrare in contatto con una giovane donne ferita dalle diagnosi e le etichette (Autistica, geniale, sinestesica, schizofrenica, paranoide..) e ferita da una realtà che non le appartiene.
Le ultime righe sono da pianto se si fa mente locale sul fatto che sono le ultime parole di un Grandissimo Scrittore!!
"Credo che il nostro tempo sia scaduto.
Lo so. Mi tenga la mano.
Tenerle la mano?
Sí. Voglio che lo faccia.
D’accordo. Perché?
Perché è quello che fanno le persone quando aspettano la fine di qualcosa."...more
� La città cessava di essere antica, era vecchia, per la prima volta.�
Ci sono artisti che nascono al momento sbagliato o, perlomeno, in epoche in � La città cessava di essere antica, era vecchia, per la prima volta.�
Ci sono artisti che nascono al momento sbagliato o, perlomeno, in epoche in cui non c’� corrispondenza tra il loro messaggio e quello che il mondo in quel mondo può/vuole sentire. Sono momenti storici in cui le persone non sono in grado di cogliere l’essenza di alcune opere.
Guido Morselli appartenne a questa cerchia di “incompresi�. Furono veramente i numerosi rifiuti delle case editrici a convincerlo di togliersi la vita? Molto probabilmente sì.
Dopo essersi sparato tra le sue carte fu ritrovata una cartellina etichettata � Rapporti con gli editori" un disegno troneggia sulla copertina: un fiasco, disegnato a matita. Guido Morselli si toglie la vita il 31 luglio 1973.
Si tratta di un romanzo in bilico tra il genere ucronico e il fantapolitico dove la Chiesa cattolica in un contesto surreale dilata e distorce i confini teologici fondendosi con politica, società e cultura.
In particolar modo si abbandona la morale e si abbattono i recinti eretti in saecula saeculorum.
La voce narrante è quella di un prelato svizzero, don Walter. La forma è quella della cronaca in cui racconta del suo arrivo e soggiorno a Roma in attesa di un’udienza (continuamente rimandata) con il papa in carica, papa Giovanni XXIV un irlandese che raccoglie l’eredità di una Chiesa completamente stravolta dal suo predecessore, papa Libero I.
La dottrina ecclesiastica si è, difatti, protestantizzata partendo dall’abolizione del celibato clericale e spostando la sede papale a Zagarolo.
Morselli catapulta il lettore in un mondo grottesco e surreale dove ad esempio negli USA c’� addirittura (!) una presidentessa (Jacqueline Kennedy).
Liberalizzare, in un certo senso, il pensiero teologico dà il via ad una miriade di correnti ideologiche che arrivano all’apoteosi negando la stessa esistenza di Dio e attraversando pratiche sconcertanti come la via psichedelica e l'uso di allucinogeni.
In una Roma spogliata dal richiamo dei fedeli, il turismo si gioca la carta del sesso:
”Del resto, da quando l’Italia ha chiuso altiforni e officine per dedicarsi a quest’unica industria congeniale, il turismo si è ingigantito e le permette un livello di vita pressoché europeo. Si opina che le mignottelle romane siano sovvenzionate (come i banditi sardi) dagli albergatori. Non abbiamo più le guardie svizzere, dicono a Roma: se soffocate le iniziative delle figliole, «de cché se campa?»�
Scritto nel �73, fa sorridere oggi l’immagine di una tecnologia automatizzata con modalità allora inimmaginabili e con lo sfruttamento della Luna come nuova colonia terrestre.
Un testo particolare che ho letto - ahimé- con grande difficoltà. Leggerò sicuramente altro di Morselli.
”Roma ha finito di essere caput mundi. È una capitaletta di terz’ordine, sperduta nel Mec. Anche se Papa Giovanni è a soli trenta chilometri. E i romani, con che animo accolgono questa retrocessione? Le risposte che ho avuto sin qui concordano nell’accusare (o lodare, secondo gli interlocutori) i romani di rassegnazione. Un popolo che non si eccita, non reagisce, ha un fondo di cinismo, è scettico, è scanzonato, si accontenta di vivere come può, per loro la Storia non è che contingenza, precarietà, passaggio. �
Ebbene sì, l’abito fa il monaco. Lo sa bene Prassagora che, sottrae, nottetempo, la tunica e il mantello del marito. Non è la sola, però, tutte le altrEbbene sì, l’abito fa il monaco. Lo sa bene Prassagora che, sottrae, nottetempo, la tunica e il mantello del marito. Non è la sola, però, tutte le altre donne di Atene si travestono con abiti maschili e così mascherate si dirigono all’Assemblea cittadina.
Il governo non funziona come si deve: corruzione, ruberie, soprusi e tanto altro scontentano la popolazione. Così le donne decidono di prendere in mano la situazione: non si può fare altro per cambiare rotta.
Con l’arte della retorica appresa di nascosto, con l’astuzia del travestimento per aver una possibilità di parlare altrimenti negata, le donne convincono la popolazione che solo loro possono avere le capacità per amministrare il bene comune. Nasce una forma di governo utopica.
Come altre commedie di Aristofane, ancora una volta, il corpo delle donne è strumento potente che rende forti le donne. Ancora una volta è la cospirazione delle donne a smuovere una situazione deteriorata dagli uomini. La trama è tuttavia, parodica.
La forma di governo è un’utopia ridicolizzata in una delle scene finali della commedia.
Per la legge appena approvata, infatti:
”«Le donne hanno deciso che se un giovane «desidera una giovane, non possa «goderla, se non ha prima goduta «la vecchia; e se non vuol suonare questa, «e s’appicca alla giovane, è permesso «alle piú vecchie di ghermire il giovane «pel piòlo, e tirarlo impunemente.»�
Insomma, lo spirito e la volontà di cambiamento finiscono con una grassa risata. Donne vogliose e uomini che vogliono abbuffarsi ad un bel banchetto..
Secondo volume della tetralogia “Epopea americana� (/series/2587...) dove si ironizza sulla narrazione mitizzata del sogno amSecondo volume della tetralogia “Epopea americana� (/series/2587...) dove si ironizza sulla narrazione mitizzata del sogno americano. Quattro volumi - pubblicati tra il 1967 ed il 1971- che possono essere letti indipendentemente l’uno dall’altro. Contesti totalmente diversi ma con un comune denominatore: quello dell’ambiente famigliare disgregato tanto da diventare un incubo.
Così accade anche ne I ricchi , dove la voce narrante del diciottenne Richard Everett ci racconta della sua altolocata famiglia tornando indietro all’anno in cui stava per compiere undici anni.
Loro i genitori sono una coppia improbabile anche agli occhi di un bambino: Elwood Everett e Natashya Romanov, non solo hanno tredici anni di differenza ma sono diversi in tutto. Fisicamente (lui: ”� un vero orso, con i nervi sepolti sotto strati di grasso e muscoli, lei: � magra, liscia, deliziosa�), professionalmente (lui un impegnato dirigente aziendale, lei una scrittrice di nicchia) e caratterialmente.
Un racconto nevrotico e quasi grottesco che ci trascina tra le aule di una rinomata scuola privata agli eleganti salotti dove si passa da un cocktail party ad un altro. Maschere, ipocrisie e, soprattutte, anafettività diffusa..
Non mi hanno colpito e/o affascinato né i protagonisti né i personaggi di contorno; ho trovato il ritmo di narrazione trascinato e la trama per nulla accattivante. Per me solo confusione tradotta in noia.
Illuminante la nota finale dell’autrice che, tuttavia, non ha cancellato il mio giudizio negativo. Insomma, prima o poi doveva succedere, con un’autrice che stimo molto (se non erro questo è il 14° libro che leggo).
Sociologia, storia, statistica, biologia, etimologia, antropologia e persino psicodietetica.. Tutto questo e forse anche di più in questo saggio di Gio Sociologia, storia, statistica, biologia, etimologia, antropologia e persino psicodietetica.. Tutto questo e forse anche di più in questo saggio di Giovanni Ballarini Professore Emerito di scienze gastronomiche e antropologia alimentare, presso l’Università degli Studi di Parma.
La brillante e brevissima introduzione di Massimo Monatanari centra perfettamente il focus di questo saggio:
� Un testo monastico del VI secolo, originario dell’Italia centro-meridionale, chiamato Regola del Maestro perché contiene prescrizioni e consigli attribuiti a un anonimo Magister, fra le varie disposizioni di tipo alimentare ne include una sulle micae panis, le briciole che alla fine di ogni pasto rimangono sulla tavola. I monaci � si raccomanda � le raccolgano con cura, conservandole in un vaso. Ogni settimana, il sabato sera, le mettano in padella con un po� di uova e farina e ne facciano una piccola torta da mangiare tutti insieme, rendendo grazie a Dio prima dell’ultima coppa di bevanda calda che conclude la giornata. L’immagine delle briciole che si trasformano in torta mi sembra una metafora adatta a introdurre questo libro…�
Brevi capitoli, dunque, che come briciole a fine lettura possiamo raccogliere ed unire. Montanari ci affida un compito non facile. La lettura è sicuramente interessante. Molte le informazioni e gli aneddoti curiosi anche se a volte ripetuti. Non facile l'amalgama.
Parto dal titolo che sicuramente colpisce ed incuriosisce. Con la definizione di “cucina dei numeri primi� ci si riferisce a qualcosa che, purtroppo, continua a sfuggirmi.
Raccontando di come il bollito sia nel tempo decaduto come portata principale (soprattutto per mancanza di carni adatte), Ballarini, spiega di come questo sia legato ai numeri primi (1/2/3/5/7): 1- Il bollito più semplice quello bovino 2- Si aggiunge un osso spugnoso, e una gallina, meglio se vecchia. 3- Può essere l’aggiunta di un cappone o l’accompagnamento di tre salse Ecc. ecc…prosegiendo con aggiunte di ingredienti che si collegano ai numeri primi ammantando il bollito di sapori esoterici..mah?!
Il saggio consta di sei parti principali. Si comincia con “La forza vitale � in cui si narra della potenza simbolica nella società altomedievale attribuita alla carne a cui venivano affidate capacità di irradiare forza e virilità e quindi destinata alle caste più elevate.
Si prosegue poi con “Il senso della cottura �, “La cucina dei segni �, “La cucina delle parole�, “La cucina dei sensi�, “La ricerca delle origini� per concludere con “Complementi della cucina �.
Testo molto slegato se non nel voler ricondurre piatti e nomi ad un’origine. Ciò è interessante come ad esempio quando ci dice che:
� Gastronomia un tempo significava regola dello stomaco, ma oggi in modo errato questa parola assume il valore opposto, in quanto sinonimo di una alimentazione raffinata, al tempo stesso eccessiva, se non smodata. In una sana gastronomia, i menù tradizionali di un tempo sono il risultato di una lunga sapienza alimentare, con una composizione quasi sempre ben equilibrata per calorie, proteine e ogni altro componente e rapportati in modo corretto e giusto a stili di vita dove erano necessarie abbondanti calorie.�
Decisamente interessante per la riflessione etimologica e storica: come il senso originario delle parole sia cambiato assieme al nostro modo di mangiare.
Cosi l’autarchia fascista che voleva reprimere ogni tendenza esterofila il movimento futurista:
� rivoluziona il lessico con l’eliminazione delle parole straniere: quisibeve (bar), peralzarsi (dessert), polibibita (cocktail), prestoalsole (pic nic), listavivande (menu) traidue (sandwich).�
Quattro amici: JB. Malcom, Willem e Jude. Si conoscono al college e potrebbero perdersi di vista subito doVivere o sopravvivere? Questo è il problema..
Quattro amici: JB. Malcom, Willem e Jude. Si conoscono al college e potrebbero perdersi di vista subito dopo, come spesso e volentieri accade. E invece.. ..e invece questa è la storia di un’Amicizia dove le maiuscole resistono alla prova del tempo e alle intemperie della vita.
Dalla ricerca spasmodica di un’identità (professionale, sessuale, sociale..) accompagnata dall’ansia del non-essere, fino ad una graduale fede in se stessi.
Ma i quattro amici hanno storie e radici tanto differenti tra loro.
Prendi ad esempio JB rimasto orfano del padre quando era piccolissimo ma inondato dall’amore della madre , nonna e zie e con la costante paura di rimanere solo.
Oppure prendi Malcom frenato dalle aspettative della sua famiglia e costretto a convivere con le sue insicurezze.
E poi c’� Willem: un’esplosione di empatia e bontà. La tipica persona che s’immedesima nel dolore altrui e lo fa proprio.
Forse per questo lo vedi sempre accanto a Jude, il più fragile del gruppo e quello con più segreti�
”Il suo silenzio era sia una necessità sia una forma di protezione, e aveva il vantaggio di farlo sembrare più misterioso e interessante di quanto, in realtà, sapeva di essere�
Millenovantuno pagine drammatiche dove i ricordi sono come proiettili pronti a colpirti da un passato di cui non riesci a liberarti.
Una valanga di dolore compensata da una verità: il silenzio se diventa abitudine si trasforma in tormento per poi calcificarsi rimanendo prigionieri di se stessi.
� Sente che il suo passato è un cancro, che avrebbe dovuto far curare tanto tempo fa ma che ha deciso di ignorare.�...more
Una casa colonica del profondo sud statunitense. Una famiglia che ha fondato la sua fortuna sul cotone si riunisce per il sessantaEssere o non Essere?
Una casa colonica del profondo sud statunitense. Una famiglia che ha fondato la sua fortuna sul cotone si riunisce per il sessantacinquesimo compleanno del capostipite. Come nelle migliori réunion tra “parenti serpenti� la prospettiva di una ricca eredità alimenta le perfidie. C’� qualcos’altro, però, che sotto il coperchio continua a sobbollire. Un dolore sordo ma costante.
”Non vivo con te. Stiamo nella stessa gabbia.�
Così Margaret risponde a suo marito Brick. Lui il figlio minore,il preferito, nonostante sia palesemente alcolizzato da ché Skipper, il suo migliore amico, è morto.
Lei Margaret, la gatta pronta a tirare fuori gli artigli per difendere la sua posizione benestante ma anche l’amore profondo per l’uomo che l’ha sposata.
Disposta a tutto anche a sopravvivere sopra un tetto che scotta�
Meraviglioso dramma, andato in scena a Broadway nel 1955 con un testo rimaneggiato dal regista Elia Kazan. Oggi, fortunatamente, leggiamo il testo originario, così come ideato dall’autore.
Quanto a lungo si può sopportare una vita costruita sulle bugie?
Rifugiarsi nell’alcool per anestetizzare il dolore oppure fuggire attraverso la morte?
Il castello di ipocrsie prima o poi crolla: basta solo un mattoncino (Brick!) instabile e tutto viene giù�
”La tattica del silenzio non funziona. Quando qualcosa si incancrenisce nel ricordo, o nella propria immaginazione, la tattica del silenzio non funziona: è come chiudere a chiave la porta di una casa che va a fuoco sperando di dimenticare che sta bruciando. Se non affronti le fiamme, non le spegni. Non parlarne rende quel pensiero piú grande: cresce e si incancrenisce in silenzio, diventa maligno…� ...more
”Avevo bevuto dalla coppa fino all’ultima goccia. Avevo vissuto la mia vita. Oh, se avessi avuto il dono di dipingere la vita che avevo vissuto!�
Parto”Avevo bevuto dalla coppa fino all’ultima goccia. Avevo vissuto la mia vita. Oh, se avessi avuto il dono di dipingere la vita che avevo vissuto!�
Parto dall’ultima riga di questa meravigliosa autobiografia per riavvolgere il nastro di un racconto denso. Pagine fitte in cui Emma Goldman, stigmatizzata come la «la donna più pericolosa d’America», ha raccontato undici anni di una vita che travalica ogni immaginazione e che un ignaro lettore potrebbe credere fantasiosa se non fosse riportata anche dai libri di Storia.
Gli anni di cui stiamo parlando –come anticipa il titolo del volume- vanno dal 1917 al 1928 e sono principalmente incentrati sulla Rivoluzione Sovietica. E.G. (chiamata così dagli stessi amici e compagni di lotta) si trovava in America quando scoppiò una crudele e diffamatoria campagna contro il nascente governo bolscevico. Per quanto anarchica e dunque avversa ad ogni forma di autorità centralizzata, E.G. si oppone a questo clima carico di odio e violenza.
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Lo fa attraverso le pagine autoprodotte del “Mother Earth Bulletin� ma anche attraversando il paese e tenendo numerose conferenze che vertevano su molte iniziative temi scottanti in quei giorni: l’incostituzionalità della coscrizione obbligatoria, la sessualità repressa e soprattutto la strenua battaglia contro la legge antispionaggio che stava riempiendo le carceri dove finì (non per la prima volta) anche lei.
Arrestata assieme al compagno Alexander Berkman -che lei chiama Sasha- fino alla definitiva espulsione dal territorio americano.
Pur non opponendosi alle critiche dei compagni anarchici contro i bolscevichi, i due, decidono di andare a toccare con mano la Rivoluzione che storicamente stava travalicando la portata di quella Francese e che potenzialmente poteva veramente essere il trampolino di grandi cambiamenti.
Le pagine dedicate agli anni di questa esperienza sono non solo le più numerose ma le più importanti porprio come testimonianza storica di ciò che agli occhi occidentali era nascosto. E.G. e Berkman cercano in tutti i modi essere operativi ma l’evidenza dello stato di terrore e violenza è sempre più plateale fino all’eccidio di Kronstadt che suggella ogni possibile speranza.
Gli anni descritti in questo volume non sono solo anni di maturità anagrafica (dai 48 ai 59 anni) ma anche di una visione politica che si fa più concreta.
Un racconto appassionante perché la passione per cui Emma Goldman ha vissuto traspare da queste pagine in tutto il suo amore per la giustizia e la libertà umana al di là di effimeri discorsi ideologici. E� la purezza politica quando si svincola dagli interessi di partito perché l’unica attenzione è quella data al benessere di tutti.
Goldman e Berkman resistono 21 mesi prima di dichiarare, anche a se stessi, il fallimento di un sogno. Da allora inizia un girovagare per l’Europa e in Canada con il forte bisogno di far sapere al mondo cosa sta succedendo anche a costo di essere strumentalizzati dagli opportunisti reazionari.
“Preferirei morire e vincere piuttosto che restare viva e arrivare tardi�.
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New York a Londra, poi Calais, Brindisi, Port Said, Ismailia, Sue“Preferirei morire e vincere piuttosto che restare viva e arrivare tardi�.
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New York a Londra, poi Calais, Brindisi, Port Said, Ismailia, Suez, Aden, Colombo, Penang, Singapore, Hong Kong, Yokohama, San Francisco, New York.
Partenza da Hoboken (New Jersey) il 14 novembre 1889. Arrivo a Jersey City il 25 gennaio 1890.
Questo il viaggio compiuto dalla giornalista americana Nellie Bly, pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran
Caparbia e decisa a difendere l’immagine americana ma � ahimé- succube dei molti pregiudizi di un occidente ancora colonialista.
Ammirata dalle donne per il bagaglio minimalista e dagli uomini per l’audace iniziativa, la Bly, molto spesso, confeziona una cronaca asettica con descrizioni accurate dei mezzi di trasporto più che di paesaggi e di persone. Via via, però, si scalda.
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Il viaggia comincia subito con una deviazione a casa dei coniugi Verne. Visita dovuta dato che l’idea originaria di una sfida a tempo per fare il giro del mondo è proprio quella letteraria dello scrittore francese.
La Bly racconta aneddoti a volte poco interessanti per il lettore contemporaneo già saturo di conoscenze.
Mi ha sorpreso il suo soffermarsi sui minimi particolari delle truci condanne a morte in Cina senza nessun commento disgustato al riguardo mentre non nasconde il ribrezzo verso gli uomini di fatica:
”Un aspetto sgradevole dei coolie è che grugniscono come maiali mentre trasportano le persone. Non so se il grugnito ha per loro un significato particolare, il fatto è che continuano a grugnire uno dopo l’altro nella fila di portantine ed è tutt’altro che piacevole.� (!)
Parole di grande ammirazione sono, invece, dedicate al Giappone ed ai suoi abitanti che probabilmente rispecchiano in miglior modo la sua idea di bellezza e pulizia.
Insomma, ovviamente, una lettura che va inquadrata e digerita (!) tenendo conto del contesto storico. Personalmente, ho ammirato l’inflessibile volontà di questa donna di arrivare a raggiungere il suo obiettivo....more